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“Morale laica” nelle scuole francesi: fallimento del relativismo laicista

Creato il 18 settembre 2012 da Uccronline

“Morale laica” nelle scuole francesi: fallimento del relativismo laicistaLa proposta di Vincent Peillon, ministro dell’Educazione francese del governo dello zapaterista Hollande, ha fatto molto discutere. Si vorrebbe introdurre nelle scuole un’ora di fantomatica «morale laica» obbligatoria dal 2013 perché è «se non è la Repubblica a dire quali sono i vizi e le virtù, il giusto e l’ingiusto, altri lo faranno al suo posto», ha affermato il ministro Peillon. L’ideatore del programma laicista è ovviamente un protestante, il filosofo Jean Baubérot.

Durante quest’ora obbligatoria di laicismo ampio spazio sarà dato all’educazione sessuale, perché «l’istruzione deve decostruire i pregiudizi di genere». Per i laicisti, infatti, è un pregiudizio parlare di “uomini” e “donne” perché -a detta loro- ognuno è quel che decide di essere e dare del “maschio” o della “femmina” ad una persona può essere configurata come discriminazione.

Dalle colonne di “Tracce” ha risposto Costantino Esposito, docente di Filosofia all’Università di Bari (l’intervista è molto profonda e vale la pena leggerla integralmente): «E’ un’idea astratta. Mi pare che si individui un programma ideale per “ricostruire la scuola”, ma ancora di più gli alunni che la frequentano, come se si partisse da un vuoto da riempire. Lo Stato, attraverso la scuola, è chiamato a forgiare una nuova natura. Quel riferimento esplicito alla “costruzione del cittadino” mi ha fatto venire in mente che il grande vincitore, in Francia, è ancora Rousseau». Lo Stato deve cercare di rifare l’uomo, inquietante il ricordo dei secoli bui illuministi!

Tutto questo è comunque una clamorosa dichiarazione di fallimento del laicismo di Stato imposto in Francia, infatti -ha continuato il filosofo Costantino-: «ciò che riconosce Peillon, con un certo “orrore repubblicano”, è che non è successo quello che ci si aspettava. Anche se poi non si chiede perché. Certi valori su cui la società francese si aspettava di costruire se stessa non bastano. La vera domanda, infatti, sarebbe questa: come mai una società impostata su certi valori non è riuscita a lasciare un’impronta di bene, di costruttività sociale nei cittadini? Questo vuoto è segno di un fallimento, di un’inadeguatezza di quei valori nell’interpretare la realtà». Il laicismo francese (cioè laicità negativa, ovvero proibizione di ogni simbolo religioso nell’ambito pubblico) è nato da una prevaricazione giacobina, come si ricorda bene su “Il Foglio”. L’insegnamento della religione a scuola venne soppresso nel 1882, sostituito dall’”istruzione morale e civica”.

Inutile dire che il celebre filosofo francese Alain Finkielkraut ha bollato come “patetici” il progetto neolaicista, mentre il filosofo Christian Vanneste ha affermato: «Il governo intende costringere gli uomini a essere liberi. I giacobini sono tornati». Lo Stato laicista vuol prendere il posto delle famiglie per indottrinare i suoi cittadini, per questo la filosofa ed editorialista di “Figaro”, Chantal Delsol, ha così criticato: «In un Paese libero, come siamo orgogliosi di esserlo, l’educazione morale è responsabilità delle famiglie». Il giurista e docente universitario Carlo Cardia ha fatto notare che «la notizia potrebbe sembrare clamorosa. La Francia, campione della laicité neutrale e distante da ogni religione, introdurrà nelle scuole pubbliche l’insegnamento di «etica laica». E lo farà con obiettivi ambiziosi, contrastanti con i dogmi del relativismo [...]. Siamo di fronte al fallimento del relativismo dominante [...]. Nella patria del razionalismo il pensiero relativista ha trovato una prima, tardiva eppure inattesa sconfitta».La Repubblica insegnerà cosa è bene e cosa è male, riconoscendo così un a-priori incompatibile con il relativismo. Ma come possono esistere un bene e un male non relativi, e dunque assoluti, se Dio non esiste?

La cosa più interessante è infatti tornare a domandarsi come e se possa esistere una morale laica. Il card. Carlo Maria Martini si è ad esempio domandato qualche anno fa: «Quali ragioni dà del suo agire chi intende affermare e professare princìpi morali che possano richiedere anche il sacrificio della vita, ma non riconosce un Dio personale? Dove trova il laico la luce del bene?». Il compianto arcivescovo aggiungeva poi: «So che esistono persone che, pur senza credere in un Dio personale, sono giunte a dare la vita per non deflettere dalle loro convinzioni morali. Ma non riesco a comprendere quale giustificazione ultima diano del loro operare», e soprattutto come la fantomatica “morale laica” possa risultare convincente per le grandi masse umane. Insomma, «l’etica ha bisogno della verità» e questa può essere solo trascendente, capace di superare l’uomo limitato, debole, peccatore che tutti conosciamo e tutti siamo.

Negando l’esistenza di Dio si nega l’esistenza di valori assoluti pre-esistenti alla persona, e dunque si impedisce la sussistenza di una moralità perché essa non può che appoggiarsi su valori non relativi. La morale, per chi si ritiene figlio unico della cieca evoluzione è una mera illusione: «Non esiste qualcosa come giusto e sbagliato. Mi sono convinto che l’ateismo implica l’amoralità, e poiché io sono un ateo, devo quindi abbracciare l’amoralità» ha scritto Joel Marks, professore emerito di filosofia presso l’University of New Haven, in un articolo del 2010 dal titolo “An Amoral Manifesto”. Senza Dio tutto è possibile, diceva Dostoevskij, senza Dio esistono solo opinioni personali e a decidere cosa sia “giusto” e “sbagliato” è la maggioranza di opinioni simili. Così il cannibalismo (o la pedofilia) diventa morale in un “paese cannibilista” (o pedofilo). Alcuni approfondimenti qui e qui.


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