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Moralismo da social network

Creato il 01 novembre 2011 da Symbel

Moralismo da social networkLa cronaca della settimana appena conclusa è stata prodiga di episodi drammatici, che hanno avuto un grande riscontro non solo nei media, ma anche nei social network, che si tratti di Facebook, come di Twitter.
Come sempre, però, oltre ai messaggi di cordoglio, ce ne sono stati degli altri che hanno alimentato una vera e propria polemica. E’ quello che succede quando esistono persone che si dilettano nel fare dello stupido moralismo sulla morte delle persone.
Infatti, la polemica nasce proprio dalla critica ai funerali in diretta del campione di moto GP, rispetto al silenzio che avvolge un’altra morte, quella di un uomo che ha dato la sua vita per salvare quella di una donna, trasformandosi in cadavere tra le acque di una maledetta alluvione.
Ma perchè? Perchè alcuni di noi sentono questo dannato bisogno di sentenziare su tutto e tutti, si fanno il fegato amaro per il gusto della condanna, un gusto che diventa necessità per questi cuori freddi e intrisi di rabbia. Sono arrabbiati, ma non sanno neanche con chi, così colgono un qualsiasi pretesto per sfogare il raconcore che consuma le loro esistenze. Biasimare una folla commossa davanti alla morte improvvisa di un ragazzo di ventiquattro anni, ma che volete?
D’altronde non aveva salvato la vita di nessuno Simoncelli, non era un contadino, un operaio, correva in moto ed era miliardario. Non merita la commozione generale, non merita le lacrime di milioni di persone alle sue esequie, non glielo aveva fatto fare nessuno a salire su quella moto domenica 23 ottobre, diciamo pure che se l’è un po’ cercata. E’ un po’ la filosofia del “peggio per lui!”.
E vien da sè il paragone con la recente scomparsa di Sandro Usai, il quarantenne di Monterosso rimasto vittima dell’alluvione che ha colpito la Liguria questi giorni. Lui era un uomo umile, sconosciuto al grande schermo e la sua morte non ha avuto la risonanza che i nuovi moralisti da strapazzo che popolano i social network avrebbero voluto. Come se il rispetto per la scomparsa di qualcuno fosse dato dal numero di link condivisi su Facebook o di video pubblicati su Youtube.
Come se il silenzio, non fosse esso stesso, la più grande forma di rispetto nei confronti della scomparsa di qualcuno.
Si definiscono personaggi provocatori, voci fuori dal coro, fautori di pensieri scomodi, coraggiosi. Sì perchè di coraggio ce ne vuole davvero tanto per screditare la morte di una persona, nell’apparente tentativo di elogiarne un’altra, ma col fine ultimo di mettere in mostra sé stessi.
Ci vuole coraggio soprattutto per speculare sulle tragedie, sul dramma di chi ne è coinvolto, sul dolore di chi resta, quel dolore che è sempre lo stesso, che tu sia bello o brutto, dolce o arrogante, miliardario o miserabile.

Abra Siva (collaboratore)

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