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Moratti e il suo amore per l’Inter: “E’ un sentimento che si trasmette dai tifosi alla società”

Creato il 03 dicembre 2014 da Stivalepensante @StivalePensante

Non è più il patron ed è uscito dal consiglio, ma Massimo Moratti e l’Inter sono uniti da un legame indissolubile. E lui, il presidente del “triplete”, non ha nessuna intenzione di scioglierlo come si evince da un’intervista al Corriere della Sera. Per lui l’Inter “è un sentimento che si trasmette dai tifosi alla società, ai giocatori e a tutto quello che diventa passione, ricordo, affetto e che ci completa la vita”. L’Inter non è certo “un’azienda, come non lo è il calcio a maggior ragione nel caso dell’Inter”. E poi, aggiunge, “ci sono i tifosi, con i loro sogni, le loro speranze, le loro aspettative. Ho sempre pensato che fossero loro i veri padroni dell’Inter”.

(tuttointernazionale.it)

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L’Inter di Moratti e la storia della sua presidenza. Adesso sulla panchina nerazzurra è tornato Roberto Mancini, l’uomo che ha fatto vincere Moratti e che l’ex presidente lo voleva anche da calciatore: “la prima idea che avevo avuto era stata quella di prendere Cantona e Mancini. Poi l’ho cercato altre due volte: a fine ottobre 1996 era tutto fatto, poi Enrico Mantovani mi aveva spiegato che ci sarebbe stata una sollevazione popolare dei tifosi della Samp. E io mi sono tirato indietro”. Così a giugno 1997 era arrivato Ronaldo “ed è stato il miglior investimento dei miei 18 anni di presidenza, perchè ci ha aperto il mondo; era fortissimo, irraggiungibile per talento e velocità e nessuno pensava che ce l’avremmo fatta a prenderlo, visto che era del Barcellona”. C’è anche Ibra nel suo cuore: “ha doti straordinarie, ma soprattutto ti fa vincere. Con noi tre scudetti di seguito. Qualche giorno fa stavo riguardando la partita con il Parma, sotto il diluvio nel maggio 2008. Era stato grandissimo, ma non solo lui. Penso per esempio a Balotelli, che giocava all’ala. Mi spiace molto che stia attraversando un periodo così; ha avuto grandi opportunità, ma non è riuscito a raccogliere quanto avrebbe potuto. Si è involuto rispetto a quando giocava con l’Inter”.

L’amore per Mourinho, con il paragone ad Herrera. Via Ibra, le fortune dell’Inter le ha fatte Mourinho. “Mi ha sempre ricordato Herrera. Grande lavoratore, serio, scrupoloso, sempre pronto a difendere la società. E vincente”. “Sarebbe potuto tornare a Milano con la squadra, dopo aver vinto la Champions League, ma nessuno è perfetto – continua Moratti – il bello è che due giorni dopo, era a cena a casa mia”. C’è chi continua a rimproverare a Moratti di non aver venduto i giocatori migliori e più cari dopo il Triplete: “Non capisco come si possa sostenere questa tesi, nei confronti di giocatori che per noi sono stati fondamentali per anni. Campioni e uomini eccezionali, mai li avrei ceduti, nemmeno Milito, per le parole dette a Madrid. Non avrebbe avuto senso, perchè davanti a tutto c’è il bene della squadra. E con tutti loro abbiamo vinto il Mondiale”.

C’è un altro campione che Moratti aveva sognato per l’Inter: Francesco Totti. “Ero a Roma con il presidente Sensi, nel 2007; stavamo chiudendo per Chivu e gli buttai lì: ‘se per caso vuoi cedere Totti, devi solo indicare la cifra’. Ma lui senza nemmeno pensarci un secondo, mi aveva risposto: ‘no, Totti resta qui, non lo cederò mai’. E aveva ragione, anche se da noi Totti avrebbe vinto il Triplete, perchè è un giocatore straordinario, cattivissimo in campo quando ci affronta ma gentilissimo prima e dopo”.

Il passaggio da Moratti a Thohir. “Non ho mai pensato di essere un presidente a vita e quando ho capito che era necessario cambiare, per ridare spinta alla società, ho deciso di cedere la maggioranza. Thohir è giovane, ha voglia di fare e di fare bene. La sua famiglia ha grandi disponibilità economiche; vuole comandare ed è giusto così. Con mio figlio e con Ghelfi abbiamo lasciato le cariche che avevamo perchè si era creata una situazione non molto simpatica. Il silenzio dei dirigenti dopo le parole di Mazzarri su di me non è stato bellissimo – ammette Moratti – ma sono amico di Thohir e questo episodio non ha incrinato i nostri rapporti che restano ottimi”. “Credo che ormai – continua Moratti – abbia capito che l’Inter è un club diverso da tutti gli altri. Unico. E vale per tutti: dirigenti, allenatori, giocatori. I tifosi interisti sono molto competenti, ma anche esigentissimi e non contemplano la modestia. Chi segue o fa sport ai massimi livelli non può puntare al decimo posto. Una volta un tifoso per strada mi ha detto: ‘bisogna spendere di più’. Aveva ragione. La scelta di Mancini, che è di Thohir e che a me è piaciuta, va in questo senso, così come mi è piaciuto che Mancini abbia parlato del terzo posto come di un obiettivo anomalo”.

Quello che Moratti ha capito in tanti anni è che il calcio non è un’azienda. “Non lo è in assoluto e non lo è a maggior ragione nel caso dell’Inter. E’ giusto rispettare perimetri e parametri, ma l’azienda non c’entra niente, perchè non c’è tempo per i bilanci. Ogni settimana o addirittura ogni tre giorni, c’è una verifica e il risultato di una partita conta sempre molto. Non esiste la programmazione a medio o lungo termine. E poi ci sono i tifosi, con i loro sogni, le loro speranze, le loro aspettative. Ho sempre pensato che fossero loro i veri padroni dell’Inter. Per questo anche ai tempi di papà, per tutti noi della famiglia, l’Inter è sempre stata soltanto una passione. E proprio per questo guidarla è anche una sofferenza, che va al di là di quella del tifoso, perchè ne hai la piena responsabilità. Ma è stata un’esperienza magnifica”. Moratti è stato accusato di aver speso troppo per l’Inter e la moda attuale è tirar fuori i bilanci di questi anni: “ho sempre cercato di investire, per tenere il club in alto, perchè l’Inter è fatta per restare al vertice e perchè Milano e’ una città esigente, alla quale devi sempre dare il massimo; ha forza di trascinamento, entusiasmo, progettualità vera e sa offrire grandi opportunità a tutti”. (AGI)


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