Ogni due ore una donna indiana muore a causa di un aborto praticato in condizioni non sicure: queste sono le allarmanti cifre pubblicate dal Time che riprende i dati della World Health Organization.
Circa 20 milioni sarebbero le donne che ogni anno rischiano la vita per interruzioni di gravidanza condotte in condizioni antigieniche da operatori non qualificati o professionisti che ricorrono a mezzi tradizionali e rudimentali.
Secondo la dottoressa Gilda Sedgh del Guttmacher Institute, un centro per la salute delle donne, circa la metà degli aborti praticati in tutto il mondo sono realizzati in condizioni non sicure.
Le cifre ufficiali registrano 620.472 aborti praticati nel 2012 in India ma secondo alcuni esperti il vero numero potrebbe arrivare addirittura a sette milioni, due terzi dei quali realizzati in strutture sanitarie non autorizzate. Molti di questi aborti sono eseguiti su donne sposate che non sono in grado di accedere alla contraccezione e non possono recarsi in un ospedale autorizzato.
Il Time sottolinea come l’alto numero di donne morte per aborti non sicuri potrebbe sorprendere ma lo stupore diminuisce non appena si entra negli ospedali delle aree rurali che spesso non sono altro che «strutture scheletriche in mattoni con tetti di lamiera e sporadica fornitura di energia elettrica» in cui le donne «si trovano su vecchie barelle o letti se sono disponibili ed altrettanto spesso si coricano per terra in stanze scure su pavimenti sporchi di fango e sangue». Meno del 20 per cento di questi centri forniscono servizi di aborto costringendo molte donne delle aree rurali a cercare alternative. Lo stesso governo non s’impegna molto per migliorare la situazione sanitaria e l’India spende ogni anno solo il 3,9 per cento del suo Pil per la spesa sanitaria al pari di Stati come il Gabon e la Repubblica Centrafricana.
A restringere l’accesso all’aborto non è la legislazione che permette in molti casi l’aborto ma – oltre alle strutture sanitarie carenti – anche una cultura che nega aiuto alle donne in stato di gravidanza fuori dal matrimonio. Spesso i medici rifiutano di praticare l’aborto a donne sole (come nel caso di una ventiduenne violentata) nonostante la legge lo consenta e le stesse ragazze possono essere allontanate dalle loro famiglie in caso la maternità sia indesiderata. Per questo motivo sempre più adolescenti ricorrono agli ospedali clandestini dopo essere state rifiutate da quelli pubblici in cui viene chiesto loro di tornare con i genitori.
Gli esperti di salute pubblica promuovono la contraccezione come antidoto alle gravidanze indesiderate ma i contraccettivi non sono facilmente disponibili nelle aree rurali. La situazione non è migliore nelle città perché, nonostante siano disponibili, i giovani indiani sono in imbarazzo a chiedere contraccettivi o non sanno bene che cosa chiedere. A causa della mancanza di educazione sessuale la maggioranza dei ragazzi indiani non usa protezioni durante il loro primo rapporto sessuale.
A livello mondiale cresce il numero delle donne che necessita di contraccettivi e – come riporta il Time – ad averne bisogno entro il 2015 saranno circa 962 milioni contro i 900 milioni di tre anni fa: un aumento dovuto soprattutto ai Paesi in via di sviluppo. Secondo gli studi l’82 per cento delle gravidanze si verifica tra donne che hanno un bisogno insoddisfatto di contraccezione moderna. Il Time riporta che in base ad una ricerca dello scorso anno 272mila morti materne in tutto il mondo sono state evitate grazie all’uso di contraccettivi ed un terzo di queste morti evitate riguarda proprio l’India che però rimane la patria delle morti materne nel mondo.
Sempre il settimanale americano riporta come ogni anno ci siano circa 16 milioni di gravidanze che riguardano le ragazze sotto i 18 anni di età ed un quarto di queste avviene propria in India: questo crea un significativo rischio per la salute della madre e del bambino perché i corpi delle adolescenti non sono abbastanza maturi per avere figli ed i tassi di mortalità materna sono più alti.
Sino ad ora il governo non ha mai avuto un piano ben efficace per quanto riguarda l’educazione sessuale e solo nel 1999 ha tentato di promuovere un programma di educazione sessuale, l’Adolescent Education Program (AEP). Tale programma è sempre stato visto con paura dai politici che temevano che i contenuti avrebbero potuto offendere le inibizioni presenti nella società e si focalizzava principalmente sull’astinenza dal sesso e sulla monogamia come metodo per contrastare le malattie sessualmente trasmissibili. Nel 2007 alcune Stati dell’India – Gujarat, Madhya Pradesh, Maharashtra, Karnataka, Rajasthan, Kerala, Chhattisgarh e Goa – hanno vietato l’educazione sessuale nelle scuole ricevendo il supporto del governo federale. Addirittura un’inchiesta di un comitato governativo era arrivato alla conclusione che «non ci dovrebbe essere educazione sessuale nelle scuole» e che i precedenti tentativi erano stati «abbastanza riprovevoli considerato il nostro ethos socio-culturale». Ai giovani indiani veniva consigliata la medicina tradizionale e lo yoga per raffreddare i bollenti spiriti. Questo nonostante innumerevoli studi accademici rivelino che l’educazione basata sull’astinenza non cambia il comportamento sessuale degli adolescenti e non ritarda l’età in cui iniziano ad avere rapporti sessuali. Al contrario programmi di educazione sessuale aiutano i giovani a ritardare le pratiche sessuali e li informano su come usare i contraccettivi quando inizieranno ad avere i primi rapporti.
Considerando la drammatica situazione delle donne che ogni giorno muoiono per aborti non sicuri in India, il Time sottolinea come l’educazione sessuale, la contraccezione ed una maggiore spesa sanitaria non sono semplicemente auspicabili ma sono dei veri e propri «imperativi morali».
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