Bambini venite parvulos, c'è un applauso da fare al Bau Bau,
si avvicina sorridendo, l'arrotino col suo Know-How,
venuto a prendere perline e a regalare crack.
Francesco De Gregori, dall'album Miramare 19.4.89 (1989)
Si sente odore di vecchio. Stantio.
Si consuma nelle stanze del potere la fine (politica?) di un uomo che ha segnato nel bene e nel male la storia del nostro paese.
Con lui sta morendo l’esercito di nani e ballerine, di yesman, servi e schiavi che per anni lo hanno coccolato, difeso a spada tratta.
Il paese è sull’orlo del baratro economico, fronteggia la difficile crisi economica con un immobilismo di gattopardiana memoria, assiste impietrito al disastro ambientale e alle morti indiscriminate, osserva l’asfittico mercato del lavoro, non risponde ai bisogni primari dei cittadini, viene preso in giro dai governanti di mezzo mondo, va in pezzi la credibilità dell’Italia a livello internazionale.
Scrivo queste parole mentre i giannizzeri, allo sbando totale, salutano il sultano e in ordine sparso si accasano altrove, lo accusano e lo insultano, lo invitano ad abbandonare e, pochi pochissimi, peones lo blandiscono e lo invitano a tenere il comando.
Colpisce soprattutto il fatto che l’uomo capace di governare 9 degli ultimi 11 anni, con la più vasta maggioranza politica dell'ultimo periodo, non sia riuscito a far sterzare il paese, avvitato su se stesso, in picchiata verso il baratro del fallimento economico.
Colpiscono in maniera particolare certi atteggiamenti privi di ogni logica, che dicono inequivocabilmente che il vento è cambiato.
E così, in un piovoso lunedì mattina di fine impero, Guido Crosetto, uno dei fedelissimi della prima ora, si lascia andare: “[...]oggi quella testa di cazzo (SB ndr) doveva andare a Milano aveva degli appuntamenti...si dimetterà domani...cazzo andiamo avanti a fare... [...]”.
Gaetano Pecorella, uno dei primi a seguire SB dal 1993: "Il mercato dice chiaramente che Berlusconi è un danno per il paese. E' un dato di fatto che la borsa è salita in relazione alla notizia delle sue dimissioni. Il premier deve prendere atto che in questo momento bisogna farsi da parte e bisogna voltare pagina. Anche i mercati aspettano un cambiamento".
Isabella Bertolini, una delle donne Pdl finite nel dimenticatoio per far posto alle amazzoni dai tacchi alti, qualche minuto prima dell'incontro con il premier e tra i firmatari della lettera degli scontenti, anticipa che voterà sì. Ma precisa: "E' solo un atto di ragioneria". E attacca: "Non si può andare avanti con questa inerzia, con un ministro dell'Economia latitante".
Giorgio Stracquadanio beccato dai giornalisti all'uscita di Palazzo Grazioli tenta la fuga, poi si chiude in un blindato dei carabinieri. Solo dopo alcuni minuti esce e dichiara: "Berlusconi ce la farà perché è un uomo di Stato e gli uomini di Stato ce la fanno sempre".
[...]Come ci fa cambiare? E noi che siamo come cani. Senza padroni[...]
Siamo alla fine. Ognuno va per conto suo. Sbandato. Alla ricerca di un nuovo padrone.
Pronti a salire sul carro del vincitore, proprio in tempo mentre la barca affonda.
E mentre il sultano continua imperterrito a dire “vado avanti”, “In Italia non si trovano posti in aereo e nei ristoranti, c'è gente nei negozi... non vedo la crisi”, il primo atto si consuma e la fine si avvicina.
L’uomo, disperato, chiede la conta e i nomi dei traditori.
La paura della fine lo avvolge e adesso In nome di Dio, dell'Italia e dell'Europa*, cali il sipario.
*In God's name, go titolo del Financial Times di sabato 5 novembre 2011
http://www.ft.com/cms/s/0/9c118294-06fc-11e1-90de-00144feabdc0.html#axzz1d8AtlXbs
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