I vari pecoroni anticlericali sono partiti alla carica con Eugenio Scalfari, sedicente grande amico di Martini, il quale ha affermato in prima pagina su “Repubblica” che l’ex arcivescovo di Milano avrebbe «deciso di essere staccato dalle macchine che ancora lo tenevano in vita». Ovviamente il tentativo era quello di paragonarlo a Welby, ma ben presto in molti hanno preso le distanze dal fondatore di “Repubblica” rispondendo ovviamente che nessuna macchina teneva in vita Martini.
Il militante radicale Federico Orlando, condirettore di “Europa”, quotidiano del Partito Democratico, ha invece tentato di far credere che avendo rifiutato l’accanimento terapeutico, il card. Martini abbia disobbedito alla Chiesa, la quale -secondo Orlando- imporrebbe a tutti di morire sotto accanimento terapeutico. Peccato che il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della pontificia Accademia per la vita, abbia commentato: «Anch’io come Carlo Maria direi no a quelle terapie: l’accanimento terapeutico è rifiutato dalla Chiesa e da tutti i cattolici. Non solo è sconsigliato ma direi anzi che è proibito, come è proibita l’eutanasia. Così come non si può togliere la vita, allo stesso modo non la si può prolungare artificialmente». Anche Carlo Flamigni, da medico, ha onestamente riconosciuto:«Qualora Martini avesse rifiutato l’accanimento terapeutico che differenza farebbe? Non mi sembra che la Chiesa si opponga. Il cardinale ha soltanto rifiutato le cure che riteneva inutili, sicuramente non ha chiesto di essere lasciato morire. L’unico accanimento è piegarlo alla propria ideologia».
E’ ovviamente intervenuto anche Paolo Flores D’arcais tentando una strumentalizzazione più fine. E’ infatti andato a prendere la lettera che la nipote dell’ex arcivescovo di Milano, Giulia Martini, ha inviato a “Il Corriere della Sera”, dove vi è scritto che Martini ha «chiesto di essere addormentato. Così una dottoressa con due occhi chiari e limpidi, una esperta di cure che accompagnano alla morte, ti ha sedato». Flores D’arcais, consapevole del basso livello culturale dei lettori devoti, ha volutamente confuso la sedazione palliativa ricevuta da Martini con l’eutanasia, sostenendo che tale richiesta sia stata un «privilegio» concesso a Martini, mentre tutti i malati terminali non sarebbero autorizzati a fare altrettanto. E’ ovviamente una enorme falsità, ogni malato terminale ha infatti il diritto a richiedere la sedazione palliativa per allontanare le sofferenze del fine vita.
Lo gnostico Vito Mancuso, che si considera “figlio spirituale” di Martini, ha riconosciuto la validità della tattica di strumentalizzazione usata da Flores D’arcais e ha quindi pensato di accodarsi. Prima ha tranquillamente lasciato che Scalfari diffondesse falsità sul quotidiano di cui lui è editorialista, poi -parecchio tempo dopo e solo quando è stato chiamato direttamente in causa da Marco Tarquinio- ha scritto una letterina ad “Avvenire” (e poi a “Repubblica”) prendendo le distanze da Scalfari ma tentando comunque di giocare le sue carte. Ha infatti affermato, imitando Flores D’arcais, che Martini ha «scelto di interrompere le cure finalizzate al mantenimento della vita per passare a cure finalizzate ad affrontare la morte nel modo meno traumatico possibile». Ha quindi chiesto che «a ogni cittadino sia dato il medesimo diritto esercitato da Martini». La ricostruzione è esatta, peccato che anche il teologo gnostico abbia voluto far credere che in Italia nessuno -tranne il card. Martini- possa chiedere la sedazione palliativa (tranne i cardinali, ovviamente).
Addirittura l’onorevole del PD Furio Colombo ha presentato la proposta di legge “Martini” sul fine vita, perché tutti abbiano la possibilità di chiedere la sedazione palliativa, che -come già ripetuto più volte- è già disponibile per tutti i malati in fase terminale che ne fanno richiesta. Dal livello di serietà dell’autore della proposta, comunque, non si poteva certo aspettarsi altro.
Come poteva non infilarsi nel mucchio anche il «giornalista dilettante romano» Corrado Augias (come lo definisce Costanzo Preve)? Il dott. Giorgio Tubere, che da vent’anni accompagna alla morte i pazienti in stato terminale, ha scritto armato di pazienza a “Repubblica” cercando di far ragionare l’indaffarato gruppetto di laicisti e spiegando chiaramente che è stato costruito «un “luogo comune” per cui la sedazione palliativa in fase terminale è spesso considerata erroneamente come “un intervento medico che pone la fine alle sofferenze accelerando la morte”. Non è così. La sedazione profonda terminale è una misura terapeutica di scelta estrema in casi di sofferenza intollerabile e viene praticata con un farmaco ipnotico [...]. Il consenso del paziente è irrinunciabile. La sedazione terminale ovviamente non è eutanasia. Si tratta quindi di lasciare che la morte arrivi normalmente ma dormendo».
La spiegazione è chiara, limpida, cristallina, facile da capire perfino per un “libero pensatore razionalista”. Come ha scritto la “Rivista italiana di Cure Palliative”: «non ci sono prove che la sedazione terminale/palliativa accorci la vita», è un continuum delle cure palliative, e con essa «non esiste un’accelerazione della morte nei malati sedati». Ma per Corrado Augias, abituato a copiare interi brani di altri autori senza citare la fonte e facendoli passare come suoi, è sempre tutto molto difficile da capire, e infatti ha risposto fingendo di ringraziare il medico per la precisazione, ma rispondendo incredibilmente di non vedere «diversità di sostanza» da quanto hanno detto i suoi compagni di merenda Scalfari & Mancuso. E’ come se dunque avesse dato del cretino al medico, che sarebbe intervenuto senza conoscere quel di cui sta parlando.
Augias ha poi continuato affermando che «non sappiamo se, quando il cardinale è stato sedato, fossero già cominciate le ultime ore a lui date dalla natura», mentre la nipote di Martini ha chiaramente scritto che la sedazione palliativa è avvenuta «con la consapevolezza condivisa che il momento si avvicinava». Ha poi concluso in bellezza ignorando le parole del medico e tornando ad affermare che la richiesta di sedazione palliativa da parte di Martini è «ciò che ognuno di noi si augura, se fosse necessario, se ce lo permetteranno».
Niente da fare, Augias non ha capito nulla. Eppure il dott. Tubere è stato chiaro: la sedazione palliativa è una misura terapeutica praticata normalmente in casi si sofferenza intollerabile sotto richiesta del paziente, permette infatti di attendere la morte dormendo senza accorciare la vita. Eppure Augias ha continuato a sostenere che si tratta di un privilegio concesso al cardinale. La cosa fa sorridere, sopratutto pensando che perfino Odifreddi lo avrebbe ormai capito.