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Mubarak citato come teste in tribunale. A Milano

Creato il 08 febbraio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Mubarak citato come teste in tribunale. A Milano Non siamo un grande popolo. Siamo un grandissimo popolo. Nessun altro, nel resto del mondo, riesce a sparare cazzate interplanetarie come gli italiani i quali, al contrario di quanto avverrebbe se a guidarli fosse il buon senso, alla fine ci credono pure. Sul manuale dello “Psicologo fai da te”, siamo andati alla ricerca di quella che, arrivati a questo punto, non può che essere una patologia della quale Berlusconi è affetto presumibilmente dalla nascita. La cosa incredibile è che l’abbiamo trovata, si chiamapseudologia fantastica”, meglio nota come “Sindrome di Münchhausen”, dal nome del noto barone protagonista dei racconti di uno scrittore anonimo del 1781. Il Barone di Münchhausen era un signore per il quale adoperare la parola “menzogna” sarebbe un’ingiustizia. Lui mentiva sì, però era convinto che quella fosse la realtà o, almeno, la sua. Al contrario di quanto sta accadendo a Silvio, il Barone non avrebbe mai causato una pandemia per cui, sapendo di essere malato, si sarebbe ben guardato dal contagiare gli altri. Berlusconi, che tutto può, ha invece trovato una sponda validissima nel suo entourage di maggiordomi acefali per cui, quando mente, tutti sanno che lo sta facendo però non possono fare a meno di credergli. L’ultima notizia a sostegno della tesi appena esposta, è di queste ore. Fra i testimoni della difesa di Silvio, e relativamente al reato di concussione, Niccolò Ghedini ha inserito il presidente egiziano Hosni Mubarak. A questo punto la tentazione di scoppiare a ridere potrebbe diventare irrefrenabile, ma vi preghiamo di attendere la fine di questa storia. Dunque. L’interprete egiziano della presidenza del consiglio sarebbe testimone di un colloquio avvenuto fra Silvio ed Hosni nel corso del quale il primo ministro italiano avrebbe raccontato al Rais d’Egitto di aver conosciuto sua nipote. Non potendo credere che Silvio possa mettersi a parlare di culi con il primo che capita, qualora avesse detto a Mubarak di aver conosciuto la nipote, il presidente egiziano come minimo avrebbe allertato l’Epsis (i suoi servizi segreti personali) e accusato di dabbenaggine Silvio che aveva creduto alla favola della marocchina nipote di un egiziano: praticamente una parentela contronatura. A maggior ragione, se questo colloquio fosse avvenuto davvero, Mubarak non avrebbe potuto fare altro che smentire la parentela e Silvio avrebbe dovuto denunciare Ruby per millantato credito, truffa e manifesta circonvenzione d’incapace (lui). Non solo, vittima di una ragazza che si è spacciata (senza il sussulto che contraddistingue alcuni momenti della sua giornata), per la nipote di un capo di stato estero, compito di Berlusconi era quello di allertare la nostra intelligence e di indagare su quella che non poteva essere altro che una spia, questione di sicurezza nazionale. Tutto questo però non è avvenuto. Anzi, dopo che Mubarak gli aveva fatto presente di non avere nessuna nipote di nome Karima el Mahroug, Silvio si è sentito quasi sollevato come se avesse scongiurato una crisi diplomatica; ha continuato a pagare la ragazza per le prestazioni che l’hanno resa universalmente famosa e per le quali anche lei giustamente si vanta: “Noemi è la pupilla, io sono il culo”. Insomma, la testimonianza dell’interprete di egiziano della presidenza del consiglio è finita davvero fra quelle della consistente memoria difensiva che l’onorevole avvocato Niccolò Ghedini ha depositato presso la Procura di Milano. Non si è posto, Ghedini, la domanda che ci siamo fatti noi quando abbiamo letto di questa ennesima bufala di Silvio, avvalorando l’ipotesi che Mavalà viva in uno stato di stress perenne che gli ha obnubilato completamente il ciriveddro (citazione montalbanesca). Ghedini è un professionista serissimo ma anche un “analfabeta” politico. Da avvocato “dentro”, quando si è trattato di affrontare il caso di Patty D’Addario non ha esitato un istante a definire il suo cliente un “consumatore finale”, e quindi non imputabile, sbattendosene dei risvolti politici e considerando solo quelli penali. Tirando fuori la storia dell’interprete non ha pensato minimamente al fatto che D’Alema fa bene a volerlo ascoltare al Copasir, perché è seriamente in pericolo la sicurezza nazionale in balìa di un presidente del consiglio palesemente ricattabile. Certo che chiamare in questo momento Mubarak in tribunale la vediamo impresa ardua. Tutti sanno che se lasciasse anche solo un minuto la poltrona presidenziale, al-Barade’i non esiterebbe un istante a soffiargliela. Quindi occorrerà fidarsi della parola di Silvio e dell’interprete pagato da Silvio. Come sempre. Piccola nota a margine. I dorotei erano abituati a fare la stessa cosa. Quando scoppiava qualche scandalo nel quale uno della “corrente” democristiana era implicato, riuscivano a trovare sempre il capro espiatorio: o un prestanome pensionato e un po’ demente o qualcuno latitante da tempo all’estero o, più semplicemente, un morto. Nessuno poteva parlare. Nessuno avrebbe mai potuto testimoniare.

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