Muore isabelle caro: l’anoressia non smette di fare paura

Creato il 17 gennaio 2011 da Zero39

La morte recente di Isabelle Caro, la modella francese famosa per aver posato per Oliviero Toscani, ripropone ancora una volta il problema dei disturbi del comportamento alimentare e la sua difficile gestione.
Appartengono a questa categoria di disturbi l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata o binge eating disorder, tutti caratterizzati da un rapporto patologico con il cibo che sottende profonde problematiche emotive e distorsioni cognitive relative alla propria immagine corporea. L’età di insorgenza di questi disturbi è tra i 15 e i 19 anni per l’anoressia e tra 20 ed 24 anni per la bulimia, ma si comincia a registrare un loro aumento anche tra persone più giovani (9-11 anni) e più grandi (il 20 per cento ha più di 35-40 anni), così come tra gli uomini.
Nell’anoressia nervosa il forte dimagrimento è raggiunto con la limitazione drastica dell’apporto alimentare e l’intensa attività fisica, ma anche con una dieta rigida alternata ad abbuffate, seguite da vomito auto-provocato e/o abuso di diuretici, lassativi, sostanze anoressizzanti. La bulimia nervosa è caratterizzata invece da “abbuffate” spesso quotidiane, con perdita di controllo e assunzione caotica di grandi quantità di cibo, anche fino a 20.000 calorie, seguite da comportamenti di compenso spesso molto pericolosi per evitare di ingrassare (vomito auto-provocato e/o abuso di diuretici, lassativi, sostanze anoressizzanti), mentre nel disturbo da alimentazione incontrollata le abbuffate non sono seguite da comportamenti di compenso, con conseguente forte aumento di peso.
Una diagnosi  precoce e delle cure adeguate offrono buone possibilità di “guarigione” che per l’anoressia nervosa sono del 30% , mentre arrivano al 75% per la bulimia, malgrado la metà dei casi tenda poi a ricadere, alternando fasi di miglioramento e peggioramento.
La cura richiede, nei casi di disturbo conclamato e forte perdita di peso, sempre la collaborazione tra internista, cardiologo, nutrizionista, psichiatra e psicoterapeuta e prevede nei casi più gravi l’associazione di farmaci e psicoterapia. “La psicoterapia cognitivo-comportamentale – afferma il Prof. Antonio Tundo, direttore dell’Istituto di Psicopatologia di Roma – è utile per ridurre i sintomi e contenere il rischio di ricadute, mentre la terapia farmacologica deve essere impiegata per fronteggiare i sintomi depressivi e ossessivi associati al disturbo”.

Dott.ssa Federica Letizia


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