Magazine Diario personale

Muses. La decima musa. Francesco Falconi. Mondadori

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Sezione: Gli amici della Mestra
Svolgimento
Muses. La decima musa. Francesco Falconi. Mondadori
prologoPASSATO REMOTO
L’oscurità si squarcia. Veli di tenebre si diradano.È come se fossi stata trasportata lontano. In un luogo e un tempo remoti. Il mio corpo si riflette sul marmo lucido del pavimento. Un alone che non riconosco. Non sono io. Non sono i miei lineamenti. È un uomo.Poggio il violino sulle ginocchia, sopra la veste. Sfioro la cassa armonica, dalla bombatura accentuata e dalla verniciatura bruna, fino a lambire le corde. Batto le nocche della mano sul legno d’acero, e ascolto l’eco del suono che svanisce nel silenzio.Sorrido. La mia opera d’arte, l’unico capolavoro degno di me. Io, il Padre delle Muse. Apollo.Mi alzo in piedi e poso il violino a terra, vicino alla poltrona. Cammino lungo la sala immersa nella penombra, appena rischiarata dai candelabri ai quattro angoli della stanza. In fondo, la statua che mi raffigura spunta dall’oscurità. La osservo per un istante, seguo le curve del marmo. Ho lasciato che la scoprissero ad Anzio, cento anni fa, perché la considero il modello assoluto di perfezione estetica. La copia dell’opera di Leocare, che ha immortalato l’istante in cui ho ucciso Pitone.Raggiungo la finestra e scosto la tenda. Guardo di sotto. Scorgo il piano delle logge e, in lontananza, il molo.La notte ha inghiottito ogni angolo di Venezia. L’acqua dei canali è scura e densa come olio, nessuno si avventura per le strade a quest’ora così tarda. Il tempo, del resto, non è dei migliori. Il cielo, coperto da nuvole scure come antracite, è crepato da una ragnatela di lampi. I tuoni, in lontananza, rimbombano cupi.
Le mie figlie faranno meglio ad affrettarsi se vogliono evitare un terribile temporale. È giunto il giorno in cui devo scegliere il mio prossimo Discepolo, colui che accoglierà l’essenza del Musagète. I miei ordini sono stati chiari: riservatezza e massima cautela nelle vicinanze del Palazzo Ducale. Il Doge Veniero è in carica da appena sei mesi, ma presto riceverà una mia visita. Sento la porta schiudersi alle mie spalle.— Mio Signore.Neppure mi volto. È Lucrezia, la Musa della Scultura, una delle mie nove figlie.— Fra pochi minuti ci raggiungeranno. Dobbiamo discutere, padre. Non possiamo rimandare, Venezia non è più un luogo sicuro.Congiungo le mani al petto, sotto la veste. Riesco a intravedere una gondola nera che scivola nell’oscurità di un canale. I lampi sul rostro metallico a forma di testa di leone emettono un bagliore repentino.— Avevo chiesto espressamente a Matthias di non farsi notare. E di rispettare la legislatura.— Perché dovremmo modificare le gondole? È solo una legge stupida.— Una legge in vigore dal 1562, più di quindici anni fa — preciso. — Ormai dovrebbe esservi noto. Sapete bene che il Doge Veniero desidera che rispettiamo le regole. — Il Doge ancora non ha capito con chi ha a che fare. Soffoco una risata. — Abbiamo ben altri pensieri. Devo trovare un nuovo Discepolo, mia adorata figlia.Lucrezia alza un sopracciglio. — Matthias è testardo e pericoloso.Annuisco. Lucrezia ha ragione, Matthias non cambierà mai. La Musa della Musica, l’Eccezione maschio, che da anni si diverte a ribellarsi ai miei ordini. Dietro di lui, sulla gondola, scorgo la sagoma corpulenta di Erzsébet,la Musa della Pittura. Sorregge un individuo con il capo coperto da un cappuccio.Mi volto di scatto. — Cosa diavolo ha intenzione di fare? Lucrezia mi raggiunge e guarda di sotto, sconcertata. — Non ne ho idea. Gli avevo detto di venire da soli.— Dov’è Marguerite? Perché non è con te? — le domando infuriato. Marguerite, la mia figlia prediletta, la Musa della Danza, non è mai in ritardo. Lucrezia scuote la testa e mi afferra un polso. — Dobbiamo fuggire, padre. Dobbiamo andarcene al più presto. Tu, Marguerite e io.— Ho nove figlie, non dimenticarlo mai — le rispondo liberandomi dalla presa.— Puoi contare solo su noi due. Non sfidare la sorte, padre.Socchiudo gli occhi, cerco di calmarmi. Oltrepasso Lucrezia e mi avvicino al centro della sala. Alzo appena le mani, un vento caldo pervade la stanza. Le candele sulle nicchie scavate nelle pareti si accendono d’improvviso. Mi avvicino al cavalletto e tocco il velluto che riveste la tela. In quel momento, la porta della sala si spalanca.— Apollo.Mi volto lentamente. Matthias lascia cadere la mantella sul pavimento. I suoi capelli sono bagnati e appiccicati alla fronte. Gli occhi, iniettati di sangue, brillano come rubini. Alle sue spalle sopraggiunge Erzsébet, che adagia a terra un uomo incappucciato.— Puoi chiamarmi padre — lo correggo.— Non sei nostro padre. Siamo figli di Zeus e di Mnemosýne.— Sono la vostra guida. Il padre che vi illumina la via. Comunque, se preferisci, puoi chiamarmi Andrea.Matthias ricambia il mio sguardo con un’espressione di disgusto. — Andrea Armati era un pover’uomo. Un bravo liutaio. Una delle tue tante vittime.— Discepolo, non vittima. È solo un corpo offerto al Musagète.— La tua follia finirà stasera. È giunto il momento che tu scompaia per sempre.Scoppio a ridere. — Davvero pensi di potermi fermare, Matthias?Lui si china e toglie il cappuccio all’uomo prostrato sul pavimento, ancora privo di sensi. Riconosco subito il suo volto. È lui, l’Eclettico per eccellenza.Tintoretto.Rimango in silenzio per qualche istante, esterrefatto. Marguerite mi aveva avvertito: l’Eccezione, la Musa maschio, da mesi tramava contro di me, suo padre. Intendeva annullare ogni mio potere, eliminare l’influenza sulle mie nove figlie. — Prostrati ai miei piedi, Matthias!La mia voce rimbomba nella stanza. La luce delle candele si spegne all’istante. Matthias si piega sulle ginocchia. Digrigna i denti, la fronte imperlata di sudore.— Tutto questo è destinato a finire. Non riuscirai a reincarnarti di nuovo, Apollo.Cerco lo sguardo di Lucrezia, che annuisce sospirando. Non posso mostrare alcuna debolezza, né ora né mai. L’Eccezione va eliminata. Infilo la mano sotto la veste ed estraggo un coltello.— Perché mi costringi a farlo, Matthias? Appena muovo un passo, Erzsébet mi si para davanti. — Non azzardarti a sfiorarlo.Sostengo il suo sguardo. Un’altra figlia che mi sfida e mi tradisce. — Dove avete nascosto Marguerite?— Marguerite non farà più del male. Non sarà più la carnefice di nessuno — ringhia Erzsébet. — È la fine, Apollo. Lascia libero Matthias.In quel momento, altre sagome entrano dalla porta d’ingresso. Õinomikado, Louise, Juana, Antonia, Leonor. Le mie altre cinque figlie. Le guardo una a una, mentre i miei occhi si velano di lacrime. — Siete giunte tutte a Venezia. Avete abbracciato la follia di vostro fratello Matthias. Sette Muse traditrici, che desiderano uccidere il loro creatore. Parricidi, abomini della natura!— Tu, Apollo, sei l’unico abominio della natura! Le Muse non dovranno più sottostare alla tua crudeltà. Mai più! — sibila Matthias, sforzandosi di rimettersi in piedi.La rabbia annienta la compassione. Non posso sopportare oltre quest’oltraggio, il sacrificio dell’Eccezione sarà di esempio per le altre Muse.Alzo la mano sinistra. A quel gesto, Erzsébet si piega in avanti, tossisce e geme dal dolore. Stringo l’impugnatura del coltello, mi avvicino a Matthias.— Avrei voluto che le cose andassero diversamente — gli sussurro impassibile. Ma quando tento di allungare la lama fino alla sua gola, il braccio si ferma come se una presenza invisibile avesse afferrato il mio polso.Sgrano gli occhi. Sul pavimento si illuminano lingue di polvere, brillanti come frammenti di diamante. Seguo le loro curve, gli angoli.— Un triscele?— Proprio così, Apollo.Dietro le Muse compare una figura. È un uomo che dimostra una cinquantina d’anni. Viso spigoloso, naso aquilino, fronte solcata da rughe profonde e capelli bianchi che gli ricadono sulle spalle. Gli occhi, piccoli e grigi, m’infilzano come spilli.— Juan Gómez — mormora Matthias, alzandosi da terra.Rimango sbalordito. L’Eccezione è quindi riuscita nel suo intento. Ha trovato il Krisnitòri delle Streghe Kalé, nascosto in Catalogna. Marguerite mi aveva messo in guardia, avvertendomi dei frequenti viaggi di Matthias a Barcellona per ricercare l’anziano Krisnitòri, al quale avrebbe offerto i suoi servigi di Musa in cambio di un potente incantesimo di magia nera.Ma Matthias si sbaglia, Juan è solo un cialtrone che si diverte a deviare la natura con stupidi giochetti. Non esiste alcun modo per uccidere Apollo. È solo una leggenda priva di fondamento. Juan Gómez avanza di un passo e mi saluta con un cenno della testa. Sussurra frasi che riesco a udire a stento. Il coltello mi scivola via dalla mano e levita a mezz’aria, fino a raggiungere i suoi piedi.Erzsébet, nel frattempo, è arrivata alle spalle di Lucrezia e le punta una lama alla gola.— Non osare fare del male a tua sorella! — urlo inferocito.Cerco lo sguardo di Erzsébet. Scavo nei suoi pensieri. Dentro la sua anima, negli angoli più oscuri. Voglio prendere possesso del suo corpo e schiacciare la sua volontà.Ogni mio sforzo si rivela però del tutto inutile. Non riesco a superare la linea di confine del triscele.— Vi pentirete di quello che state facendo! La finestra si spalanca, raffiche di vento sferzano gelide, gonfiando le tende e spegnendo le candele.Il panno viola che copre la tela cade a terra. I lampi illuminano per pochi istanti il dipinto di Tintoretto. Apollo è rappresentato al centro con una corona di alloro sulla testa, ma sotto di lui ci sono solo sette Muse, una delle quali ha fattezze di uomo, proprio come l’Eccezione maschio. I loro lineamenti assomigliano a quelli delle mie figlie, tranne Lucrezia e Marguerite.Non ho tempo per osservarlo un istante di più. Juan ha riposto a terra una coppa, un piatto e una scatola d’oro, gli stessi oggetti raffigurati nel quadro di Tintoretto. Matthias, Erzsébet e Õinomikado si tagliano il polpastrello del dito indice, lasciano cadere una goccia di sangue nella coppa.— Muse della Musica, della Scrittura e della Pittura. Il sangue della Triade — pronuncia Juan. Riversa il contenuto della coppa sul piatto, quindi lo avvicina alla mano di Tintoretto. Ne lacera il palmo mentre salmodia una litania.Una fitta di dolore, come di una stilettata nelle scapole, mi costringe ad accasciarmi a terra. Lucrezia urla in lontananza, bloccata da due figlie traditrici.La vista si appanna. Le braccia e le gambe si immobilizzano come blocchi di pietra.— Maledetti… — sussurro senza riuscire neppure a respirare.— È la fine, Apollo. Il rito è concluso — aggiunge Matthias. — L’essenza del Musagète sarà esiliata per sempre nei Campi Elisi. Morirai senza più avere possibilità di reincarnarti. Il corpo di Andrea Amati sarà ritrovato privo di vita fra quattro giorni esatti, alla vigilia del Natale dell’anno 1577, a Cremona. Adesso, che le fiamme incendino il Palazzo Ducale.Le forze stanno per abbandonarmi. L’oscurità si fa spazio nel mio animo, divorando la coscienza. Crollo a terra, rivolgo l’ultimo sguardo alle mie figlie traditrici.— Che vi perdiate per sempre, Muse, nel caos del mondo che vi circonda. Tramanderete i vostri poteri di madre in figlia, per secoli e secoli, finché il talento che vi ho donato si indebolirà fino a estinguersi. Che siate maledette, voi e la vostra discendenza, fino al vostro ultimo anelito di vita, dopo quaranta primavere… Oltre la morte, c’è solo la polvere!La voce si spezza. Il cuore del liutaio Armati smette di battere.Poi, il silenzio dell’eternità si chiude su di me.

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