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My Mad Fat Diary

Creato il 24 marzo 2013 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

It’s too much out there. 

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Torno a scrivere dopo un po’ di tempo per parlare di questa serie inglese che mi ha colpito tantissimo.

My Mad Fat Diary è composta da 6 episodi ma è già stata rinnovata per una seconda stagione, se ne riparlerà l’anno prossimo. E’ ambientata nel Linconshire nel 1996, la protagonista è Rae (la ragazza al centro nella foto), una sedicenne obesa appena uscita da un istituto psichiatrico. Ad aspettarla fuori una madre che ha una relazione con un tunisino senza documenti, un’amica che credeva che lei fosse a Parigi, un gruppetto di nuove conoscenze e molte difficoltà quotidiane. Ad accoglierla dentro l’amica Tix e Kester, lo psicologo che ogni persona poco sana di mente vorrebbe avere. Al centro il suo diario (infatti la serie è tratta proprio dal libro diario di Rae Earl), scrigno che raccoglie tutti i segreti, i pensieri, le riflessioni della nostra protagonista.

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Avrei voluto che questa serie uscisse 15 anni fa, quando di anni ne avevo 13. Adesso è tardi per prendere spunto, ispirazione, posso solo elogiarla, trarre conclusioni a posteriori. Non lo sto dicendo per piangermi addosso (prima che i soliti sapienti si facciano avanti con la loro sicumera), è semplicemente la verità. E’ una serie che rende perfettamente l’idea di cosa significhi essere un’adolescente obesa, io mi sono ritrovata tantissime volte a dire tra me e me “Sì, è vero, è proprio così, anche io ero uguale” e questo è un merito enorme. Non avete idea di quanto mi ha rotto la rappresentazione moderna dell’obesità, che intanto non è mai obesità vera e poi è sempre e solo legata al cibo. In questa serie il cibo, la dieta, le calorie non vengono praticamente mai nominati. E non perché non siano importanti, lo sono, ci mancherebbe, ma perché vengono dopo. Questo telefilm si concentra sul prima, sulle cose che stanno a monte, su quel click che scatta nella testa, perché si possono spiegare tante cose ma non tutte.

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In Rae ho visto molto la me di quel periodo, nei suoi amici/compagni di avventura non ho visto i miei amici/compagni di avventura dell’epoca. Ma d’altronde questa è una serie tv e qualcosa di positivo deve pur esserci. Purtroppo i miei amici durante l’adolescenza non erano come quelli di Rae, e lo posso dire perché tanto non leggeranno mai questo blog. Ho ritrovato in lei il desiderio di essere accettata, di far parte di un gruppo, la difficoltà nell’interagire sia con le ragazze che coi ragazzi, perché sei femmina ma sei anche grassa per cui i problemi delle ragazze magre non li cogli e per quanto tu possa essere simpatica, interessante, intelligente il massimo a cui puoi ambire coi ragazzi è la famigerata friend zone. Ho anche rivisto quella certa spensieratezza tipica dell’età, nel senso che ero molto meno ossessionata da me stessa di quanto non lo sia ora, ero molto più libera, facevo molte più cose, perché non ci pensavo, perché avevo 15 anni e non 28. Rae ha una migliore amica che è bellissima, magra, piena di ragazzi che le corrono dietro, io uguale, preciso, l’avevo anche io. Forse sono pattern tipici che si seguono inconsapevolmente.

Nella foto qua sotto Rae immagina di levarsi, come un costume, il grasso che circonda la vera se stessa, come se fosse quello ad impedirle di spiccare il volo, di essere realmente ciò che lei è. Ogni tanto lo pensavo anche io, “Io sono una magra intrappolata in un corpo ciccione”, ma ora ho smesso. Non penso che sia vero. Fa comodo pensarlo ma non è vero. La scena però è molto bella, evocativa, disturbante.

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Poi c’è il discorso della malattia mentale, discorso che non approfondirò più di tanto per evitare di svelare troppo. Tempo fa avevo parlato di un libro, Fame di Allen Zadoff, e insomma lui alla fine era giunto alla conclusione che era diventato obeso, enorme non perché fosse stupido ma perché era malato. Io non sono mai arrivata a questo livello, cioè io sono quella che quando mi dicono “Sei una ragazza intelligente” (lasciamo stare che non li dicono perché lo pensano) vorrei rispondere che no, non è vero, una persona intelligente non arriverebbe mai a ridursi così. Ecco, questa serie tv conferma la “tesi” di Zadoff, sconfessa la mia. Ma io, c’è bisogno di dirlo?, continuo a pensarla alla mia maniera, è un chiodo fisso che ho da anni e non c’è verso di levarlo. Centrale poi è la figura dello psicologo, Kester, e purtroppo come lui io non ne ho mai trovati. Non ho certo l’esperienza di una delle tipiche protagoniste dei film di Verdone e non voglio dare la colpa dei miei problemi a qualcun altro, però purtroppo è difficile trovare qualcuno con cui entrare in sintonia, non ci sono mai riuscita.

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Due cose per finire. 1. Gli inglesi quando si parla di serie tv sanno quello che fanno, mi sembra che non ne sbaglino una. Sono sempre originali, mai banali, hanno sempre un occhio particolare sulla qualunque, guardi una serie british e pensi “Fantastica, pensa che merda sarebbe se la facessero gli ammeregani”. E soprattutto hanno un pregio enorme: sanno quando fermarsi. Fanno stagioni da 6 episodi, mica 22. Hanno capito che per mantenere alta la qualità il brodo non va allungato e che una volta che si ha finito di dire quello che si doveva dire si può anche smettere di parlare. 2. La colonna sonora è semplicemente favolosa. E’ un valore aggiunto che arricchisce la serie in un modo che non sto nemmeno a spiegare, qua ci sono quasi tutte le tracce.

Su youtube ci sono gli episodi sottotitolati in inglese, lo consiglio caldamente, è una cosa che fa bene guardare. Fa ridere, piangere, tocca le corde giuste, guardatela.



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