Una mappa del Giappone viene convenzionalmente divisa in quattro aree principali, sebbene l’arcipelago nipponico sia composto da migliaia di isolette di origine vulcanica. Una di queste quattro zone è Shikoku (i nomi giapponesi mi hanno impazzire!), e più o meno al centro dell’isola di Shikoku c’è il minuscolo villaggio di Nagoro.
Mi rendo conto che sembrerà improbabile, ma questo minuscolo centro a poco meno di 10.000 chilometri di distanza dall’Italia condivide qualcosa con alcune delle nostre cittadine storiche, in particolare quelle montane: si sta – o si è già – spopolato, fino ad arrivare a un totale (si fa per dire) di 37 abitanti. Storie simili a quelle di Consonno o di Cervatto, per restare alle nostre latitudini.
Una veduta di Cervatto
Ma a Nagoro nacque, una sessantina di anni fa, Ayano Tsukimi (già detto che i nomi giapponesi mi fanno impazzire?). E a Nagoro è tornata, circa dieci anni fa, trovandola progressivamente abbandonata, mentre i suoi pensieri vagavano da una casa all’altra, da un negozio a una scuola, e inevitabilmente tornavano alla mente i ricordi.
E allora, perché non tramutare quei ricordi in un omaggio, e perché non provare a farli rivivere, con un’operazione artigianale e artistica intrisa di nostalgia e anche – ammettiamolo – leggermente inquietante?
In un paio di lustri, Ayano Tsukimi ha realizzato una serie di bambole a grandezza quasi naturale, che rappresentano i precedenti abitanti del villaggio. E oggi Nagoro può vantare 37 abitanti reali e 350 (350!) bambole, posizionate in ogni punto della cittadina, inclusi gli alunni ai loro posti, insegnanti in cattedra, contadini al lavoro nei campi.
(Photo: Courtesy of Reuters/Thomas Peter)
Se non fosse appena al di fuori dei miei itinerari abituali, ci farei un salto. Per chi ha il mio stesso problema di distanza, consiglio un giretto in città con Google Street View.
Alfonso d’Agostino