Non storcete il naso o voltatevi dall’altra parte. E neppure pontificate contro una tendenza che a Napoli, come in altre città del Sud, sta prendendo inesorabilmente piede.
Sono sempre di più le scritte che compaiono ad imbrattare le statue di Garibaldi o Vittorio Emanuele.
Sono l’effetto e la reazione agli insulti ed al razzismo impunito, alle politiche leghiste attuate col beneplacito e la connivenza dei politici meridionali. Sono la reazione alla terra dei fuochi, alle terre inquinate di scorie tossiche provenienti dal Nord, grazie all’infame iniziativa delle mafie locali.
Sono la reazione a “forza Etna e forza Vesuvio”, a “valigia di cartone fa rima con terrone”.
Sono la reazione alla intollerabile e razzista sperequazione della tariffe assicurative, agli degli interessi differenziati geograficamente per l’accesso al credito.
Sono la reazione a trattative poco chiare che da Liborio Romano in poi, non si sono mai interrotte.
Sono reazioni di disagio ed intolleranza a politiche sovente di stampo coloniale, sono reazione all’idea (lombrosiana) di una parte del paese inferiore e artatamente lasciata arretrata. La Germania in dieci anni ha unito veramente un paese con le medesime problematiche. L’Italia no. Perchè?
Ecco dunque una delle tante foto che da Palermo a Napoli iniziano a moltiplicarsi. E continueranno a farlo fino a quando, non si sarà costruita un storia condivisa. Su pari basi e presupposti.
Questa si trova a Corso Vittorio Emanuele, nel capoluogo campano.