Magazine Scienze
06/07/2012 | Unità |
Nardò, un anno dopo la rivolta di nuovo schiavi
Le denunce, e le vittorie, contro i caporali sono servite a poco. Arriva l’estate e puntuale riparte la “tratta degli schiavi” nelle nostre campagne. La Flai Cgil stima che siano 80mila «uomini e donne giunti nel nostro paese con la falsa promessa di un permesso di soggiorno e di un lavoro regolare che non è mai arrivato» e che vivono in queste «condizioni vergognose». Ieri da Nardò (Lecce) è partita la campagna della Flai Cgil dal titolo “Gli invisibili delle campagne di raccolta”. Un progetto che avrà durata biennale e che vuole dare assistenza a 360 gradi a tutti lavoratori, spesso di origine straniera, impegnati nelle campagne di raccolta. La Flai, insieme alla Cgil e ai suoi servizi, con camper attrezzati raggiungerà lavoratori e lavoratrici per portare loro assistenza con medici, avvocati, assistenza fiscale e contrattuale, dando un supporto concreto per conoscere e far valere i propri diritti. Questi lavoratori, spesso invisibili, arrivano in Italia e si spostano seguendo le attività stagionali di raccolta: dalle angurie a Nardò alla raccolta dei pomodori nella Capitanata; dalle olive e ortaggi in Salento alla raccolta delle patate e degli agrumi nel Siracusano; dalle pesche e ortaggi nel casertano agli agrumi nella piana di Gioia Tauro; dalla raccolta dei pomodori in Basilicata ai prodotti orticoli a Latina; dall’uva in Veneto alle mele in Trentino, dal Piemonte con frutti e ortaggi vari e il caso di Castelnuovo Scrivia con gli schiavi trovati malnutriti dalle forze dell’ordine la scorsa settimana. Le condizioni in cui si trovano a dover lavorare e vivere, da Nord a Sud, sono vergognose per un paese civile: mancato rispetto dei contratti, lavoro nero, sotto salario, senza orari e senza sicurezza, obbligati a comprare dal caporale cibo e acqua. «Partiamo da Lecce per poi andare in Sicilia, Campania, Veneto, Trentino per porre il problema dei lavoratori immigrati spiega Gino Rotella, segretario nazionale Flai Cgil -. Parliamo degli operai visibili, ma senza diritti e di quelli “invisibili”, anche se non per tutti. Infatti, sono visibilissimi ai caporali, alle aziende che li sfruttano, ma non sono visti dalle autorità, dal mondo imprenditoriale serio con cui vogliamo cercare di interloquire per risolvere le questioni che i lavoratori immigrati pongono. Si tratta continua Rotella di questioni di natura contrattuale e di vivibilità, quindi contratti, giuste retribuzioni, ma anche alloggi e accoglienza. Assistiamo troppo spesso a situazioni che non sono degne di un paese civile e per noi sono inaccettabili. La stessa legge Bossi-Fini, non serve solo per fare le espulsioni, ma conclude andrebbe rispettata anche quando dice che il lavoratore straniero regolare deve poter accedere ad alloggi messi a disposizione».
NIENTE È CAMBIATO «A Nardò non è cambiato niente». La scelta di partire da Nardò è tutt’altro che casuale.La cittadina salentina è stata teatro l’anno scorso dello sciopero dei braccianti immigrati e della prima denuncia per caporalato. Quei lavoratori, guidati da Ivan Jean Pierre Sagnet, vivevano nella Masseria Boncuri, uno spazio messo a disposizione dei migranti dove, seppur non fosse un paradiso, c’erano corrente elettrica, acqua corrente, bagni chimici. Quella stessa masseria quest’anno rimarrà chiusa per decisione del prefetto di Lecce. «Abbiamo ricevuto una lettera del prefetto che motiva la mancata apertura con il fatto che quest’anno non ci sarà produzione agricola per ragioni di poche piogge denuncia Gino Rotella, segretario nazionale Flai Cgil . La lettera cita l’intervento di un presidente di Coldiretti che anticipava la previsione. Ma i fatti smentiscono la decisione attacca Rotella : oggi con il nostro camper abbiamo potuto constatare che i lavoratori sono gli stessi dell’anno scorso, stanno raccogliendo cocomeri e presto inizieranno altre raccolte. Senza la masseria sono in una villa diroccata o dormono all’aperto, controllati dai caporali: le loro condizioni sono insostenibili».
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