Non ce la sentiamo di fare i soliti auguri. Nulla – il Natale, lo Stadio, le Olimpiadi, le nuove giunte – può attenuare la consapevolezza di quanto sia grave la situazione...
Ancora una volta la Capitale si è addobbata per le feste comandate, ma quest’anno sarà un amaro Natale. Roma è in ginocchio: per la crisi, che ha tolto lavoro e sicurezza alle persone, per la scarsità di risorse della città, drammaticamente inadeguate a garantire vite decenti ai suoi abitanti, per la sfiducia dei cittadini nella politica e nelle istituzioni, ammalate terminali di corruzione e mala amministrazione. Ma soprattutto perchè a Roma c’è la mafia. Ed è molto peggio di quello che potevamo anche lontamente immaginare.
Roma non è solo luogo di investimenti delle mafie d’altrove. Non solo spartizione delle zone per le attività illecite. Non solo pizzo, anche se fa già una certa impressione immaginare boutiques griffate, cocktail bar e rosticcerie ubbidire agli ordini dei delinquenti. A Roma c’è la mafia, quella che comanda. Quella che distrugge il patto su cui si basa la società civile e consegna i cittadini alla legge del più forte. Quella che toglie la libertà, come i peggiori regimi autoritari. Quella che avvelena le persone con l’avidità o la paura.
Le reazioni della gente finora non sono state così indignate. Forse per assuefazione al sempre peggio, forse perché la mancanza di fiducia verso le istituzioni, i partiti, lo stato, verso la possibilità di avere giustizia, è arrivata a un punto di non ritorno, quello in cui diventa tutto uguale e tutto inemendabile. Mentre invece suonano un po’ (o anche tanto) artificiose le reazioni di sorpresa di tutti quelli che nei partiti e nelle istituzioni ci stavano, che sembra che scoprano solo adesso, non tanto la mafia, quanto quella mucillaggine corruttiva che ne è stata il terreno di coltura da troppo tempo. Un sistema che noi avevamo visto chiaramente già solo nei quattro mesi di presidio in Campidoglio contro le delibere urbnistiche della passata consiliatura. Ed eravamo molto soli.
Per questo non ci bastano adesso le solite promesse di repulisti, di regole, di vigilanze che arrivano quando già la magistratura ha scoperchiato il vaso, quando ogni giorno dai verbali spuntano nuovi nomi, se non di indagati, di attori, figuranti e comparse di un film che è in cartellone da decenni. E non ci basteranno operazioni di marketing, convegni e commissari. E neanche assessori alla legalità. Vogliamo toccare con mano la sincerità delle intenzioni nell’unico modo possibile: con i fatti. Non c’è amministrazione che non abbia promesso di rendere il Comune “una casa di vetro”. Adesso bisogna farlo sul serio. Non sottraendosi più a nessuna domanda, mettendo a disposizione dei cittadini tutto quello che serve per fare luce su quanto è successo. Noi stiamo preparando un nutrito elenco di punti su cui è venuto il momento di dare risposte. Che riguardano il passato prossimo (Alemanno) ma anche il passato remoto (Rutelli e Veltroni) e il presente (Marino). Tutto il resto sono “chiacchiere e distintivo”.
Post scriptum: se vogliamo davvero cambiare sistema, noi cittadini dobbiamo prenderci la responsabilità di lavorare per ricostruire la città, ricostruire il senso di appartenenza delle persone ai territori e alle comunità. Non ci sono scorciatoie: noi cittadini siamo gli unici anticorpi che possono difendere la città dalle deviazioni della politica e dell’ amministrazione dalle regole uguali per tutti e dall’interesse pubblico. E creare un terreno che renda impossibile alla criminalità attecchire e sopravvivere
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