Natura Umana

Creato il 04 giugno 2013 da Cultura Salentina

4 giugno 2013 di Redazione

di Luca Portaluri

Irene Sanna: Il bosco (Olio su tela, 30X60)

Scriveva Goethe:

”Natura! Da essa siamo circondati e avvinti, né ci è dato uscirne e penetrarvi più a fondo. Ci rapisce nel vortice della sua danza e si lascia andare con noi, finché siamo stanche e le cadiamo dalle braccia. Viviamo nel suo seno e le siamo estranei. Costantemente operiamo su di essa e tuttavia non abbiamo alcun potere sulla natura. La vita è la sua invenzione più bella e la morte è il suo artificio per avere molta vita. Non conosce né passato né futuro. Il presente è la sua eternità !”.

C’è poi chi sostiene, in tempi più moderni, che per reperire un senso salvandosi dall’indifferenza

della natura, l’uomo abbia inventato la Storia: intesa come scenario di esseri superiori chiamati Dio o Dèi, capaci essi solamente di propiziare la buona stagione, e così i frutti del raccolto e la stessa sopravvivenza umana. Ma egli ha poi scoperto l’impotenza di quegli stessi osannati ed evocati Dèi, quando non addirittura la Loro indifferenza. Ecco allora che lasciato al proprio destino, senza nessun Dio ad aiutarlo, quello stesso uomo per modellare a suo piacimento la natura, rinforzarla o indebolirla a seconda degli interessi personali e del momento, ha inventato la Tecnica. La Tecnica edilizia per ripararsi dalle intemperie e vivere differenziandosi dagli animali, la Tecnica medica per contrastare malattie e morti (naturali, spesso), in generale la Tecnica ingegneristica per arginare la furia, moderare la potenza, costruire difese evitando catastrofi e possibili evitabilissime conseguenze disastrose.

Il mito può tornare ad essere uno straordinario supporto al pensiero, perché fornisce costellazioni di significati che hanno presa sul nostro immaginario profondo. E questo è vero, soprattutto, per il mito di Prometeo che ha drammatizzato nella coscienza dell’uomo il problema della sua sopravvivenza, resa possibile dai doni del fuoco e della tecnica. Il mito di Prometeo parte dal tempo in cui l’uomo, per sopravvivere, inizia a rendere artificiale il suo ambiente (ma in maniera ancora debole, subalterna e rispettosa della natura) e giunge all’epoca della forte artificializzazione, resa possibile dalla moderna tecnoscienza che ha costruito sulla Terra una gigantesca struttura tecnica e che può oggi controllare grazie alle biotecnologie e all’ingegneria genetica, l’evoluzione stessa della vita. Fino alla cronaca di oggi in cui gli effetti del prometeico fare umano ricadono su tutta la biosfera e si propagano per secoli, rischiando di mettere in crisi la compatibilità stessa fra la specie umana e gli ecosistemi che le consentono di sopravvivere, minacciando il futuro dell’umanità.

Addirittura Eschilo nel ”Prometeo incatenato” riferisce che perentoriamente lo stesso Prometeo asseriva che “la tecnica è di gran lunga più debole della necessità che governa la natura”. Di rimando Sofocle, altro drammaturgo ateniese, soleva raccontare che “l’aratro ferisce la terra,ma questa si ricompone dopo il suo passaggio. Allo stesso modo la nave fende la calma trasognata del mare, ma le acque si ricompongono perché la natura è sovrana.” Superbe similitudini (rap)presentare il dominio incontrastato di madre natura. Noi spesso tendiamo a dimenticare tale sovranità, e per il breve tempo delle nostre vite e dei nostri miopi interessi economici, forziamo la natura ad essere disposta alle nostre esigenze oltre al giusta misura.

Che cos’è la Terra per noi se non materia prima e poco altro, quando il suo suolo è solamente una coltre da perforare per estrarre energia sotterranea, le sue foreste legnami, le sue montagne cave di pietra,i suoi mari sempre più riserve da esplorare per futuri sfruttamenti? E quando l’aria, per noi fondamentale misura di vita, diventa ogni giorno che passa sempre più spazio dove scaricare veleni e marciume delle nostre artificiali opere? Ognuno di noi dovrebbe porsi nel suo piccolo queste domande che allo stato attuale delle cose danno risposte sconfortanti e preoccupanti, ma almeno costituirebbero una sostanziale presa di coscienza delle nostre responsabilità quotidiane riguardo il rispetto costante e resistente della natura.


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