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Negli anni - capitolo 25 - Intanto i Blizzard

Da Laperonza

blizzard 1983.jpgRicevemmo la prima scrittura sotto carnevale, che faceva un freddo becco. Una ragazza di Sant’Elpidio a Mare che veniva in corriera con noi, Federica, compiva gli anni e dava una festicciola per i suoi amici. Così ci chiese di suonare alla festa. La proposta ci lascò perplessi perché l’heavy metal con una festa di compleanno di una ragazzina c’entra davvero poco ma lei insistette e alla fine accettammo. Eravamo in fibrillazione perché il repertorio era scarsino e l’idea di suonare davanti ad un pubblico ci spaventava e caricava allo stesso tempo. In quindici giorni provammo quotidianamente per affinarci e mettemmo su due o tre pezzi nuovi (ricordo che preparammo anche una versione riveduta e “scorretta” di Better than you better by me dei Judas Priest che in seguito depennammo dal repertorio).

   Alla festa portammo i nostri amplificatori, gli strumenti, e un piccolo mixer con le casse che Mauro s’era fatto comprare per Natale e ci faceva da impianto voce. Il cantante ora, grazie a Dio, era Uliano. C’erano una cinquantina di ragazzine che si aspettavano i Duran Duran e quando sentirono le chitarre distorte dissimularono a fatica la delusione. Ma alla fine andò bene, forse per la cortesia del pubblico. Toni, un amico di Federica che amava il rock, avrebbe compiuto gli anni anche a lui dopo qualche mese e ci scritturò sul posto. Sant’Elpidio ci amava! Si si! Come no.

   Alla festa di Toni, in un garage bello grosso, non c’erano ragazzine ma un bel mucchio di omaccioni che volevano ballare. A metà del primo pezzo il garage si svuotò. Restò soltanto un ragazzo riccioluto appoggiato ad una colonna che si sorbì tutto il concerto. Alla fine si presentò: era Daniele Basili, quello che sarebbe diventato la voce dei Blizzard e il batterista di riserva (il Phil Collins de noandri). Daniele ci fece i complimenti – bontà sua – e si propose come cantante. Uliano non se lo fece dire due volte. Il sabato successivo era con noi a cantare nella casa di campagna.

   Decidemmo di fare noi una festa. A scuola eravamo nel pieno periodo demenziale che ho già raccontato e uno dei nostri modi di dire era “ma come?” detto con stupore di fronte a qualsiasi accadimento della vita. Questo modo di dire, diventato poi “macome” aveva preso piede anche al di fuori della cerchia scolastica. Per cui decidemmo di fare il “Macome Party”. Invitammo tutta la scuola e tutta Montegranaro. Ne vennero parecchi. La location era la casa di campagna in cui provavamo. All’interno si mangiava e ballava e all’esterno (era la fine di maggio) si poteva passeggiare sul prato. Avevamo adibito il terrazzino all’ingresso a palco e facemmo un concertino anche lì. Questo andò meglio degli altri e ci diede maggiore fiducia. Fu anche il debutto di Daniele al microfono e fu molto apprezzato.

   Arrivarono le vacanze estive e Mauro Cappelletti se ne andò in Inghilterra per la classica vacanza-studio con la scuola. Mentre lui era viva ci arrivò, tramite amici del posto, la proposta di andare a suonare alla Festa dell’Unità di Tolentino. A PAGAMENTO! Ma eravamo senza batterista. Daniele si offrì di sostituire Mauro. Uliano a malincuore si rese disponibile a rimettersi a cantare. Telefonammo in Inghilterra per sentire il parere del titolare del “rullante” e Mauro, da persona squisita quale è sempre stato, acconsentì con entusiasmo, solo dispiaciuto di non poter essere dei nostri per il primo vero esordio.

   Andammo a Tolentino con la Renault 5 di Daniele che fece due viaggi: uno per gli strumenti e uno per gli strumentisti. Dire che eravamo galvanizzati è poco. Avremmo dovuto suonare alle dieci di sera e alle dieci del mattino eravamo già lì a “montare il palco”. Dovevano suonare due gruppi: noi e un gruppo new wave. Per cui gli organizzatori divisero il palco in due e noi prendemmo il lato di sinistra. Visto che eravamo lì di buon mattino gli organizzatori ci fecero montare anche l’impianto voce e le luci. Il gruppo new wave arrivò la sera alle sette, trovò tutto pronto e ci guardò pure in cagnesco. Il concerto andò molto bene e il pubblico rispose in maniera entusiasmante. Diciamo che fu un successo. Rischiai di uccidere Roberto Nasini che, smontando gli strumenti alla fine, lasciò cadere un’asta dei piatti sulla mia chitarra ammaccandola leggermente, ma questa è un’altra storia. Ci pagarono pure e quello fu un momento commovente: trecentocinquantamilalire!!!! E noi che eravamo disposti a pagare di tasca per suonare.

   Da lì partì una specie di tour che andò avanti fino a settembre. Nel frattempo Mauro era tornato e s’era ripreso lo sgabello e Daniele il microfono. Suonammo a feste e raduni e passammo un’estate da rockstar. Con qualche incidente. A Villa Fermani c’era un raduno e l’impiantistica era fornita da un gruppo olandese che faceva metal come noi. Provammo di pomeriggio e tutto andava alla perfezione. La sera, quando toccò a noi, i nostri amici orange pensarono bene di farci fare una magra e staccarono le spie. Suonammo senza sentire quello che suonavamo e facemmo un disastro totale. Qualcuno ci fischiò pure. Pazienza.

   Arrivò l’inverno e finì la stagione dei concerti. Continuavamo a provare nella casa di campagna finchè un giorno che aveva piovuto per tutta la settimana entrammo in sala prove e trovammo gli strumenti che galleggiavano su trenta centimetri d’acqua. Con le vibrazioni della musica – evidentemente suonavamo davvero a basso volume – s’era spostato il tetto e veniva giù acqua in quantità. Dovemmo sloggiare. Mariannina, la mamma di Mauro, santa donna, ci riaccolse in casa acquistando una quantità industriale di tappi per le orecchie. Continuammo a provare nel garage di Mauro. L’anno dopo riprendemmo i concerti per feste dell’Unità e raduni rock. Chiudemmo la stagione alla Festa dell’Unità di Montegranaro e sfatammo il detto “nemo profeta in patria” perché andò piuttosto bene. Mangiammo dell’ottimo e galvanizzante stoccafisso cotto a puntino da Renzo e suonammo davvero bene. Il giorno prima, andando in Vespa, avevo fatto un ruzzolone strusciando il ginocchio destro sull’asfalto, bruciando i jeans e un bel po’ di ciccia tanto che sembrava di vedere l’osso sotto. Un male boia. Ma avevo il concerto il giorno dopo per cui feci finta di niente coi miei che volevano portarmi al pronto soccorso, mi medicai alla bell’e meglio e il giorno dopo andai regolarmente sul palco con la gamba destra che mi malediceva e il ginocchio bloccato dalla fasciatura. Suonai normalmente ma senza muovere un passo e questo nell’heavy metal non va bene. Infatti tra il pubblico c’era Eliseo Mozzicafreddo, mitico chitarrista degli Xenon, uno dei primissimi gruppi hard rock nelle Marche, che ci fece i complimenti ma rimbrottò perché disse: “non sei male ma sei statico”. Con lui c’era anche Massimo di Biagio, bassista degli Xenon, che ci prese a ben volere, venne spesso a sentirci provare e ci insegnò anche alcuni interessanti giri armonici.

   A ottobre organizzammo un raduno al teatro di Sant’Elpidio a Mare, con i Bumble Bee, mitico gruppo rockabilly di Filottrano, tutti ultra quarantenni con pancetta e camice a scacchi che suonavano da Dio, i Fata Morgana di Porto Sant’Elpidio che facevano rock leggero e reggae e un gruppo punk di cui ho rimosso il nome per quanto erano stronzi. Quasi riempimmo il teatro e fu una grande soddisfazione.

   D’inverno provammo e basta ma volevamo fare qualcosa di forte a Montegranaro. Così a maggio decidemmo di organizzare un raduno dietro le mura. Chiedemmo i permessi al comune che ci diede solo quelli: corrente e tutto il resto ce la dovemmo pagare da noi. Uliano ancora ricorda quanto m’incazzai col sindaco e che invettiva feci contro di lui all’apertura del concerto. Allora il sindaco era Gianni Basso, guarda guarda. Non sapevamo dove prendere il palco così ci facemmo prestare un’impalcatura da un’impresa edile. Il palco venne troppo alto, molto dondolante e con sbarre di ferro che fuoriuscivano da ogni dove. Ma andava bene così. Invitammo I Bumble Bee, i Fata Morgana e il gruppo di Mauro Quarchioni. Il GTM ci prestò le luci e l’impianto voce fu fornito gratis dal Gruppo Fantasia, complesso folk e liscio che però non disdegnava un po’ di chitarre distorte ogni tanto se a suonarle erano altri. Il raduno andò benissimo. Ci presentammo tutti vestiti glam, truccati e pieni di brillantini. La vergogna non ci apparteneva evidentemente.

   Fu l’ultima volta che suonai coi Blizzard. Quell’estate non prendemmo impegni. Mauro partì con la famiglia e stette fuori un bel po’. Ci chiamarono per la Festa dell’Unità di Montegranaro ma non avevamo mai provato per tutta l’estate. Io dissi che non sarei andato a fare figuracce a casa mia. Gli altri decisero di andare lo stesso anche senza di me. Fu la rottura. Senza litigi e senza traumi ma i Blizzard finirono lì. Fu abbastanza triste, la fine di un’epoca e di una fase della vita, anche perché coincise coi miei diciotto anni, con la patente e con molti altri cambiamenti nella mia vita. Stava iniziando la fase due, quella che qui non racconterò.

(nella foto la festa a casa di Federica)


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