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Anche la mia generazione ha conosciuto l'eredità degli abiti, ovviamente in misura totalmente diversa. Ciò che era consunto lo si gettava e si teneva solo quanto che era in buone condizioni. Se c'era da fare un aggiustamento non doveva essere troppo evidente. E qualcuno per questo protestava, sottolineando volte di non essere voluti bene per via del fatto che quegli abiti non erano stati acquistati per lui ma per il fratello più grande e gli sembrava di essere meno importante dei fratelli più grandi che essendo i primi indossavano sempre cose nuove. Della situazione economica della famigllia si sapeva poco i genitori non ne parlavano mai a voce alta, le loro preoccupazioni s'intuivano, e i genitori si premunivano di rassicurare i figli, in qualche modo un atteggiamento più rispettoso dei bambini a fatica si faceva largo. L'ombra durava giusto il tempo di tornare a giocare, e si dimenticava presto.
Ora ogni figlio ha il suo guardaroba, perchè le mode si sa... Il concetto di lascito del vestiario è assai cambiato. Intanto i vestiti smessi non sono più consumati come un tempo. L'unica cosa che continua a rompersi sono i jeans, quando sono usati per rotolarsi, saltare e strisciare. Il resto, giubbini, camicie, maglie, gonne si conservano pressoché nuovi, perchè i bambini crescono in fretta. Capita allora di vedere bambine e bambini, mi capita a scuola perchè ne parlano, che indossano i capi di fratelli e sorelle. E raccontano con un misto di orgoglio e compiacenza che ciò che hanno indosso è appartenuto al fratello e alla sorella. Quasi a voler dire di portare con sè una parte dell'altro. E io che non rimpiango mai e non mi verrà mai in mente, mai, di dire si stava meglio quando si stava peggio, penso che per i bambini le condizioni sono migliorate parecchio, anche se ora abbiamo esagerato nel senso opposto. E se non è bello l'eccessivo accudimento con cui trattiamo i bambini, il nostro prevenire tutti i loro desideri, che è il nostro modo di ammazzare le loro ambizioni, dall'altro mi fa tenerezza questo loro apprezzare di avere qualcosa dell'altro, questo piccolo desiderio di essere l'altro, che alla fine è un modo per arrivare all'affermazione di sé, passando anche per l'imitazione di coloro cui vogliamo bene.
E se penso che quando era piccola mia mamma parole come il sé, l'affermazione, il rispetto della crescita erano parte di un vocabolario sconosciuto ai più, non sempre intenzionale ma come modo di vivere allora, ecco oggi è giusto che sia così. Però dovremmo anche non dimenticarci che non sempre è stato così e ogni tanto ricordarlo ai bambini. Anche perchè alla finestra e quasi sulla porta di casa si affacciano tempi assai cupi. Apparentemente i bambini saranno gli ultimi ad accorgersi, perchè l'acquisto di ciò che occorre loro verrà sempre per primo nel bilancio famigliare, ma non sarà utile far finta di nulla come non è utile proiettare su di loro, come accade sempre più spesso con l'usanza d'informare i bambini su tutto ciò che accade in famiglia, di ogni minimo mal di pancia. E se è bene indossare i panni dei fratelli non è bene che indossino tutte le nostre preoccupazioni.
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