… la ‘povna e Corto Maltese si dedicano ad approfondire la lingua del Bardo sotto il sole di febbraio, in biblioteca, ai tavoli del porticato.
Insieme, traducono questo (la ‘povna lo riporta in traduzione):
E quando la Luna iniziò a splendere in cielo, l’Usignolo volò dal Cespuglio di rose e gettò il suo petto contro una spina. Tutta la notte cantò con il petto contro la spina e la fredda, pallida Luna si sporse ad ascoltare il suo canto. Tutta la notte cantò, e la spina penetrò sempre più profondamente nel suo petto, e il suo sangue, il suo fluido vitale, fuggì da lui.
Dapprima cantò della nascita dell’Amore nel cuore di un ragazzo e una ragazza. E sul ramo più alto del Cespuglio di rose spuntò un fiore meraviglioso, petalo dopo petalo, man mano che una canzone seguiva l’altra. Era pallido, all’inizio, come la bruma che cala sulla riva del fiume nel primo mattino, e colore dell’argento, come le ali dell’aurora. Come l’ombra di una rosa in uno specchio d’argento, come l’ombra di una rosa in uno stagno, così si colorò il fiore che cresceva sul ramo più alto del Cespuglio.
Ma il Cespuglio disse all’Usignolo di premere più forte contro la spina che gli trafiggeva il petto. “Premi più forte, piccolo Usignolo! – incitò il Cespuglio. – O il Giorno si alzerà prima che la Rosa sia spuntata”.
Così l’usignolo premette più forte e sempre più alta salì la sua canzone mentre cantava della nascita della passione nell’animo di un uomo e una donna.
E un delicato flusso di colore tinse i petali del fiore, simile al rossore che coglie il volto del fidanzato mentre bacia la sua promessa. Ma la spina non aveva ancora raggiunto il suo cuore e per questo motivo il centro dei petali rimaneva bianco: solo il sangue del cuore di un Usignolo può arrossare il cuore di una rosa.
E ancora il Cespuglio disse all’Usignolo di premere più forte contro la spina. “Premi più forte, piccolo Usignolo! – incitò il Cespuglio. – O il Giorno si alzerà prima che la Rosa sia spuntata”.
Così l’usignolo premette più forte e la spina trafisse il suo cuore: sentì una fitta dolorosa. Amaro, amaro fu il dolore e la sua canzone salì sempre più forte: cantava dell’Amore che è reso perfetto dalla Morte, dell’Amore che non può morire in una tomba.
E la meravigliosa rosa divenne cremisi, il colore del cielo ad oriente. Cremisi la ghirlanda dei petali e rosso rubino il cuore del fiore.
Ma la voce dell’Usignolo divenne più debole e le sue piccole ali cominciarono a sbattere: un velo gli annebbiò la vista. Sempre più debole saliva la sua canzone e cominciò a sentire qualcosa che gli soffocava la voce in gola.
Quindi cantò un’ultima volta. La Luna bianca l’ascoltò e si dimenticò dell’alba incombente, indugiando in cielo. La rosa rossa l’ascoltò e fu scossa da una specie di estasi, aprendo i suoi petali alla fresca brezza del mattino.
E, ancora una volta, non c’è molto altro da raccontare.
ps. La ‘povna – che in questi giorni sa, fin troppo nel profondo, quanto i pomeriggi con Corto siano consustianziali al suo equilibrio psicofisico – partecipa in questo modo, un po’ irrituale, al Venerdì del libro di Homemademamma. Proponendo, oltre a questo racconto, più in generale, la particolarissima raccolta delle fiabe di Oscar Wilde.