Anna Lombroso per il Simplicissimus
Certo che Facebook è una brutta bestia: anche senza anonimato, fa cadere freni inibitori. Così attempati seduttori cercano di acchiappare pubblicando foto chiomate di vent’anni prima, corpulente matrone si definiscono sensuali e sognatrici, inalberando carni un po’ frollate, gattari e canari sciorinano senza scrupoli infiniti carnet di immaginette dei loro cari, i più temerari affliggono con le loro poesie o i loro ingenui componimenti – che si sa che i social network hanno sostituito le edizioni Rebellato grazie alle quali aspiranti scrittori provavano l’emozione a pagamento della “pubblicazione”.
Si dimentica che l’ingeneroso e implacabile Google non perdona, che restano tracce perenni di calvizie, cellulite, mi piace, invettive, pensierini, improbabili sostegni a candidati e movimenti, e soprattutto indelebili stupidaggini, fiumi di cretinate imbarazzanti che incautamente si pensava vivessero lo spazio di un clic.
Non ne sono immuni nemmeno le new entry della politica, quelle che a forza di cyber-guru, streaming, natività informatica dovrebbero essere più smaliziate.
Invece ecco che una cittadina deputata del movimento 5stelle fa una rivelazione epocale: le sirene esistono, c’è una documentazione che lo prova, l’hanno accertato autorevoli ricercatori. E per non lasciare dubbi condivide il link a un documentario, commentando: “Prove schiaccianti! Sei scienziati che stavano facendo studi l’hanno vista”, concludendo così: “Pensiamo di essere gli unici nell’universo, ma non siamo nemmeno unici sulla terra forse abbiamo paura di questo?”.
E a chi la esorta a tornare in sé, a cambiare spacciatore, risponde che bisogna guardarsi dalla scienza perché ci impedisce di sognare. Accidenti, la scienza impedisce di sognare, l’esercizio di funzioni istituzionali impedisce di essere umani, le condanne impediscono di diventare premier, la vita di chi sta in politica è proprio difficile e risulta incomprensibile che chi ci entra poi non ne voglia fuggire per ritrovare il gusto della libertà di proiettarsi visioni, credere ai maghi di Vanna Marchi, aderire a associazioni di ufologi, avere licenza di dispiegare compassione e pietas incondizionate, occuparsi a pieno tempo di nipotini e nipotine, più o meno celebri.
Per carità, la deputata Tatiana Basilio, nutrita a Andersen, fratelli Grimm, più che Stuart Mill, Weber e Habermas, attratta da Disneyland più che dalle aule sorde e grigie delle istituzione, al canto delle sirene e alla baggianate fatate deve essere abituata se ha creduto alle profezie di Casaleggio e alle stregonerie di Grillo. E non è certo l’unica in Parlamento a rivelare un’indole alla credulità, una inclinazione alla dabbenaggine più stolta se centinaia di colleghi hanno creduto che qualcuno potesse credere che Ruby era la nipote di Mubarak, se gli stessi hanno creduto che qualcuno abbia creduto che fosse maggiorenne, se in tanti si sono bevuti che lo sfruttamento della prostituzione fosse una inedita attività umanitaria, così come in molti sono persuasi che abbiano la stessa origine e motivazione abusi di potere, prepotenze inammissibili, esercizi di infame discriminazione, personalismi efferati.
Ma si vogliamo credere che la riccioluta parlamentare sia una creatura candida, che la sua sia una romantica esibizione di ingenuità. A molti forse piacerà tanta fresca autenticità infantile. Magari agli stessi cui hanno addolcito il cuore le lacrime della Fornero, il cagnetto di Monti, le carezze a Dudù, le telefonate della Cancellieri.
Io invece sono bastarda dentro, mi sono convinta che non esiste strada virtuosa che conduca al potere, che chi vi accede ben che vada venga contagiato dall’istinto a prenderci per i fondelli, chi con burbanzosa arroganza, chi esibendo buoni sentimenti, chi attribuendo a una perversa pedagogia le punizioni morali e economiche che ci infligge, chi cercando di persuaderci che la cancellazione di diritti e sovranità sia originata dalla volontà paterna di levarci pensieri, responsabilità, oneri, che tanto ci pensano loro al nostro bene.
E per essere più convincenti ogni tanto ci rivelano risvolti umani della loro raggelante frigidità e del loro tracotante interesse privato: debolezze domestiche, tenere morbidezze, vizietti veniali che dovrebbero dimostrare che sono come noi, vulnerabili dal sentimento, dalla poesia, dalla bellezza, dall’amore, insomma da quell’insieme di beni che stanno invece impoverendo, oltraggiando, riducendo in miseria. pensando che diventino perdonabili per via della loro umana fragilità, infamie, incompetenze, abusi, furti, carognate.
Altro che canti e note incantatrici, qui ben altre sirene ci vorrebbero, quelle del cellulare per metterli al meritato gabbio.