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NEL MALAWI, UNO DEI PAESI PIù POVERI DELL’AFRICA, SI CERCA DI FAR ENTRARE LA CULTURA DEL CONDOM. UN PROGRAMMA FINANZIATO DALL’ITALIA CI STA PROVANDO CON MODERATI SUCCESSI

Creato il 23 dicembre 2010 da Madyur

Nel confine tra Malawi e Mozambico ci sono delle donne che cercano di far sentire gli uomini non lontano da casa. O almeno di non fargli mancare il calore. Sono prostitute e hanno come clienti i tanti camionisti che passano il confine.

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I camionisti sono costretti a trascorrere la notte a Mwanza, nel confine tra i due paesi africani , per via delle lungaggini della dogana. Il Malawi non ha sbocchi al mare : Beira e Maputo , in Mozambico , sono i suoi porti. Tutto l’export del tabacco , di cui è il quinto produttore mondiale e che costituisce la sua unica fonte di valuta , se ne va su giganteschi tir. E i tir ritornano carichi di fertilizzante per le piantagioni. Un giro lungo che può durare per 2 settimane . Due settimane fuori di casa è lungo, l’uomo è uomo.

Judy, Mary, Brigid , Jesse, Esme , Joyce , età variabile dai 23 ai 40 anni , tutte madri , tutte con in mano il cellulare e un rotolo di soldi, molte di loro sieropositive, sono l’élite del piccolo esercito di donne lavoratrici di Mwanza ( arrivano a 200 unità) . Molte soltanto occasionali , senza alcuna consapevolezza delle precauzioni da prendere per evitare il contagio del virus HIV. Ma Molte di loro conoscono a memoria la lezione del preservativo “Niente condom, niente servizio” ripetono insieme. Qualche cliente se ne frega del condom “I peggiori sono i mozambicani , seguiti dagli zimbabwani”.

La Chiesa Romana, salvo ultime notizie, ammette al ricorso del preservativo come salva-vita. Dal Kenya al Camerun al Sudafrica è stato un susseguirsi di reazioni imbarazzate dei portavoce delle Conferenze episcopali. Del resto la Chiesa africana , è da tempo, che non parla con la stessa voce sulla questione. Nel 2005 il cardinale sudafricano Napier dichiarò che l’uso del condom “promuove i comportamenti immorali” senza impedire il diffondersi dell’Aids. Ma nello stesso anno il vescovo keniano Boniface Lele affermò l’opposto “l’uso del preservativo può significare la differenza tra la vita e la morte”.

Una coalizione di associazioni malawiane afferma che l’uso dei preservativi è in aumento , e senza i preservativi il Malawi morirebbe. Nel loro piccolo JUdy, Mary, Brigid, Jesse, Esme, Joyce ne sono consapevoli. E ugualmente consapevoli sono Fatima, Eznat, Violet, Mtisunge e Patricia , che esercitano invece alle porte di Lilongwe, la capitale. Anche loro madri sieropositive e tutte in cura con gli antiretrovirali.

Per adesso in Malawi è più facile individuarne il punto di partenza che quello d’arrivo. E’ un paese piccolo , 14 milioni di abitanti , e povero anche in termini africani , dove 9 su 10 vivono coltivando la terra e oltre la metà deve accontentarsi di un dollaro di reddito al giorno. Vi abbondano di cose tristi : la malaria, la siccità. E l’Aids : oltre 900 mila sieropositivi e un’altissima quantità di sieropositivi , poco sotto un milione. La stima della mortalità a causa da HIV è di 70 mila decessi all’anno.

Eppure il Malawi reagisce. Proprio in questo ambiente catastrofico è stato lanciato cinque anni fa un programma di lotta all’Aids che va ottenendo sorprendenti successi. Il programma è finanziato da italiani ( banche). Il programma si chiama Project Malawi mette al centro della sua azione la lotta contro la trasmissione del virus HIV dalla madre al bambino , durante la gravidanza prima e poi nell’età prenatale. Questo compito è affidato alla Comunità Sant’Egidio.

In Malawi il tasso di trasmissione del virus alla nascita e nel primo anno di vita è crollato.Garantire la salute dei neonati però non basta. Se la madre non è curata a sua volta ; se i giovani non vengono educati ; se gli orfani non vengono messi in grado di sostentarsi; se le vedove e le nonne che quasi sempre li hanno a carico non riescono a guadagnare due soldi.

Con Sant’Egidio , nl progetto sono coinvolti Save The Children , l’ong Cisp, i boy scout e le guide del Malawi, il Dipartimento della Nutrizione del governo, le Associazioni italiane di pediatria e neonatologia. Ogni anno , un assegno di 3 milioni di euro. Project Malawi è entrato nel suo sesto anno e insieme alle sottoscrizioni raccolte nelle banche. Il personale è quasi esclusivamente locale e intorno ad esso ruotano molti volontari , il che consente di arrivare alle capanne del più remoto villaggio. Dando un’elementare educazione sanitaria.


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