:::: Vincenzo Maddaloni :::: 19 dicembre, 2011 ::::
L’ascesa dei partiti islamici terrorizza Israele. E così sulla sponda Sud del mediterraneo sono tornati a volare i droni, i velivoli che non hanno bisogno di pilota perché basta schiacciare da lontano un bottone, e la macchina parte e bombarda scatenando le guerre senza uomini. Sono le unmanned wars (così le chiamano) nelle quali traiettorie e bersagli da colpire sono decisi da cerchie di tecnici e politici che sfuggono ad ogni controllo poiché non hanno le salme dei propri soldati di cui devono dar conto.
Tutto accade perché l’Egitto si è affidato ad Allah. L’altra settimana, quando sono stati diffusi dalla commissione elettorale i primi risultati ufficiali delle elezioni che si concluderanno a gennaio, si è profilata una maggioranza assoluta islamista nel futuro parlamento egiziano. Infatti, i gruppi di ispirazione religiosa hanno stravinto ottenendo più del 65 per cento dei consensi. I Fratelli musulmani, ufficialmente al bando ma semi-tollerati sotto Hosni Mubarak¹ hanno ottenuto il 36,62 per cento, gli integralisti salafiti di Al-Nur il 24,36 per cento, il moderato Al-Wasat il 4,27 per cento. Non è possibile ipotizzare quanti seggi otterrà ciascuna coalizione perché con questo sistema elettorale bisogna attendere tutti i dati nazionali per conoscerne la ripartizione. Tuttavia quel che si può desumere dai risultati finora forniti è che il Partito della Libertà e della Giustizia dei Fratelli musulmani ha ottenuto 3 milioni e 560mila voti sui 9 milioni e 730 milioni di voti validi, mentre ai salafiti di Al-Nur sono andati 2 milioni e 370 mila voti e al partito Wasat 415.590 voti.
I numeri, evidentemente, si devono ancora assestare, ma i rapporti di forza nel più popoloso paese arabo confermano che dopo la cosiddetta “primavera araba” c’è la volontà – in tutto il Nord Africa – di realizzare un nuovo ordine sociale su base religiosa. E’ una spinta che proviene dal basso, e – come sostiene Gilles Kepel² – essa rappresenta il rimedio o meglio ancora l’alternativa ogni qual volta le identità imposte dall’alto non soddisfano. Infatti, se nell’analisi dei fatti nei quali sono coinvolte le religioni si accantonano gli strumenti analitici di impostazione cristiana, si scopre che il fondamentalismo prima di ogni altra cosa difende o afferma i valori della fede, la quale non può essere sepolta sotto frasi d’effetto come “il tribalismo rinato” per spiegare gli eventi degli ultimi tempi. In ogni caso le credenze, islamiche, ebraiche, cristiane, indù, (l’elenco potrebbe continuare), non possono essere svalutate facilmente poiché ciascuna religione non è in una posizione completamente irrazionale dal momento che in ogni caso essa privilegia la ragione. Dopo tutto, la via del dialogo cosmopolita si percorre imparando a conoscere i percorsi storici di ogni singola fede, cercando di coglierne le somiglianze e le differenze.
In Egitto i risultati seppure parziali indicano comunque l’affermarsi di un blocco religioso che con ogni probabilità conquisterà la maggioranza del Parlamento. I numeri, ripeto, si devono ancora assestare, ma il quadro si è già delineato poiché lo schieramento laico e liberale prevede di riuscire a conquistare non più di un quinto dei voti destinati alle liste di partito. Cosicché nel giro di qualche mese, le chiavi della politica egiziana saranno custodite nel pretenzioso palazzotto pseudo barocco, costruito in pochi mesi dai Fratelli musulmani nella periferia di Moqattam e pagato, si dice, con i soldi dell’Arabia Saudita (un miliardo di dollari di finanziamenti). Se poi i Fratelli musulmani per governare dovessero coalizzarsi con i salafiti potrebbero dover accettare l’introduzione di una buona dose di leggi coraniche³. Il che potrebbe voler dire: divieto per le donne, o gli appartenenti alle minoranze religiose, di occupare incarichi dirigenziali, divieto di consumare bevande alcoliche, di diffondere l’arte non islamica e il divieto del turismo balneare. Questo accade perché, come ricorda Lawrence Sudbury⁴, siccome «in tutto il Corano ogni riferimento ad Allah avviene con il pronome di terza persona maschile, risulta chiaramente la qualità evidentemente e prettamente maschilista dell’Islam, che non lascia alcuno spazio ad alcuna forma di femminilizzazione del divino. Almeno apparentemente».
In buona sostanza quella che è stata definita la “primavera araba” è tra i fenomeni più interessanti e disarmanti del mondo del dopo-muro diventato globalizzato. Essa ha conquistato – continuando a mantenerla – la ribalta sebbene molti autorevoli osservatori culturali occidentali sentenziassero che la religione non avrebbe più giuocato un ruolo importante negli avvenimenti del mondo. Nemmeno l’Iran che ha dato l’ avvio al fondamentalismo religioso era stato tenuto in considerazione, poiché s’è continuato per molti anni a considerare quella vicenda come un fenomeno isolato, proprio della componente rivoluzionaria della quale la religiosità sciita si vanta. Sono valutazioni oggi smentite dagli avvenimenti che delineano la prospettiva di grandi masse governate dall’autorità dei testi sacri. Questo sgomenta in Occidente e altrove. Ne è un esempio recente l’ennesima barriera che Israele sta costruendo lungo i suoi confini. Non a caso il progetto riguarda la frontiera egiziana, che dopo la rivoluzione che ha deposto Hosni Mubarak per le autorità israeliane è diventata potenzialmente molto pericolosa. Esso prevede una barriera alta poco meno di 5 metri e lunga 225 chilometri, tanto misura appunto il confine con l’Egitto da Rafah a Ein Netafim. I lavori proseguono come sono iniziati e cioè con ritmi forsennati. Entro il prossimo gennaio la recinzione (sormontata da filo spinato, torri di controllo alte 30 metri, telecamere di sicurezza e allarmi laser) avrà coperto i primi cento chilometri. Si dovrebbe completare nell’ottobre 2012.
Secondo l’analisi del Washington Post⁵, la barriera sarebbe un’ulteriore conferma dell’isolamento (sempre più imbarazzante per il governo americano) di Israele in Medio Oriente. Eppure, le affinità culturali e spirituali tra le genti di quella sponda del Mediterraneo ci sarebbero poiché come spiega Lawrence Sudbury, «il Giudaismo è con l’Islam la religione più rigidamente monoteistica: il “tawheed” (la concezione dell’unicità di Dio) è così fondamentale che la prima frase della “Shahadada”, la dichiarazione di fede che costituisce il primo pilastro dell’Islam, proclama, in modo non dissimile dal “Sh’ma Yisrael” ebraico, il più inequivocabile credo monoteistico (“Ash-hadu an laa ilaaha illallah”, letteralmente “io testimonio che non vi è alcun Dio all’infuori di Allah”)». Naturalmente queste sono citazioni che gli studiosi si scambiano e sono perciò elitarie. Dopo tutto gli aspetti religiosi vanno sempre verificati nei luoghi dove la gente vive e lotta per sopravvivere. Pertanto – per rimanere in tema – Mohamed Morsy, il presidente del Partito della Libertà e della Giustizia dei Fratelli musulmani, per tutelarsi i consensi dovrà recuperare anche quei militanti che scrivono su Facebook o urlano dai marciapiede che le «donne non possono essere parlamentari perché la carica sarebbe troppo pesante per loro». E che così facendo rischiano di compromettere quell’immagine di Islam moderato che il Partito propaganda per non allarmare l’Occidente.
D’ altro canto pure la tradizione cattolica è costretta a inseguire la gente che si muove ansiosa e disorientata – tra mondi tecnologici avanzati e fenomeni come «guarigioni, visioni celestiali, interventi provvidenziali» – alla ricerca di nuove conferme poiché la modernità ha spostato l’attenzione dal passato al presente, o per essere più precisi: il passato è stato messo da parte per dar maggior risalto al tempo reale. Che comunque si dipana sia con modelli di comportamento orientati dal consumismo e dal piacere, sia con modelli di controllo che tengono a freno determinati impulsi o ne sollecitano degli altri. Accade in tutte le comunità con una cultura a prevalenza religiosa in ogni angolo di mondo. Pure questo è un fenomeno nuovo legato alla globalizzazione. Soprattutto in quei luoghi dove a far da fondale sono gli spostamenti di masse di lavoratori che emigrano e di flussi di rifugiati. Costoro rappresentano l’Altro, l’estraneo, l’emarginato sul quale l’attenzione dei religiosi si appunta poiché più di ogni altro essere umano è come la “ruota dentro la ruota” di Ezechiele, cioè uno strumento di diffusione di un insieme di valori culturali che il mercato, il consumismo inevitabilmente vorrebbe cancellati.
Malauguratamente il mondo dei media si è trovato del tutto impreparato a spiegare il rapporto vero tra modernità e nuova religiosità, tra i sacri testi e il capitalismo informatico. Va pure aggiunto che esso non ha fatto nulla o quasi nulla per aggiornarsi. Tutto è improntato alla superficialità. Infatti, quasi sempre i panorami mediatici sulle religiosità si soffermano sugli aspetti più folclorici, più truculenti, più sensazionali offrendo immagini deformate che si ripercuotono su scala globale. Un esempio tra i tanti è la frase di Manuele II Paleologo: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava» che Papa Ratzinger⁶ ebbe (http://www.controapologetica.info/testi.php?sottotitolo=La gaffe di Ratisbona#) l’infelice idea di citare a Ratisbona, e che rilanciata in maniera esponenziale dai media ancora oggi – cinque anni dopo – scatena violente reazioni nel mondo islamico ogni volta che le circostanze ne stimolano il ricordo. Oppure come è accaduto di recente ha offerto il pretesto al presidente iraniano Ahmadinejad di ricordare come, malgrado i valori cristiani contengano un ripudio della violenza, «tutte le guerre del XX secolo sono state provocate da nazioni europee e dagli Stati Uniti».
A far da sfondo nello scenario del mondo globalizzato c’è il capitalismo consumistico determinato con tutti i mezzi delle tecnologie della comunicazione ad imporre gli stili di vita consumistici. E’ una cultura che viaggia su spazi incommensurabili dove ha conquistato posizioni prioritarie. Siccome essa mira soltanto al trionfo del profitto, essa non incoraggia la conoscenza della fede, della spiritualità, dei valori culturali. Anzi si adopera per offrirne un’immagine stemperata e distorta nel tentativo non ultimo di far implodere il tempo in un presente perenne, il quale possiede la pericolosa capacità di attenuare la memoria e di svuotare la speranza di significati. Insomma, il mondo dell’istante e dell’immediato è allo stesso tempo il mondo del consumo il quale per principio investe sul futuro.
Stando così le cose, ogni giorno di più sembra di vivere nella commedia dell’assurdo come lo è l’impiego del drone, al quale Obama ricorre assai più sistematicamente di Bush. Infatti l’altro giorno uno di quei velivoli ha sorvolato Iran che l’ha abbattuto. Naturalmente altri velivoli senza pilota volano anche in Afghanistan, hanno volato in Libia e continuano a volare su paesi come la Siria, lo Yemen. Siccome i droni sono gestiti dalla Cia ai cittadini è pressoché impossibile bloccare i governi che impartiscono quegli ordini di morte. Va pure detto che le nuove regole imposte dal mercato del consumo si impongono più rapidamente e con più efficacia eludendo la legge internazionale, sottraendole ai controlli democratici, alimentando i conflitti.Lo scandalo è che nessuna discussione seria è iniziata, tra europei e americani, sul futuro in cui siamo entrati e che la “primavera araba” per molti versi suggella. Eppure ce ne sarebbero di cose da ripensare.
* Vincenzo Maddaloni è giornalista e saggista
¹ http://www.vincenzomaddaloni.it/?p=1082
² http://it.wikipedia.org/wiki/Gilles_Kepel
³ http://www.reuters.com/article/2011/12/02/us-egypt-election-idUSTRE7AR08V20111202
⁴ http://www.lawrence.altervista.org/
⁶ http://www.controapologetica.info/testi.php?sottotitolo=La gaffe di Ratisbona#