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Nel Pd si litiga per i posti in lista. Nel M5S pure. IL Pdl arranca. Monti fa i conti e la Lega affoga nell’ennesimo scandalo: sotto accusa tutto il gruppo al Senato.

Creato il 06 gennaio 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Nel Pd si litiga per i posti in lista. Nel M5S pure. IL Pdl arranca. Monti fa i conti e la Lega affoga nell’ennesimo scandalo: sotto accusa tutto il gruppo al Senato.Partiamo dalla fine. Certo che l’aria di Roma deve aver fatto malissimo ai viking padani. Se la definizione “ladrona”, è stata per anni la tag della politica bossiana, qualche ragione doveva pur esserci. Ma più che l’aria di Roma, a nuocere deve essere il clima che si respira a Palazzo Montecitorio e a PalazzoMadama che obnubila le menti e riempie le tasche. L’ultimo scandalo che sta investendo in queste ore gli adoratori di Odino, è quello relativo ai fondi del gruppo senatoriale. Dal novembre scorso, Manuela Maria Privitera, segretaria del tesoriere Piergiorgio Stiffoni, sta fornendo ai pm romani le prove della gestione allegra del gruppo leghista a Palazzo Madama. “Prove”, significano pezze d’appoggio, ricevute, bonifici, carte e documenti che testimoniano come lo stesso gruppo si faceva carico di pagare affitti e spesucce varie ai componenti di maggior spicco. In testa il capogruppo Bricolo, a seguire i suoi fedelissimi Mazzotta e Bodega, ultimo della lista il teorico della parola “stronzo”, Roberto Calderoli al quale, la signora Privitera, consegnava ogni mese 2000 euro in contanti, però, dietro regolare ricevuta. Cosa ci facesse con 2000 euro il senatore Calderoli (pure ministro), non si sa, quello che è certo è che bastava la sua firma su una ricevuta per intascarli e amen. Di sciupii, la magistratura romana ne sta scoprendo a vagonate. Il risultato è che i cappi e i cartelli inneggianti alla legalità, all’onestà e alla probità, che per anni sono apparsi in tutte le aule della Repubblica, oggi appaiono una solenne presa per il culo mediatica, visto che venivano puntualmente pubblicati sui giornali di tutto il mondo libero e perfino di qualche pianeta vicino. A questo punto crediamo che a Maroni non resti che accettare la proposta di matrimonio di Silvio, fra simili ci si intende solitamente alla grande e, dove non può la condivisione ideale, arriva la furfanteria.
Nel Pd si litiga alla grande per entrare in lista, altro che far parte dei finalisti del Festival di Sanremo! I protagonisti della politica pidina nazionale e periferica, non demordono, anzi, s’incazzano e denunciano estromissioni forzate volute dal komintern, ad esempio i montiani e i renziani. Come dire: i nodi stanno venendo al pettine. Il problema è che, primarie o non primarie, Bersani ha dalla sua un listino talmente vasto che era ovvio che, nelle province, venissero paracadutati personaggi designati dalla segreteria nazionale. D’altronde, da che politica è politica, in Italia i siciliani hanno sempre dovuto votare per un paio di romani, così come i lombardi, i veneti, i molisani, i marchigiani, qualche abruzzese e perfino i sudtirolesi. È vero, questa volta si pensava che almeno il Pd rinunciasse alla consuetudine, ma un po’ per ragioni di fedeltà, un po’ perché anche se i privilegi non sono così sfacciati come quelli di qualche mese fa, ci sono sempre, vale la regola che è meglio fare politica che andare a lavorare, magari in un altoforno, magari in una catena di montaggio, magari all’azienda municipalizzata monnezza e affini. E poi ci sono tanti parenti e amici da sistemare, come si fa a mollare tutto? Noi viviamo in un posto in cui il Pd sembra una confraternita. Difficilissimo entrarci, quasi impossibile. Però, una volta dentro, ci si sente un po’ padroni del piccolo mondo antico locale, posti di lavoro a gogò e anche se uno non sa fare una mazza, lo mettono a gestire spazi nei quali non può far danni, quello che conta è lo stipendio a fine mese. Sarà perché la disciplina del “nostro” Pd è molto simile a quella del vecchio Pci, nessuno viene lasciato col sedere per terra, tutti vengono riciclati e, perfino quando arrivano all’età della pensione, una collaborazione da 500/600 euro al mese, gliela trovano. Perché occorre ricordare che un under diciotto non vota, un ultrasettantenne sì. Nel M5S le cose non vanno meglio. Anche se il movimento di Grillo non ha ancora l’anzianità di servizio dei pidini (o dei democristiani di lungo corso), si litiga lo stesso, si litiga alla grande, nonostante i profeti, i maghi del web, le casalinghe disperate, i disoccupati cronici e nonostante il Beppe nazionale abbia dichiarato che un onorevole del suo Movimento non prenderà più di 2000 euro al mese. E vi sembrano pochi? Mario Monti è alle prese con le sue liste. Non ci sta dormendo la notte. Lui, che si presenta come il “principe dei riformatori”, sta correndo il rischio di presentare la sua newage con Fini, Casini, Buttiglione, Cesa, Frattini e con i peggiori, vetusti attrezzi parlamentari, combattenti e reduci, della Prima Repubblica. E noi dovremmo andare a votarli? Sì, ‘ndo culo.

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