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Nel Salento leccese il tavolo tecnico ha prodotto due progetti sull’olivicoltura

Da Antoniobruno5
Nel Salento leccese il tavolo tecnico ha prodotto due progetti sull’olivicoltura
di Antonio Bruno
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Produttori, istituzioni e organizzazioni di categoria a confronto a Lecce sulla crisi che attanaglia il settore olivicolo, obiettivo, elaborare progetti concreti per conquistare maggior peso sul mercato. Le crisi ricorrenti del mercato dell’olio di oliva e la necessità di incrementare la competitività rispetto agli altri Paesi del Mediterraneo stanno imponendo una forte riconversione produttiva degli oliveti, con la creazione di impianti moderni e sistemi di allevamento ad elevata efficienza, anche in termini di aumenti di resa, di riduzione dei costi e di qualità.
D’altronde, sta emergendo in parallelo e in maniera pressante l’assoluta necessità di mantenere gran parte degli impianti tradizionali, per il loro elevato valore paesaggistico.
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Bisogna elaborare un progetto immediatamente cantierabile per l’olivicoltura
Ieri a Lecce l’Assessore le Risorse Agroalimentari della Regione Puglia Dario Stefàno rappresentato dal Direttore Area Politiche per lo Sviluppo Rurale Giuseppe Ferro, i Saperi della Facoltà di Agraria dell’Università di Bari, e i Consorzi di Bonifica “Ugento e Li Foggi” e Arneo insieme con gli stakeholders cioè i soggetti sostenitori nei confronti dell'iniziativa del tavolo tecnico sull'olivicoltura, hanno affrontato i problemi del settore unitamente a quelli della trasformazione delle olive in olio, arrivando alla conclusione che è necessaria ed urgente l'elaborazione di un progetto immediatamente cantierabile per il rilancio dell’olivicoltura pugliese.
L’olivicoltura da olio in Puglia
In Puglia l’olivicoltura da olio ha un ruolo di grande rilievo nel panorama agricolo regionale. I numeri parlano chiaro infatti occupa, con circa 370mila ettari il 25% dell’intera Superficie Agricola utilizzata della Regione Puglia. La Puglia ha scelto di produrre olio extravergine d'oliva, ma le caratteristiche strutturali degli oliveti della Regione sono la causa della produzione dell’olio lampante.
L’olivicoltura nel Salento leccese
Nel Salento leccese la superficie di oliveti è di circa 86mila ettari che rappresenta quasi il 60% della superficie agraria utilizzata della Provincia di Lecce con 9 milioni di piante. C’è una densità di circa 100 piante ad ettaro. Le aziende olivicole sono circa 68mila che rappresentano il 76% delle aziende agricole della provincia. In media si producono 42 quintali di olive per ettaro da cui si ricavano mediamente 7 quintali di olio. Mentre un albero di olivo del salento leccese produce mediamente 40 chili di olive che danno circa 7 chili di olio.
Cos’è l’olio lampante
Tutti sappiamo, o crediamo di sapere, cos’è l’olio extra vergine e vergine di oliva, ma l’olio lampante cos’è?
L’olio lampante, così chiamato poiché in passato veniva utilizzato per alimentare le lampade ad olio, contiene ugualmente molte componenti naturali necessarie all’alimentazione dell’uomo; proprio per questo è necessario procedere alla sua raffinazione al fine di abbassarne l’acidità e di eliminare i componenti aromatici sgradevoli senza alterarne la struttura chimico-cromatologica.
Sottoposto agli adeguati trattamenti industriali sopra citati l’olio lampante diventa Olio di Oliva Raffinato.
Una volta raffinato, l’olio di oliva deve essere miscelato con olio extra-vergine che gli conferisca sapore e colore. La legge non stabilisce la percentuale minima di olio vergine o extra da unire al raffinato; normalmente si considera un 5-8% con punte del 30% al fine di rendere più gradito l’olio risultante che viene denominato Olio di Oliva.
La discussione del 28 febbraio 2011
Si è giunti alla conclusione che occorre sostenere l’olivicoltura attraverso i mercati degli agricoltori o le iniziative di promozione come Tipicità. Un grande importanza è stata attribuita all’informazione dei consumatori su cosa sia l’olio extra vergine di oliva per impedire truffe e concorrenza sleale, e aiutarli a riconoscere il vero prodotto tipico di Puglia.
C’è necessità di un olio extra vergine di oliva di alta qualità
Uno dei due progetti che come ha più volte ribadito il Direttore Area Politiche per lo Sviluppo Rurale Giuseppe Ferro, deve essere immediatamente cantierabile, ha il compito di proporre sul mercato un extra vergine di oliva pugliese di alta qualità che rispetti specifiche procedure di rintracciabilità, produzione e trasformazione e riconoscibile tramite un marchio affiancato dal marchio di tracciabilità voluto dall’Assessorato alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia Dario Stefàno denominato Prodotti Tipici di Puglia. Oltre a questo prodotto che avrà la possibilità di affermarsi sul mercato internazionale, l’olivicoltore che lo desideri deve avere l’opportunità di imbottigliare l’olio anche con un suo marchio.
Un nuovo modello distributivo dell’olio pugliese
La coltivazione dell'olivo ha un'importante valenza ambientale è può recitare un ruolo importante nell'agricoltura del futuro che dovrà però puntare su un nuovo modello distributivo. La consapevolezza che la maggioranza degli abitanti della Regione Puglia preferisce acquistare cibi prodotti sul territorio regionale deve incentivare iniziative di promozione dei prodotti del territorio.
Valorizzazione energetica dell’olio lampante
Da più parti si è invocato un progetto per l’ottenimento di energia dall’olio lampante. Da un punto di vista qualitativo, la maggior parte dell’olio d’oliva che entra in Europa appartiene alle categorie “lampante” sono più di 60mila tonnellate e “vergine” con più di 44mila tonnellate. Le rimanenti 12.028 tonnellate sono invece classificate come olio “raffinato”. Per quanto concerne l’olio di sansa, per circa il 78% è costituito da olio greggio e per la restante quota di olio di sansa raffinato. Paradossalmente per impedire una “concorrenza sleale” all’olio extra vergine secondo molti intervenuti deve essere tolto dal mercato l’olio lampante attraverso la valorizzazione energetica
L’olivicoltura del Salento si è affermata per la valorizzazione energetica dell’olio lampante
L'olio d’oliva del Salento leccese è stato quasi esclusivamente presente nella qualità cosiddetta lampante e veniva impiegato essenzialmente come combustibile per le lampade da illuminazione, sia per uso domestico che devozionale, sia per consumo interno che per esportazione ed aveva anche larghi impieghi medicinali ed industriali, specialmente nella fabbricazione dei saponi. E proprio le industrie saponiere di Marsiglia e di Genova furono, nel corso dell'Età Moderna, i principali clienti della produzione del Salento leccese e di quelli di Brindisi e Taranto, senza contare tutte le grandi metropoli europee come Londra e Parigi, che, per i loro lumi cittadini, erano ben soliti rifornirsi proprio in Salento. L'intrinseco ruolo mercantile dell'olio, ispirò la vocazione commerciale del porto di Gallipoli, tanto che l'olio lampante fu detto in breve tempo “l'oro di Puglia”, divenendo addirittura la principale garanzia per la restituzione delle anticipazioni di denaro. Si può dire a buon diritto che l’olio rivestì nel ‘700 un importantissimo ruolo nelle intermediazioni finanziarie.
Un ultimo aspetto riguarda la produzione di legna da ardere ricavata dalla periodica potatura degli alberi di olivo, nonché di bucce di olive (Buttiglieri e Nicoletti, 1995), e che garantì, nonostante la progressiva contrazione del primitivo manto forestale, il regolare rifornimento di combustibile per la città.
Le conclusioni del tavolo tecnico del 28 febbraio 2011
Siccome tutte le organizzazioni agricole sono giunte alla conclusione che vi è la necessità di elaborare progetti di valorizzazione cantierabili, sia per il lampante, che per l’olio di qualità l’assessore provinciale al Marketing Territoriale Pacella, di concerto con i Consorzi di Bonifica “Ugento e Li Foggi” e “Arneo”, convocherà a stretto giro intorno a un tavolo di lavoro sia per un progetto sull’olio lampante affrontando le ipotesi emerse della valorizzazione energetica oppure sulla sua utilizzazione da parte dell’industria conserviera, che per un progetto sull’olio extra vergine e vergine, magari con un marchio unico per avere maggior peso sul mercato, eliminando così la frammentazione di frantoi e cooperative, creando invece grandi consorzi.

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