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Nelle mani di Dio (i Corsivi), di Gianni Biondillo

Creato il 09 settembre 2013 da Funicelli
E' uscito solo in formato ebook e sul Corriere della sera, tra i corsivi, questo racconto breve dove si parla della Milano multietnica, dei bianchi e dei nei, dei buoni e dei cattivi, dei pregiudizi e della difficile integrazione. Ed è un racconto che prende spunto da un romanzo di Scerbanenco, che nasce per caso: “mai accettare passaggi da colleghi fuori orario di ufficio”, direbbe l'ispettore Michele Ferraro che una sera, con l'auto in panne, si ritrova a tornare a piedi verso via Padova con le cuffie in testa ad ascoltare la musica di quando era giovane.
Il passaggio in macchina, quello che non si dovrebbe mai accettare eccetera eccetera .. glielo offre un collega del commissariato Garibaldi-Venezia. Mentre sono sulla via di casa, arriva una chiamata: un cadavere scoperto in una scuola in via Porpora. Nella Milano multietnica, quella dove ogni minimo episodio viene strumentalizzato da una certa politica. Dove girando per strada incroci arabi, sudamericani, cinesi e italiani.
Ferraro guardò il cadavere sul pavimento. Una donna, non più di quarant'anni. Le prime rughe sul volto, i primi chili di troppo, quelli di chi ha finalmente smesso di combattere con la bilancia. Un'insegnante elementare”.
La maestra Loretta è stata uccisa a pugni e calci, dentro un complesso scolastico, ma nessuno ha visto niente. Era la giornata di incontro coi genitori, la scuola era rimasta aperta e le bidelle giurano di non aver visto nessuno. Nessuno, nemmeno in strada, se non delle brutte facce. Qualcuno aveva visto aggirarsi due persone, di colore, una con una cicatrice sotto l'occhio. Extracomunitari, ovviamente, chi potrebbe commettere una violenza del genere, in una scuola? Vorrebbe tanto andarsene a casa, in fondo, cosa può fare lui per quel caso, non è nemmeno nella sua zona? Eppure, viene tirato dentro le indagini dal pm che segue il caso, La dottoressa Di Mauro:
La donna sorrise. A Ferraro brontolò lo stomaco. «Questa scuola è in una zona che sta al confine, Ferraro.» La piemme allungò una mano verso la finestra. «Di qua c'è Città Studi. Quartiere borghese e bianco.» Abbassò il braccio per alzare l'altro, dalla parte opposta. «E di qua c'è via Padova. Quartiere popolare e multietnico.» Abbassò la mano. «Secondo lei dove devo cercarli due ladri di polli?»
Ferraro inizia la sua indagine, seppur controvoglia. Va a trovare i genitori che quel giorno erano ai colloqui. Ma come cercare due nordafricani in quel quartiere? Nel centro islamico. Che sta dentro un capannone, perché Milano, diversamente da altre città europee, non ha una vera e propria moschea. A Tayed, il responsabile del centro, Ferraro chiede dell'omicidio: non per il pregiudizio per cui se c'è un omicidio, sono stati gli islamici. Ma per una questione molto pragmatica, in fondo Ferraro il suo mestiere di sbirro, lo sa fare: «Ascolti, Tayeb. Quando devo cercare qualcuno, la prima cosa che faccio è andare dal parroco sottocasa. Mica perché penso che sia colpevole, o connivente, ma perché lui può sapere cose che nessun poliziotto saprà mai.»
Tayed si deve fidare di Ferraro. Fidarsi di un rappresentante delle istituzioni, di quelle stesse istituzioni di cui fanno parte quei partiti e quelle persone che fanno picchetti e cortei contro gli immigrati. Le istituzioni delle ronde, dei vagoni del metrò riservati agli italiani. Del reato di clandestinità. Delle impronte ai bimbi rom, ghettizzati in campi da sgomberare e spostare da una parte all'altra della città per fare campagna elettorale.
Di queste istituzioni ci si può fidare, sperando in una giustizia che non si faccia influenzare dai pregiudizi?
«Me lo auguro di cuore. Siamo nelle mani della scientifica.»
«Altrimenti?»
Altrimenti siamo nelle mani di Dio. Inshallah.
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