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Nero su bianco. No, non si riferisce al volto dalla carnagione scura di Giuda, che si staglia sulla barba bianca di Pietro, alla destra di Gesù.Nero su bianco è più una necessità: quella di scrivere concetti, per fissarli dal flusso di pensieri che ogni giorno ci attraversa, sulla carta (seppur metaforica). Ancorarli da qualche parte per non perderla tra le onde della vita di tutti i giorni che, una dopo l'altra, cancellano i ricordi. Uno dopo l'altro.
Sono andato a vedere "L'ultima Cena" di Leonardo a Santa Maria delle Grazie, sabato mattina. Mi sembra che l'intervallo trascorso dalla pubblicazione del libercolo di Dan Brown ad oggi sia sufficiente a non farmi ascrivere nel novero dei turisti da best-seller!Comunque uno spettacolo supremo e suggestivo, anche per la splendida cornice (il refettorio dove è ospitato) e la cornice della cornice (la basilica di Santa Maria delle Grazie e il suo chiostro).Il tutto scandito dalle parole un po' lascive ma competenti di una guida scroccata origliando ad un qualche uomo d'affari milanese che, a giudicare dall'arguzia di qualche sua uscita (la più gettonata "ah, davvero? Questo è molto interessante"), la stava pagando solo per portarsela a letto.Nero su bianco, dicevo, per punti:
- L'affresco, in realtà, non è un affresco, ma un dipinto ad olio su un muro. Motivo per cui, nei secoli, è sempre stato soggetto a un progressivo ed inevitabile deterioramento.
- Deterioramento che sembra sia stato accelerato dall'utilizzo della sala dove come refettorio. Gesù e i suoi compari, insomma, sono stati esposti per decenni ai profumi (e all'umidità) di chissà quante succulente pietanze nella mensa dei frati. Una delle cene più lunghe della storia! E noi che ci lamentiamo quando ci invitano ad un matrimonio!
- Già che siamo entrati nel tema "religiosi che rovinano l'arte", è impossibile non notare come i frati, per far comunicare il refettorio con la cucina adiacente, abbiano ritagliato una porta tutt'altro che minuscola al centro del muro dove si trova il dipinto, amputando totalmente i piedi di nostro signore che, si spera, non se l'è presa!
- Leonardo, tra i primi, decide di non dipingere il momento che tutti si ricordano dalle messe d'infanzia ("prese il pane e rese grazie"... etc etc), ma un momento un po' più particolare, che un osservatore della natura umana come lui non poteva certo lasciarsi scappare: il fatidico "In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà (da Google, ma credo che la citazione originale sia un'altra!".
- Il linguaggio del corpo degli apostoli, che sono suddivisi a terzetti (omaggio alla trinità) è da questo punto di vista emblematico. Con le mani, i gesti, le espressioni del volto pur rovinate dal tempo, disegnano stupore e sgomento. All'estremità destra, per esempio, Giuda (quello buono!) e Matteo chiedono spiegazioni a Simone (col cavolo che a sto quadro manca la parola!), il quale allarga le mani, ignorante.
- Tutti basiti tranne lui, Giuda, che è rappresentato come nella tradizione, in modo da essere facilmente riconoscibile. Innanzitutto nero. Poi spalmato sul tavolo come dopo una sbornia alla rimpatriata delle medie (in altre ultime cene appare addirittura dall'altra parte del tavolo, come il convitato ubriaco che comincia a ballare per provarci con la sposa). Non è stupito, ovviamente, perchè sa!
- Il dipinto è molto rovinato, lo si vede un po' dappertutto. Un massiccio restauro di qualche tempo fa aveva in parte ridisegnato il tutto, rendendo la situazione un po' meno autentica (a sto punto vai a dipingere le metro se ti piacciono i colori vivaci). Recenti restauri hanno rimosso questa storpiatura restituendo all'opera la luce e i colori originali, seppur rovinati. Basta guardare il profilo di Giuda, appena accennato e la toga verde di Giacomo, sulla destra.
- Il dipinto si colloca su un'intera parete del refettorio e va apprezzato da una certa distanza per capire l'effetto voluto da Leonardo di continuità della stanza anche oltre le spalle dei convitati. Lo si vede dalla prospettiva dei muri laterali, tappezzati di arazzi i cui soggetti non si intuiscono più, e del soffitto a cassettoni.
- Leonardo soleva stare per interi giorni di fronte al dipinto, a volte senza fermarsi a mangiare e dormire. Ore lunghissime con in mano il pennello, o anche solo contemplandolo dall'alto dell'impalcatura. In queste ore, forse per svagarsi o per vincere la noia, si era dedicato a dipingere dei dettagli aggiuntivi come volti o intere persone nell'affresco (questo si!) della parete a fronte, opera di un suo contemporaneo. Se questo si sia incazzato non è dato saperlo!
- In questo dipinto la luce arriva dalle spalle dei personaggi, dove si aprono due finestre e una porta. Ma i soggetti non sono in ombra, la luce sembra in realtà provenire da qualche parte sulla sinistra, come se ci fosse un'altra finestra, che però non è dipinta. Errore del maestro? Giammai! La finestra, anzi, le finestre, ci sono. Basta voltare la testa di 90 gradi a sinistra per vederle: sono quelle vere del refettorio!
- Infine omaggio a Milano. Molti lo sapranno, ma per trarre ispirazione per i lineamenti dell'opera, Leonardo era solito camminare per ore per la città scrutandone i mille volti. Oltre a chiedersi che cosa dipingerebbe adesso: chissà che, in qualcuno degli apostoli, non vi sia qualche nostro antenato!
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