Troppe donne (titolo originale Too Many Women) non è un titolo a caso, infatti anche nella traduzione, che spesso crea alternative ingegnose ai titoli originali per adattarli al pubblico nostrano, ci si è attenuti ad una traduzione letterale.. ci sono centinaia di donne, segretarie per lo più che lavorano alla Naylor Kerr e il signor Moore, dipendente della società, morto “accidentalmente” investito da un’automobile, ne conosceva (intimamente) parecchie..
Immaginate il povero Goodwin circondato da così tante possibili distrazioni e soprattutto immaginate Wolfe, misantropo e soprattutto misogino, a districarsi in un caso che la polizia ha etichiettato come incidente.
A richiedere l’intevento di Nero Wolfe è il sig. Pine, presidente della società, che si ritrova a fare i conti con la parola “assassinato” sulla scheda relativa a Moore. Kerr Naylor, figlio dei proprietario della società, che proprio alla società deve il suo nome, nonchè cognato del presidente della medesima, afferma non solo di essere sicuro dell’omicidio, ma persino di conoscere l’identità dell’omicida.. Archie Goodwin, in qualità di braccio destro, braccio sinistro e coppia di gambe dei pachidermico investigatore, viene mandato a investigare sotto copertura (nei panni del sig. Truett, esperto del personale) alla Naylor Kerr e tra un incontro femminile e l’altro, interrogando il personale, viene a conoscenza della relazione che lega Moore alla moglie del presidente della società..
In tutto ciò, come è lecito aspettarsi, avviene un secondo omicidio e mentre il tempo passa, Cramer bofonchia indispettito temendo di essere, come al solito, tenuto all’oscuro di particolari fondamentali all’andagine, Goodwin cerca di convincere il suo “signore e padrone” a lavorare e gli agenti di supporto di Wolfe (Panzer, Chater e soci) pedinano inutilmente una coppia di abili (ma cretini, parola di Wolfe) mentitori.. Il più geniale settimo di tonnellata della storia dichiara umilmente (come se l’umiltà per un personaggio come lui fosse possibile) di temere di trovarsi di fronte un avversario più astuto di lui..
Non credeteci, non è possibile battere Wolfe, non sul suo terreno.. Arriverà brillantemente a capo della questione ed essendosi sudato il suo generoso onorario, potrà restare senza far nulla fin quando il conto in banca non darà avvisaglie preoccupanti.. ossia, fino alla prossima avventura.
Scritto con la solita sagacia e ironia, il libro si presta nonostante l’età (la prima pubblicazione americana è del 1947 – l’edizione che ho letto io è quella Mondadori degli anni novanta con la splendida traduzione di Ida Omboni) ad allietare uno gradevole pomeriggio assolato al parco, tanto quanto una serata in poltrona (magari con il plaid visto il generale riabbassarsi delle temperature). L’io narrante, giovane e scanzonato circondato da troppe bellezze cozza comicamente con il genio in poltrona e ad allietare l’indagine c’è il solito Cramer (poliziotto ottuso e alieno ad ogni ironia, ma solido e buon investigatore) con l’immancabile sigaro spento e masticato, che Wolfe stima e tratta con rispetto seppure non gli racconta proprio tutto.. Leggetelo, Nero Wolfe vale sempre la pena e nel suo caso più che in altri, vale tanto oro quanto pesa!! Buona lettura.