Nessuno è “lontano” perché ogni Essere umano ha dignità

Da Agueci

É l’uomo che crea le distanze e le accorcia.

Alcune settimane fa è avvenuto un fatto a cui i mezzi di comunicazione hanno dato pochissimo risalto: un clochard teutonico che viveva sotto i portici del colonnato del Bernini a Roma è morto. Fin qui nulla di strano. La notizia è che il Papa ha autorizzato la sua sepoltura nel cimitero germanico del Vaticano, tra principi e re. Subito mi è venuta in mente «‘A livella» di Antonio De Curtis – Totò, il dialogo tra il marchese e il netturbino don Gennaro:

«Da voi vorrei saper, vile carogna, / con quale ardire e come avete osato / di farvi seppellir, per mia vergogna, / accanto a me che sono un blasonato?! // La casta è casta e va, si, rispettata, / ma voi perdeste il senso e la misura; / la vostra salma andava, si, inumata; / ma seppellita nella spazzatura!»

L’avvenimento mi ha dato motivo di riflettere e questo pensiero desidero condividere con chi si trova a scorrere queste righe. Chi sono i lontani? Quale ruolo occupano nella società e nella Chiesa in particolare?

Una riflessione intanto su papa Francesco. Quello che ha compiuto è un grande gesto che ha messo al centro la dignità della persona umana. Per Dio non esistono blasonati e non, ma ogni essere creato, a qualunque popolo appartenga e qualunque sia la sua posizione, è elevato in Dio alla Sua stessa natura, quella divina. In precedenza lo stesso Vescovo di Roma aveva fatto allestire in Piazza S. Pietro, bagni e docce, barberie, mense per i senza fissa dimora e aveva incaricato un suo collaboratore che, in nome suo, andasse per le strade di Roma a cercare queste persone per offrire risposte ai loro bisogni.

Sulla terra ogni uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e come tale deve essere rispettato e amato. Nessun essere umano dà dignità al suo simile poiché questi la possiede già dalla sua nascita. Se nella storia dell’uomo una distinzione si può fare, questa deve avvenire tra chi sta bene e chi è in difficoltà. E qui l’attenzione maggiore deve cadere su chi è in difficoltà. Cristo stesso, venendo nella storia, dice: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Lc 5,31-32). E nella parabola del buon pastore, egli lascia le novantanove pecore che “non hanno bisogno (pensano essi) di pentimento” e va in cerca dell’unica pecorella smarrita. Parla con la samaritana, con Nicodemo, con chi non è considerato della cerchia dei “normali”,  della gente “perbene”, anzi costoro spesso li apostrofa come sepolcri imbiancati. Esalta il povero Lazzaro che mangia le briciole che cadono dalla mensa del ricco epulone.

La strada della Chiesa non può essere dissimile da quella del suo Maestro: «Come ho fatto io, fate anche voi».

Lontano è chi è considerato tale sia nello spazio e sia nel tempo, non solo materiale ma ideologico. Lontani, nel linguaggio e nei gesti comuni, sono anche coloro che non la pensano come noi, perché distanti dalle nostre opinioni, dalla nostra vita, dalle nostre abitudini, dal nostro credo,  per noi non sono “prossimo”. Sono coloro che vivono ai margini della società, i “paria”, i “lebbrosi” di turno, gli “infettati”. Sono gli ammalati, gli anziani, i poveri, gli immigrati, le prostitute, gli omosessuali, i divorziati, i non credenti, gli atei: i diversi. Spesso i lontani non sono fisicamente distanti da noi ma sono accanto a noi: la nostra famiglia, i vicini di casa, i parenti, i colleghi, ecc.: li teniamo lontani come fossero appestati chissà di quale malattia, di quale ideologia e non parliamo con loro per lunghi periodi.

I lontani, però, sono come gli astri: anche se distanti parecchi chilometri dalla terra, influiscono su di essa senza poterne fare a meno. Così essi ci fanno vedere spesso un aspetto della vita e del pensiero che a noi sfuggiva, ci spronano a vivere la nostra autenticità, ci completano lungo il nostro cammino (vedi gli immigrati).

È tempo che la Chiesa esca dalle sacrestie e cominci a dialogare con tutti, anche con chi è distante, per motivi più svariati, dal nostro modo di pensare e di credere. Perché solo a Dio compete dividere il loglio dal frumento, i buoni dai cattivi. Essa è missionaria a partire da chi vive nel nostro ambiente e deve rivolgersi a chi, come i greci a Filippo, chiedono di vedere il Signore, spesso non identificato come Dio, ma in loro c’è sempre un’aspirazione alla felicità, alla pienezza, all’Infinito, per questo sono in continua ricerca. «La logica di Gesù – ha detto Papa Francesco durante l’omelia alla celebrazione il giorno dopo del Concistoro – è non solo accogliere e integrare, con coraggio evangelico, quelli che bussano alla nostra porta , ma uscire, andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani, manifestando loro gratuitamente ciò che noi abbiamo gratuitamente ricevuto». Allora «la strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella d’adottare integralmente la logica di Dio».

Conseguenza di ciò è: tenere le porte delle chiese aperte materialmente e scendere nei sobborghi delle città, senza paura di sporcarsi, in tutti i sensi. Occorre andare a trovare i lontani nei tuguri, nei ghetti, nelle fabbriche, nelle case, condividendo con le famiglie il pane della vita materiale e quello spirituale, comprese le sofferenze. Questo significa per il credente spalancare le porte a Cristo, non solo perché lui entri nel cuore dei cristiani e li trasformi, ma perché, trasformati, si aprano agli altri in tutti i luoghi e situazioni della vita. Significa comunicare a tutti la tenerezza di Dio, così come esorta Papa Bergoglio.

Quanti contenuti per gli esercizi spirituali, per le meditazioni quotidiane, per le conferenze e per la preghiera! Da soli servirebbero a cambiare le coscienze degli uomini e a essere rivoluzionari! La Chiesa sarebbe quella autentica voluta da Cristo, per gli uomini e con gli uomini, veramente universale perché aperta a tutti! Ripensare una Chiesa così non è utopia, è fattibilità autentica.

SALVATORE AGUECI


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