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Farina è un cittadino statunitense, originario di Santo Stefano, da 20 anni in carcere per una rapina commessa a Daytona Beach, in Florida. Nello “Stato del Sole” è stato condannato per questo alla pena di morte. Aveva 18 anni, nel 1992, quando insieme al fratello sedicenne Jeffrey, rapinò un fast food. Il fratello sparò e uccise una dipendente, ma essendo minorenne all’epoca dei fatti la sua pena è stata tramutata in ergastolo, con la possibilità di ottenere la libertà condizionata dopo 25 anni.
Anthony, invece, pur non avendo materialmente commesso l’omicidio, si è ritrovato condannato alla pena capitale. Dopo un processo in cui il pubblico ministero aveva invocato la Bibbia per proclamarsi “agente di Dio”. In carcere Farina ha già passato la maggior parte della sua vita finora.
Per salvarlo da una condanna ingiusta e crudele nelle scorse settimane è partita una campagna, “Anthony non deve morire”, promossa da Amnesty International, Nessuno tocchi Caino, Comunità di Sant’Egidio insieme al Partito Radicale. Un’iniziativa che puntava a far concedere a Farina la cittadinanza italiana e che è riuscita almeno nel suo primo intento: il consolato italiano a Miami gliel’ha infatti rilasciata il 2 novembre. Così il governo potrà intervenire più direttamente sulle autorità statunitensi per chiedere che un cittadino italiano non venga giustiziato. E sconti la pena nel suo “nuovo” Paese.
Chi si è mosso, oltre alle associazioni abolizioniste e ai radicali, è stata la stessa comunità di Santo Stefano di Camastra. «Se c’è la sua volontà, noi saremmo ben lieti di accoglierlo», ha spiegato ad Affaritaliani.it Francesco Re, sindaco del paese delle ceramiche. Il primo cittadino aveva inviato il mese scorso una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e a Papa Benedetto XVI, per chiedere un loro intervento.
«Pur riconoscendo la gravità dell’accaduto - scriveva il sindaco - siamo consapevoli che bisogna dare ad ogni uomo, specie se in giovane età e soprattutto non direttamente autore del grave fatto di sangue per cui è condannato, un’opportunità di riscatto all’interno di una comunità che gli offra una diversa prospettiva di vita». Forse il Quirinale e il Vaticano non si sono mossi direttamente ma, come ha precisato Re, «c’è stata una buona partecipazione delle istituzioni, tramite l’ambasciata e il ministero degli Esteri abbiamo avuto un riscontro quasi immediato». La diplomazia italiana ha seguito da subito il caso e tutti erano fiduciosi nella concessione della cittadinanza.
Ma non basta il passaporto italiano. Adesso toccherà a Farina decidere se provare a rifarsi una vita nel paese dei suoi genitori. «Qui ci sono ancora suoi parenti, i Farina sono tanti a Santo Stefano», ricorda il sindaco Re ad Affari. «Noi ci siamo mossi con il parroco e abbiamo rapporti e collegamenti con le associazioni, con l’onorevole Elisabetta Zamparutti, anche con l’associazione di don Ciotti (Libera, ndr)». A Santo Stefano di Camastra Anthony Farina potrebbe dunque trovare una comunità disposta a dargli una mano: «La nostra non sarebbe solo un’accoglienza sulla carta, per ragioni di residenza e documenti, ma vorremmo offrire un’opportunità». Una seconda chance che vuol dire anche trovare un lavoro. «Noi facciamo un appello generale - dice il sindaco - e diamo uno sguardo anche al di là del nostro comune. Non dovrebbe essere difficile trovare qualcosa, di sicuro questa parte di territorio non farà mancare il suo buon cuore».
La questione è pure giuridica. Anche in Italia, Farina verrebbe a scontare la pena, naturalmente secondo modalità e tempi che sarà la magistratura italiana a stabilire. Dopo vent’anni già passati in carcere, però, potrebbe trattarsi di una pena alternativa. D’altra parte 20 anni è il massimo che il codice penale italiano prevede per la rapina a mano armata. E Santo Stefano di Camastra è un bel paese dove vivere. Altro che Raiford, Florida. Lì c’è il braccio della morte, qui potrebbe esserci una nuova vita.
[articolo pubblicato su Affaritaliani.it]
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