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Penso però al procrastinare emotivo. E qui le cose iniziano a complicarsi. Perché è un processo che può durare mesi, anni, andare al di là della comprensione, della volontà e della convinzione. È una bestia, un tarlo oscuro, intriso della notte più scura e cupa che, se sollecitata da particolari musiche,odori o chissà che altro, si risveglia dal suo momentaneo essere assopita per inforcare una lama e squarciare il petto, quelle emozioni in attesa di essere metabolizzate e superate. E come uno schizzo di sangue che zampilla fuori, le emozioni escono, fanno a pugni per un po', colpiscono e provocano lividi per poi tornare nell'oscurità, ridiventare un tutt'uno con la notte senza stelle, quella notte che addirittura fa mancare il fiato.
A volte, però, compare un parcheggio nemmeno più tanto affollato, che raccoglie i reduci da un'altra notte passata fuori, in qualche posto. L'orario inizia a diventare quello in cui, inevitabilmente, il buio inizia a ritrarsi, lentamente, per lasciare spazio alle luci di una nuova alba.
Basta un abbraccio per rendersi conto del tempo che sta passando; da un bacio si arriva a vedere stelle sempre più sbiadite; uno sguardo illumina come un flash improvviso la notte. Ormai è quasi l'alba.
La macchina che velocemente porta verso casa dà l'idea di quanto il cielo diventi più chiaro man mano che si procede, lasciando dietro le ultime rimanenze di buio. Nemmeno lo specchietto retrovisore serve per avere una panoramica completa. Se volessi vedere il cielo nero e ancora notturno che mi sto lasciando alle spalle dovrei girarmi completamente. Ma così facendo, senza fermare la vettura, il rischio di schiantarmi contro un muro sarebbe altissimo.
Mi accorgo che la luce del giorno che si sta formando, mentre sfreccio veloce in strade intorpidite dal sonno, rischiara, e mi permette di vedere chiaramente il percorso che voglio seguire.
È giunto il momento di smettere con il procrastinare.
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