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La ragazza coi capelli d'arancia ed io iniziamo a parlare. Il suo inglese non mi dice di dov'è, ma mi dice che l'ha parlato tanto.Florence è nata e cresciuta a Bruxelles. Florence, si chiama. Dopo due anni in Spagna, a settembre se ne va in Nuova Zelanda. Cosi', come avrei fatto io se non fossi saltata sul treno per il Benelux.
Parliamo delle città, delle persone, di come si perda un po' di patria quando ci si trasferisce all'estero, di come ci si senta a casa un po' dappertutto e da nessuna parte, di come sia difficile; ogni volta, andarsene, lasciare tutto, ricominciare a fluire.
Nel frattempo arriviamo su un ponte, dove l'asiatica e il ragazzo poco cordiale si separano dal resto del gruppo. Dopo i saluti, la francesona occhialuta e automunita mi offre un passaggio fino ad un quartiere decisamente più vicino a "casa mia" di quello in cui siamo ora. Accetto con la condizionale, ovvero che sia di strada; "Oui oui, ce n'est pas loin avec la voiture". Cosi' saliamo tutte in macchina e, mentre parlo con Florence e la citta' mi scivola accanto veloce, non mi accorgo di dove stiamo andando, fino a che non vedo il bar sotto "casa"."Ici c'est Albert; ou est-ce que tu habites?""Mais ... Ici! J'habite ici!!! Girls, you are amazing, really; thank you so much!""Anytime!"
Mentre scendo, profusa in mille ringraziamenti, auguro loro buona fortuna. E non perchè presa dall'euforia di essere arrivata a casa in un battibaleno e al caldo, ma perchè mi sono sembrate delle brave persone, intendendo davvero augurar loro il meglio per le proprie vite.
Infilo gli scalini come bottoni di una camicia, entro in casa, faccio un the bollente e mi siedo sul terrazzo.Giusto in tempo per vedere l'alba.E scrivere un post. Sorridendo. Chi se ne frega se devo alzarmi tra tre ore, mica si puo' dormire se c'è da sorridere.
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