Magazine Cinema
New Hollywood e d'intorni (1) : Una calibro venti per lo specialista
Creato il 17 agosto 2012 da Veripaccheri"Thunderbolt and Lightfoot"/"Una calibro 20 per lo specialista"
di Michael Cimino
con: C. Eastwood, J. Bridges, G. Kennedy, G. Lewis, G. Busey
USA, 1974
Sappiamo ancora cos'e' l'avventura ? A guardarsi intorno, viene da dire che in
una manciata di anni l'abbiamo barattata - l'avventura - senza nemmeno
accorgercene o al massimo spendendo un paio di poco sincere lacrimucce.
L'avventura e' morta sulle carte geografiche intasate di insediamenti, di vie
di comunicazione e riferimenti topografici millimetrici dei luoghi che, uno
dopo l'altro, hanno smesso di recalcitrare alla "civilizzazione". E' morta nei
depliant turistici zeppi di paradisi addomesticati, sui menù tutto compreso,
dentro milioni di obiettivi fotografici allenati a guardare e non a vedere. E'
morta soprattutto dentro le capocce di quelli - e sono tanti - che si mettono a
cercare centomila dollari perché sono convinti di dover scalare l'Everest.
Stanley, insomma, non incontrerà più Livingstone. Amen.
Tutta 'sta geremiade per dire che se dovessimo compilare la scarna lista di
quei pochi che non si sono arresi alla morte dell'avventura e all'avvento dei
suoi surrogati, senza la minima esitazione dovremmo includerci il nome di
Michael Cimino e le immagini brillanti, spavalde e malinconiche di questo suo
esordio del '74, "Thunderbolt and Lightfoot" (al solito grottescamente
brutalizzato nella versione italiana come "Una calibro 20 per lo specialista").
Thunderbolt e Lightfoot, allora - C. Eastwood, anche produttore con la sua
Malpaso e J. Bridges, nominato all'Oscar come non protagonista - pressapoco la
Folgore e il Caribù, uno scassinatore professionista e un vagabondo, come
personaggi esemplari di una qualche leggenda indiana, che s'incontrano per caso
e puntano tutto sull'amicizia, l'intelligenza e la buona sorte.
Tra campi di grano sterminati che accarezzano i fianchi e splendono al sole
più dell'oro; fiumi imperturbabili che s'intrufolano nel ventre di montagne
color caramello; autostrade e sterrati che sembrano andare da nessuna parte;
piccoli agglomerati urbani dai nomi paradossali (Warsaw), acquattati nel nulla,
dove nascondere il tesoro della vita; Cimino dimostra, mescolando con ironia le
carte del film-con-rapina sul proverbiale colpo perfetto in cui - altrettanto
proverbialmente - qualcosa va storto, di aver già metabolizzato la lezione sui
grandi spazi e il silenzi assorti, sull'implacabilità di certi destini che si
ostinano a non stare alle regole, dei maestri Ford e Hawks.
Scanzonato e crepuscolare, spiccio e un tanto naïf, il film dice che, in un
mondo impazzito, già in ogni suo recesso piegato alle logiche spietate del
denaro, in cui ci si ammazza per niente, si ruba per gioco, ci si accoppia con
forsennata quanto indifferente frenesia, l'unico argine all'insensatezza e'
l'amicizia come tregua nella lotta per la prevaricazione dell'uomo sull'uomo
(una sorta di stramba relazione padre/figlio lega, infatti,
Eastwood/Thunderbolt a Bridges/Lightfoot e fa dire esplicitamente al secondo
che il cuore del suo interesse non e' il bottino ma il cameratismo, l'affinita)
con cui addirittura ritagliarsi il lusso di recitare a viso aperto un passo
della Bibbia o, al bancone di un bar, dopo aver sbirciato le grazie di una
cameriera, un verso dimenticato. E sempre ispirati da una sorridente malizia,
nella tacita certezza che se un domani c'e' e' tutto da inventare, e che se lo
affronti a fianco di qualcuno, qualcuno che senti vicino, magari ti diverti
pure.
Cimino brucia la retorica dei "perdenti" giocando spesso, come già Peckinpah,
sul registro del sarcasmo, della crudezza, della consapevolezza che se tutto e'
senza scampo, tanto vale farsene beffa (chirurgico, in tal senso, l'apporto dei
compari che daranno manforte durante il colpo: George Kennedy/Red Leary e
Geoffrey Lewis/Goody).
Faccia a faccia con la confortevole follia che alligna un palmo sotto le
villette e i prati rasati della provincia americana, affascinante e oscura per
definizione, dove - come niente - può capitarti d'incrociare una"biker"
malmostosa che alle tue adolescenziali avances risponde a martellate sulla
carrozzeria del tuo furgone; o di essere tirato su da un pazzoide col
portabagagli stipato di conigli bianchi e un fucile sempre carico a portata di
mano; o, ancora, mentre lavori alla ristrutturazione di un appartamento, ti si
pianta davanti, oltre le vetrate del soggiorno, la padrona di casa nuda bruca;
diventa "logico" pianificare una rapina gustando un gelato, riesumare un
passato criminale come fosse un'epopea minore tra un morso di mela e un sorso
di birra.
Con un ritmo non ancora ossessionato dai continuo rilanci a furia di colpi di
scena, a cui ormai ci siamo assuefatti, Cimino segue i suoi strani eroi per le
strade di un'America corrotta ma ancora in parte selvaggia, involgarita dal
benessere ma sempre irrequieta, come se l'avventura, il suo spirito autentico -
quello che l'aveva aiutata a nascere - s'agitasse ancora dentro di lei.
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