Nicolas Cage Day - Il Genio della Truffa (di R. Scott, 2003)

Creato il 07 gennaio 2013 da Frank_romantico @Combinazione_C


Oggi, 7 Gennaio 2013, è il Nicolas Cage Day. Segnatevi questa data, prendete il calendario e metteteci una croce sopra, tramandatela ai posteri e non dimenticate di santificarla, che l'attore in questione vi piaccia oppure no. L'idea è partita da Frank Manila e dal suo blog Il Cinema Spiccio, idea che poi ha contagiato altri blog e altri blogger dando luogo a questa ricorrenza dedicata all'attore che oggi compie quarantanove anni. Quali sono questi blog? Presto detto:
Affari Nostri
Cipolla PensierosaHo Voglia di Cinema
Il Cinema SpiccioLa Fabbrica dei sogniLe Recensioni di RobydickLe maratone di un bradipo cinefiloLife Functions TerminatedMidianPensieri CannibaliViaggiando (meno)WhiteRussian
Nonostante tutti i suoi difetti Nicholas Kim Coppola ha collaborato ed è stato voluto dalla cream dei cineasti di mezzo mondo, da Lynch ai Coen, da Herzog a Scorsese per arrivare a Woo. Per celebrarlo io invece parlerò di uno dei film che più amo, intimamente, in grado di farmi ridere e stritolarmi il cuore allo stesso tempo: sto parlando de Il Genio della Truffa di un altro grande del cinema: ser Ridley Scott.

Roy e Frank sono una coppia di truffatori abili e lungimiranti. Roy si ritiene un artista e come tutti gli artisti (o quasi) non ci sta molto con la testa, affetto com'è da manie e nevrosi. Tutto questo finchè non arriva la figlia sconosciuta Angela a scompigliare la sua routine e, soprattutto, il suo lavoro.
Quello di Ridley Scott del 2003 è un film minore. Minore per modo di dire, considerato quel che si nasconde dietro il velo: un film apparentemente innocuo, un divertissement senza pretese che in realtà si rivela opera (concedetemi il termine) di spolvero, inaspettata, dotata di spessore e, in un certo senso, spietata. Sì, spietata, perchè Matchstick Men - questo il titolo originale - ti ferisce con una violenza che non ti aspetti e ti lascia a raccogliere i cocci di quel che credevi e non è stato, non tanto a causa del colpo di scena finale - intuibile, col senno di poi - ma perché durante il film ci si immedesima talmente nel protagonista da rimanere confusi, un po' incazzati e tanto, tanto desolati. Gran parte del merito va alla coppia di sceneggiatori (Nick e Ted Griffin, che traducono il romanzo di Eric Garcia), capaci di costruire strato dopo strato una storia a metà strada tra commedia brillante, dramma e action sbarazzino, dialettico più che muscolare. Ma qui, soprattutto, ci troviamo di fronte a uno Scott che finalmente rinuncia ai botti e agli effetti speciali da "palcoscenico", che mette da parte l'epica e si prende tutto il tempo di cui ha bisogno giocando con i tempi, accellerando e rallentando per poi riaccellerare. Anche per questo il film scorre senza intoppi, l'attenzione non cala mai e lo spettatore resta con un sorrisetto a metà sul volto a causa di quel sentimento del contrario di pirandelliana memoria (l'umorismo) che è motore e anima della pellicola.
Ma Il Genio della Truffa è, soprattutto, un film fatto di personaggi. Non potrebbe essere altrimenti in un'opera (concedetemi di nuovo il termine) costruita sul protagonista e sui suoi comprimari, caratterizzati alla perfezione dagli attori che li impersonano. Non c'è bisogno di troppe spiegazioni e di lunghi spiegoni noiosi: parlano i gesti e la mimica, le voci e gli sguardi, persino i balbettii e la postura del corpo. Insomma, è un film su dei truffatori e chi sono - o dovrebbero essere - i migliori truffatori del mondo se non gli attori? Sam Rockwell è una macchietta e con la sua interpretazione ci ricorda ancora una volta quanto sia stato sottovalutato. E' la spalla perfetta, presente quando c'è bisogno che ci sia e in quei momenti assolutamente irresistibile. Alison Lohman tra i giganti è assolutamente perfetta, adorabile e irritante quanto basta nel suo ruolo "inedito" e difficile di ragazza/bambina. E poi c'è lui, Nicolas Cage, che gigioneggia con la camera, imbambolato e vittima di se stesso, che va sopra le righe e ci regala una delle interpretazioni migliori della sua carriera. La verità è che riesce a far vivere il suo personaggio, quello di Roy, genio e disastro, schiavo delle proprie nevrosi e del proprio passato, cattivo e buono, bambino e adulto. Non era facile, ci ha provato (e ci è riuscito) Jack Nicholson in un film diverso con risvolti diversi, ma parliamo di attori estremamente differenti. Cage ha bisogno di essere diretto, di qualcuno che freni la sua tendenza a esagerare e questo è il ruolo perfetto per lui perché il suo è proprio un personaggio esagerato. In più sfrutta la sua naturale propensione all'ironia ma riesce contemporaneamente a rendere le sfumature più malinconiche del suo alter ego di celluloide. Roy è un personaggio quasi shakespeariano, costantemente sul filo dell'autodistruzione, e l'attore riesce a rendere la sua tragicomica essenza tra balbettii, tic e ansia di redenzione. E, lo ammetto, io mi sono commosso fino alle lacrime nel prefinale e sentito sollevato nel finale vero e proprio, catartico e zuccheroso quanto basta. 
"Tu non sembri una persona cattiva…".
"Ecco perché li frego tutti" 
Tra sottotesti interessanti come il dramma della paternità, della solitudine come prigione e inferno personale e della capacità tipicamente umana di autotruffarsi, di convincersi che qualcosa esiste solo perchè di quella cosa abbiamo bisogno, Il Genio della Truffa si rivela una sorpresa dalle geometrie perfettamente ordinate che va oltre l'apparenza. Un po' come Cage stesso, che quando meno ce lo aspettiamo ci regala interpretazioni inaspettate ed emozioni annesse.
 

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