Nicolò Paganini (1782-1840), Hector Berlioz (1803-1869) e la sinfonia “Aroldo in Italia”

Da Paolo Statuti

     

Nicolò Paganini

Hector Berlioz

 Per coloro che amano la musica, nonché le vicende e le curiosità ad essa legate, ho tradotto questo frammento delle Memorie di Hector Berlioz.

   «Il 22 dicembre 1833 la mia Sinfonia Fantastica, diretta da Narcisse Girard, riscosse un grande successo e fu lungamente applaudita. Quando il pubblico aveva già lasciato la sala , un uomo dai capelli lunghi, gli occhi penetranti, il volto strano e scavato, posseduto dal genio, colosso tra i giganti, che non avevo mai visto prima e il cui aspetto mi agitò profondamente, mi stava aspettando. Mi fermò e mi strinse la mano, colmandomi di fervidi elogi che mi infiammarono il cuore e la testa: era Paganini!!

   A quel giorno risalgono le mie relazioni con il grande artista, che esercitò una così fortunata influenza sul mio destino.

   Qualche settimana dopo questo incontro, venne a trovarmi. “Ho una stupenda viola – mi disse – un magnifico Stradivari, e vorrei suonarla in pubblico. Ma non ho una musica ad hoc. Lei vorrebbe scrivere una parte solistica per viola? Ho fiducia soltanto in lei per questo tipo di lavoro.” – “La sua fiducia – risposi – mi lusinga più di quanto io possa esprimere, ma per soddisfare le sue aspettative e scrivere una composizione, in cui possa brillare un virtuoso come lei, dovrei io stesso suonare la viola e invece purtroppo non la suono.” – “No, no, insisto nella mia convinzione – disse Paganini – lei ci riuscirà; per quanto riguarda me, ho troppi acciacchi in questo momento, per poter comporre; ho altre cose per la testa.”

   Per accontentare il celebre virtuoso, provai dunque a scrivere un assolo per viola, ma inserito nell’orchestra in modo tale da non sminuire in nessun modo la sua partecipazione all’insieme strumentale, sicuro che Paganini, con la sua incomparabile abilità di esecuzione, avrebbe saputo assicurare alla viola un ruolo di primo piano. L’idea mi sembrava nuova e poco dopo un piano abbastanza felice si sviluppò nella mia mente – mi entusiasmai all’idea di realizzarlo. La prima parte era già quasi terminata, quando Paganini desiderò vederla. Osservando le pause della viola nell’allegro esclamò: “No, non così! Qui sto troppo zitto; io devo suonare in continuazione.” – “Dunque avevo ragione – replicai – lei vuole un concerto per viola, e in tal caso nessuno potrebbe comporlo meglio di lei.” Paganini non rispose nulla, sembrava deluso e mi lasciò, non tornando più sull’argomento…

   Qualche anno dopo, e precisamente il 16 dicembre 1838, in un concerto al Conservatorio, erano in programma la Sinfonia Fantastica e l’Aroldo. Quel giorno era presente in sala Paganini. L’Aroldo era già stato eseguito diverse volte durante il periodo in cui il grande violinista aveva soggiornato in Italia dal 1834 al 1837, e dopo il suo ritorno non era stato incluso nei miei concerti, Paganini quindi non l’aveva mai ascoltato prima di allora.

   Malgrado la persistente bronchite che mi affliggeva, diressi personalmente il concerto. Al termine di esso ero stremato e tremavo in tutto il corpo, allorché all’entrata sul palco mi si avvicinò, gesticolando animatamente, Paganini in compagnia del figlio tredicenne Achille. A causa della malattia alla laringe, che doveva poi portarlo alla morte, era quasi completamente afono, e quando non si trovava in un luogo immerso nel silenzio, soltanto il figlio poteva sentire, o meglio intuire le sue parole. Fece un cenno al ragazzino ed egli, salito su una sedia, accostò l’orecchio alla bocca del padre e lo ascoltò attentamente. Poi, sceso dalla sedia, mi disse: “Mio padre mi ha chiesto di dirle che nella sua vita non ha mai provato una simile emozione a un concerto; che la sua musica lo ha scosso…” A queste singolari parole feci un gesto di incredulità e di imbarazzo; ma Paganini, afferratomi per un braccio, rantolando con un filo di voce: “sì! sì!”, mi trascinò sul palco, dove si trovavano ancora molti musicisti, si inginocchiò e mi baciò la mano. Penso che non ci sia bisogno di descrivere lo sbalordimento che mi invase…

   Il giorno dopo ero a letto nella mia stanza, quando vidi entrare il piccolo Achille. – “Mio padre sarà molto dispiaciuto – disse – quando saprà che lei è ancora malato e le farebbe volentieri visita. Questa è la lettera che mi ha chiesto di consegnarle.” Mentre la stavo aprendo, il ragazzino mi fermò e disse: – “Non occorre rispondere, mio padre ha detto di leggerla quando sarà solo” – E subito uscì.

   Pensai si trattasse di una lettera di congratulazioni e di cortesia, l’aprii e lessi:

   Mio caro amico,

   Beethoven spento, non c’era che Berlioz che potesse farlo rivivere; ed io che ho gustato le vostre divine composizioni, degne di un genio qual siete, credo mio dovere di pregarvi a voler accettare, in segno del mio omaggio, ventimila franchi, i quali vi saranno rimessi dal sig. Baron de Rothschild, dopo che gli avrete presentato l’acclusa.

   Credetemi sempre

   Il Vostro aff.o amico,

   Nicolò Paganini

Parigi, li 18 dicembre 1838

   Sei giorni dopo, sentendomi un po’ meglio, mi vestii e corsi in rue de la Victoire, dove Paganini allora abitava. Mi dissero che si trovava nella sala del biliardo. Entrai e ci abbracciammo, non riuscendo a pronunciare una sola parola. Qualche istante dopo, mentre balbettavo un qualche ringraziamento, Paganini, che riuscivo a sentire solo grazie al silenzio regnante nella sala, mi interruppe dicendo:

   – “La prego di non parlarne più! No! Non aggiunga altro, è la più grande soddisfazione che ho provato nella mia vita; lei non saprà mai quale commozione ha suscitato in me la sua musica; da tanti anni non provavo una cosa simile!…”

   …Pagai tutti i miei debiti e, restandomi ancora una bella somma, pensai di utilizzarla a vantaggio della musica. Devo – mi dicevo – abbandonare ogni altro lavoro e comporre una grande opera, secondo un nuovo piano di ampio respiro, un’opera stupenda, appassionata, piena di fantasia, degna di essere dedicata a questo celebre artista, al quale devo tanto. Mentre consideravo così la mia intenzione, Paganini, la cui salute a Parigi era peggiorata, dové partire per Marsiglia  e da lì per Nizza, da dove purtroppo non sarebbe più tornato. Gli sottoposi per lettera diversi temi per questa grande opera che progettavo e di cui una volta gli avevo parlato.

   – Non posso consigliarle nulla su questo argomento – mi rispose – lei stesso sa meglio di chiunque altro, cosa può andarle bene.

   Alla fine, dopo una lunga esitazione mi decisi per una sinfonia con cori, soli e recitativo corale, il cui sublime e sempre attuale tema sarebbe stato il dramma di Shakespeare Giulietta e Romeo. 

(C) by Paolo Statuti



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