Lo vedete quel puntolino appoggiato sulle acque del lago? Sono due puntolini sulle acque del lago: un’anatra e un anatroccolo così piccolo e così piccolo come non ne avevo mai visti. Me ne stavo in santa pace, ieri pomeriggio, a chiacchierare con una lattina di te freddo al limone, dopo una lunga giornata in ufficio, in un bar informalissimo con punto per tuffarsi incluso e, come sempre, stavo pensando che il lago è meraviglioso, la luce sul lago splendida, l’invito al bagno quasi irresistibile e che un’ora spesa così fa vacanza quando ecco che mi sfila davanti questa coppia intenta ad una passeggiata esplorativa davanti alla riva.
“Un nidrì!” – ho esclamato dopo aver capito cosa fosse quella cosina piccola piccola che avanzava convinta accanto all’anatra. Si perchè anatroccolo è una parola bellissima ma anche nidrì, la traduzione dialettale, a me piace tanto. Fa vezzeggiativo; suona buffo.
Il nostro dialetto suona spesso molto duro eppure contiene lampi di genio, termini che fanno subito le cose e le fanno meglio, a volte, dell’italiano, perché nel loro suono è già contenuta l’immagine e la sensazione che si prova vedendo l’oggetto a cui si riferiscono. Nedra, si dice all’anatra. Brutto, da montagne e gente rude, da creatura adulta impegnata nella lotta per la sopravvivenza. Nidrì, si dice all’anatroccolo. E subito ti immagini qualcosa di minuscolo e tenero.
Da una settimana c’è un’altra creatura minuscola che vive poco lontano dal lago: per ora fa la nanna – tanta nanna -, mangia, fa pupù e pipì e poco altro, come tutti i neonati del mondo nei primi mesi di vita ma, tra poco, imparerà a conoscere il mondo e a dare un nome alle sue creature. Dormi bene, nidrì, riposati: ti hanno aspettato tanto e hai tutta la meraviglia della vita davanti a te.