Con in testa una meravigliosa canzone di Luigi Tenco, riemergo dal silenzio vacanziero scrivendo che ho deciso di riaprire questo blog perché “non avevo niente da fare”. O, meglio, perché non mi restava altro che questo.
Le immagini che vengono fuori dalla televisione – dispensatrice di quella finzione che, per una terribile magia nera, diventa l’unica verità condivisibile – raccontano un mondo in putrefazione.
Un esercito di figuranti con le tette al vento accoglie in pompa magna (è il caso di dirlo) un dittatoruccolo che sembra uscito dal cast del Bagaglino, e lui, fedele al ruolo, mette su un numero di avanspettacolo in cui preannuncia l’islamizzazione di tutta l’Europa. Non era questo che intendevamo, quando dicevamo che volevamo liberarci dello strapotere cattolico.
Intanto i telegiornali ricalcati sui vecchi filmati dell’Istituto Luce ci raccontano di quanto sono felici i cassintegrati italiani che finalmente riescono a passare molto più tempo alla famiglia (anche se qualcuno di loro si mangia le mani, non avendo più la perfetta scusa del turno di notte per andare a travestiti).
Michela Brambilla spende fior di quattrini di denaro pubblico per promuovere il turismo italiano e poi va in vacanza sulla Costa Azzurra.
Il personaggio culturale più rappresentativo del paese, Noemi Letizia, avendo ormai compiuto 19 anni, decide di non arrendersi alla decadenza fisica tipica della vecchiaia incipiente e si fa rimettere in sesto dal chirurgo estetico, sperando così di conquistare il cuore (visto che mirare al cervello sarebbe assai più dura) di Renzo Trota Bossi, per convogliare a fantastiche nozze e formare con lui una perfetta coppia ariana, genitrice di una nuova stirpe di grandi statisti e vallette tivù (a ruolo interscambiabile).
Nel frattempo, le aziende italiane continuano a chiudere i battenti una dopo l’altra, in un catastrofico effetto-domino, e milioni di disoccupati si rimettono all’unico dio capace di dare ancora qualche speranza: il Gratta & Vinci.
Negli anni ’70 la gente tirava fuori la voce, si indignava pubblicamente, si riuniva per discutere, scendeva in piazza. Oggi, quando va bene, si crea un gruppo di protesta su Facebook, e si invitano gli “amici” a cliccare su “Mi piace” lasciando poi tutti liberi di passare rapidamente al prossimo fans club a cui segnalare il proprio apprezzamento a costo zero (gettonatissimo, per esempio, il Forum di discussione di “Un posto al sole”).
Senza nemmeno accorgercene, stiamo sprofondando link dopo link in una depressione rassegnata di massa, depressione tanto più grave quanto meno si sente, quanto meglio si cela dietro la maschera dell’Entertainment o del Social Networking.
E anch’io, come tutti, conclusasi la spensieratezza delle vacanze (trascorse infatti tra visite ai campi di concentramento nazisti e album fotografici della guerra fredda), non posso far altro che tornare in piena attività intellettuale trincerandomi dietro la mia tastiera, e riprendere a sbrodolar parole da buttare nell’immenso cosmo del web con la stupida presunzione che ci sia pure qualcuno interessato a leggerle.
Che volete farci? E’ che mi piace fingere di essere uno che impegna e si mette in gioco, quando invece, in realtà, sono tornato ad innamorarmi di questo blog solo perché “non avevo niente da fare”.
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