Niente politica e niente economia. A Silvio interessa solo la giustizia

Creato il 04 ottobre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti

La notizia dovrebbe essere quella che la Fiat ha deciso di uscire dal 1 gennaio 2012 da Confindustria. La motivazione, che sta alla base di una presa di distanza senza precedenti dall’assemblea rappresentativa degli industriali italiani da parte del Lingotto, sembra essere quella del presunto “congelamento” dell’art. 8 della manovra di bilancio che consente licenziamenti a pioggia e tagli di teste indifferenziati. Insomma, se a Sergio si legano le mani nel rapporto a senso unico con gli operai, da di matto. Lui ha in mente i modelli serbi e polacchi, asini e muli che spingono la macina, tute blù in sala mensa con una ciotola di riso e un tozzo di pane azzimo, perché tutto il resto rappresenterebbe solo il mantenimento di “privilegi antistorici” e una svolta eccessivamente “operaista”.

Per Marchionne il mercato è il mercato e guai a tentare di attenuarne le norme che ne regolano la competitività. Però la Fiat produrrà un Suv griffato “Jeep”, ma solo dalla metà del 2013. Nel frattempo un lungo anno di cassa integrazione a spese, ovviamente, dello Stato. Quando Maurizio Zipponi, responsabile lavoro dell’Idv dice che “Fiat lascerà l’Italia con il sacco pieno di soldi e gli stabilimenti chiusi o in cassa integrazione” non ci sembra che dica bestialità ma che delinei solo una fosca, quanto concreta, previsione.

Sacconi è contento come una pasqua. Il ministro che si è messo in mente di distruggere il movimento sindacale italiano sulla scia della Tatcher, non perde occasione per magnificare l’operato dell’ad della Fiat, soprattutto quando, come in questo caso, tende ad escludere le rappresentanze operaie dalla vita delle industrie che mantengono in vita. Ma Silvio tace. A lui che di economia non capisce una mazza, questi sono solo fatti che riguardano i rapporti fra la Fiat e Confindustria. Un’altra notizia importante è quella che tutto il mondo politico è sottosopra dopo l’inaspettata valanga di firme raccolte per l’abrogazione della Porcellum. Ogni giorno ne esce una nuova e stare dietro alle dichiarazioni di Gasparri e di Calderoli non è affatto semplice. Eppure il referendum di primavera potrebbe rappresentare un duro colpo alla politica berlusconiana dei listini bloccati e delle liste dei “prescelti”.

Silvio non si sta chiedendo neppure come farà a sistemare le concubine e farle vivere con le rendite dello Stato: “Non mi occupo di legge elettorale – ha dichiarato il presidente del consiglio – è il solito teatrino della politica”. Ma a Silvio non interessa neppure quello che sta accadendo a Lele Mora, Emilio Fede e a Nicole Minetti, in arte suor Maria Claretta. I tre soggetti, che sembrano essere tratti paro paro dal film “Due lenoni e una novizia”, sono stati rinviati a giudizio dal tribunale di Milano. L’accusa è sempre quella di “induzione e favoreggiamento della prostituzione in relazione ai presunti festini di Arcore”.

Nel corso dell’udienza preliminare però, c’è stato un vero e proprio colpo di scena: la difesa di suor Maria Claretta ha detto senza mezzi termini che l’intermediario che si occupava di portare le ragazze ad Arcore era Giampaolo Tarantini, notizia sempre tenuta accuratamente nascosta fino a quando non è scoppiato lo scandalo del “ricatto” al premier. Saputa la cosa, ci sono tornate in mente le parole di ValterLavitola: “Tarantini? È un povero cristo e pure un po’ scemo”. E non sembra aver turbato Silvio più di tanto neppure la decisione dei giudici di non attendere il parere della Consulta sul conflitto di attribuzione del processo Ruby, tanto che i legali del premier si sono affrettati a dire: “Tanta fretta è sospetta”, mavalà avvocato Ghedini!

Insomma. Silvio non si interessa di economia, non si interessa di politica, non si interessa di casi giudiziari che non lo vedono coinvolto in prima persona. Ma cosa fa tutto il giorno il nostro premier a ore come una colf filippina? Sta pensando a come far passare in tempi brevi alla Camera e al Senato i due provvedimenti contro le intercettazioni telefoniche e la prescrizione breve. Sulla testa del Cavaliere pesa come un macigno il parere negativo del Quirinale su entrambi i decreti legge. Giorgio Napolitano non è più disponibile a perpetuare automatismi firmaioli, e si aspetta da tempo una discussione in aula e non il ricorso reiterato al voto di fiducia. Silvio però andrà dritto per la sua strada. Non ha nessuna intenzione di continuare a leggere sui giornali la trascrizione delle intercettazioni, “basta sputtanamenti”, ha detto spingendo la testa di Scilipoti nella ciotola del pappone, ma soprattutto teme come la peste bubbonica la sentenza del caso Mills e la condanna che ne seguirebbe. Dichiarato colpevole, Silvio chiuderebbe in quel momento la sua carriera politica, altro che ricandidatura nel 2012, solo un volo privato, senza ritorno e scali intermedi, ad Antigua (non c'è un trattato di estradizione con l'Italia, nda.)


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