di Piero Tieni
Uno dei più grandi (e soprattutto grossi) pensatori della filosofia padana; il più fine tra gli intellettuali verdi; il nume tutelare del pensiero celtico de ‘noantri; quello che vorrebbe prendere a calci in culo i 4/5 dell’emisfero che, ahinoi, anche lui abita; il paladino dell’igiene che passa il disinfettante nei vagoni in cui viaggiano le prostitute di colore (per quelle nordiche aspettiamo, potrebbero servire…); insomma, tutto quello che si racchiude (e straborda) nel nome di Mario Borghezio, è approdato sulle sponde arcoresi per una rimpatriata tra legaioli. Tutto bene. Poteva starsene tranquillo, ingozzarsi con 8 chili di polenta, tracannarsi 5 bottiglie di barolo e parlare a basse voce coi compagni di partito degli ultimi fallimenti, per cercare di capire fino a quando il bluff reggerà: le ronde fallite, la coabitazione governativa con i Cosentini e i Dell’Utri, la manovra ammazza enti locali, l’appoggio al governo più centralista della storia repubblicana, i clandestini che, testardi, continuano ad arrivare, il familismo e il nepotismo imperante anche nella Lega. Insomma, dopo aver digerito, poteva imprecare contro il dio Po’, dare qualche pacca sulle spalle degli astanti, sperare che l’anno prossimo vada meglio e congedarsi mestamente. E invece no, ha preferito giocare d’azzardo, prendere il microfono, concentrarsi profondamente e dire tutto quello che gli passava per la testa, o meglio, tutto quello che gli rimaneva nella testa dopo un rapidissimo passaggio di pensieri in transito accelerato. L’elenco di ciò che non sta né in cielo, né in terra e nemmeno nell’immaginaria padania, sarebbe lunghissimo. Basta prenderne due. Innanzitutto si è rallegrato del fatto che l’adunata di partito si svolgesse in un posto così bello, con tanto verde intorno. Sì, quella che si chiama l’area feste di Arcore. Esattamente il luogo in cui la Giunta cittadina di destra, in cui sguazzano i suoi compari, vorrebbe svincolare da terreno agricolo per consentire al Sultanino di far colare circa 150.000 metri cubi di cemento per edificare la città di Berluscandaland. Si dice che, udito il concetto, chiamiamolo così, anche i pizzocheri siano diventati rossi dalla vergogna. Ma la seconda chicca è la più bella. Tutto tronfio e ampolloso come solo lui sa essere, si è detto felicissimo che la Lega sia completamente estranea al malaffare delle cricche romane. Qualcuno ha cercato di tappargli la bocca, memore del fatto che il loro partito è azionista principale e appoggia esattamente il governo in cui san Bertolaso, gli Anemone e i Balducci hanno fatto affari (i propri) e disfatto l’Italia. Qualcuno gli ha sussurrato i nomi di Verdini, Lunardi, Matteoli, Brancher, tutti ministri dei governi da loro sostenuti. Ma oramai gli era scappata. Si dice che a quel punto che anche le salamele, dopo un breve consulto, abbiano deciso di alzarsi dalla vaschetta con le proprie gambe e raggiungere la griglia rovente per suicidarsi all’istante.Possono interessarti anche questi articoli :
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