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Ninnj Di Stefano Busà a 360° sul concetto di amore

Creato il 03 febbraio 2015 da Lorenzo127

L’AMORE COS’E’? 2° puntata dopo il mio articolo l’AMORE S’IMPARA che molti di voi avranno perso di leggere…

Parlare d’amore è fuori moda in questi tempi sterili, disagiati, fortemente impregnati di egoismo, di vigliaccheria, di miserie umane. Vuoti a perdere noi umani, in questa gazzarre di pornografia, di mostruosi edifici del sesso, di scambi interplanetari di rapporti inquinati, inquietanti: virtuosismi fuori misura (li definisco). Dio! Penserete questa ci viene a parlare di SENTIMENTI…ora, qui…Ebbene sì, vi dichiaro la mia convinzione che solo l’Amore potrà salvare il mondo, vi assicuro che non è nemmeno la Bellezza come disse uno dei grandi. L’amore è una palestra, una scuola di vita, qualcosa che ci arricchisce e ci consegna in parte all’immortalità. Chi ama ed è amato non muore.
Purtroppo, per il genere umano, non tutti lo sanno fare. Vi è una discrasia ad amare che è pari alla intolleranza tra i generi. Qui, non vi sto parlando di surrogati, di accoppiata di corpi, questa è assolutamente bandita dal tema trattato. Vi parlo di armonia tra anime, vi parlo di sentimenti che nulla hanno a che fare con la lussuria del sesso, della carne, con la strabiliante quanto insignificante didascalia dell’amore. Ma attenzione, non vi sto dicendo di escludere tout court questa esigenza, vi sto invece affermando che bisogna distinguere le due cose: l’individuo è fatto di carne e di spirito ed è a quest’ultimo che mi riferisco. Amare veramente è una materia difficile. E’ come una “laurea” non vi pervengono tutti, perché bisogna frequentare una scuola del cuore altamente sensibile alla Verità. Si tratta di un sentimento che non è accessibile ai più, bisogna imparare, imparare e imparare, essere nella forma e nella sostanza dell’oggetto d’amare. Il territorio che ci si para davanti è immenso, impenetrabile, fondo, da dare le vertigini. Si tratta di un abisso inesplorato dove la visuale è zero, per raggiungere la dimensione prefissa occorre camminare molto, fare tanta strada, bisogna superare vette altissime e dirupi, e sprofondare in tenebre che hanno dopo di loro “la luce”.
Purtroppo, la facoltà di amare, la necessità di un procedimento psicologico di crescita, di condivisione con l’altro di noi, di affiatamento con qualcuno che ci affianca, ci accompagna, o vive con noi, è una capacità attitudinale non naturale che non tutti possiedono.
Amare, poi è una cosa talmente difficile, così, rara e portentosa da divenire col tempo un privilegio, qualcosa che abbiamo o non abbiamo, quasi facente parte del DNA di appartenenza.
E non è escluso che si scopra nel tempo, che l’amore è un enzima, magari una sorta di ormone. E’ stato accertato che è un procedimento chimico all’inizio nella fase dell’innamoramento, ma credo che proseguendo nelle indagini si possa pervenire ad un altro fattore osmotico che prevede la conoscenza della materia trattata nei suoi minimi dettagli. Di recente hanno scoperto che l’innamoramento porta un’accelerazione e un aumento della melatonina: un ormone che si trova nel nostro sistema organico e che sovraintende alla scelta della persona di cui ci si innamora. Perché non potrebbe essere altrettanto anche in Amore? E non solo nell’accoppiamento sessuale?

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Vi sono meccanismi oscuri che ci dominano, complicatissimi filamenti, accessi o collegamenti più o meno palesi che ci fanno essere diversi gli uni dagli altri, dentro un patrimonio genetico, all’interno di un tessuto umano, spirituale, morale, affettivo, logico, emozionale, che è difficilissimo da comprendere e altrettanto impossibile gestire, far confluire, armonizzare a nostro piacimento.
La parte più intima del nostro generatore intellettuale, la massa intellettiva del nostro cervello, quella più profonda, deputata ai sentimenti, al raggiungimento della felicità accanto ad un altro essere umano è quella più difficile da gestire. Ritengo perciò che sia sempre una crescita intellettiva, qualcosa che mettiamo in gioco quando siamo più responsabili, più maturi interiormente.
Cresce con noi, di pari passo, o non ci sfiorerà mai, se non l’aiutiamo a venir fuori, divenendo un tutt’uno con la nostra capacità di amare, all’interno di un sistema interiore di condivisioni e di rapporti interpersonali difficilissimi da comprendere, ma ancora più difficile da realizzare. Il successo o l’insuccesso dipendono da molte ragioni, non ultimo l’ambiente in cui siamo vissuti fino a quel momento, le crisi che ci hanno attraversato, le esperienze devastanti o felici che ci hanno fatto crescere o degenerare in atteggiamenti di difesa, di chiusura, di egoismi, di assuefazioni, di rifiuto.
Non vi è al mondo materia più difficile e più maledettamente imponderabile e incomprensibile della mente umana.
Dentro di noi è come se coabitassero mille persone diverse: una miriade di suggestioni, di atteggiamenti, di reazioni, di suggestioni, di emozioni, alle quali bisogna aggiungere, di necessità, anche il passato delle persone che ci hanno accompagnato, che ci sono vissuti a fianco dall’infanzia fino alla maggiore età: più esattamente e presumibilmente genitori, parenti, figli, fratelli, sorelle, amiche. E’ come se, vivendoci accanto, ci lasciassero dei segni, delle escoriazioni, delle ferite, oppure ci orientassero più felicemente ad intuire le regole dell’amore, ce ne indicassero gli orientamenti, o più in generale c’insegnassero a saper cogliere l’AMORE con la Maiuscola, quello vero, profondo, autentico, non distruttivo, non infelice e arido, non devastante e paranoico, non instabile e nevrastenico. SEMPLICEMENTE L’AMORE.
Ma anche a saperlo individuare non è facile, come non lo è saperlo gestire, farlo crescere e progredire… Occorrono, senza ombra di dubbio, intelligenza, dosi massicce di autoconsapevolezza, di autocontrollo, di equilibrio. Non è facile per nessuno amare e restare con lo stesso indice di gradimento per sempre. Intervengono fattori esterni, estranei al sentimento, che demoliscono ogni giorno le certezze, rimuovono la stima, deludono, irritano. Non si può essere sempre come rocce adamantine dentro un mare in tempesta, vi sono momenti oscuri, esigenze diverse, tempi diversi e diversi modi di sentire lo stesso sentimento, che ci deviano, ci confondono. Ma basta essere maturi, cresciuti nell’orbita di un sentire che non vuole a nessun costo giungere a situazioni irreversibili, avere il privilegio della logica, della comune ragionevolezza, per non arrivare a passi estremi di autolesionismo e di intolleranza.
Saper riportare tutto nella normalità, di un percorso comune, adulto, ragionato, educato alla tolleranza, alla comprensione, duttile, per poter progredire, crescere, perdonare, vedere le cose attraverso lenti bifocali di autodisciplina e cultura interiore, che è diversa da quella della preparazione dei corsi di studio. Questo è un metodo, una conoscenza di anime. Qui parliamo di morale e della coscienza dell’essere. Si possono avere, in tal senso, due lauree ed essere analfabeta in -amore- analfabeta in tatto, in comportamento. in educazione, meritare zero in disciplina morale e in sinergia intellettuale.
Tutto ciò è delle menti eccelse, non per comuni mortali (ci sussurriamo all’orecchio) invece non è così. Chiunque può accedere alla grazia di un Amore grande, basta non lasciarsi condizionare da fatti estranei, da esperienze che se hanno segnato i genitori, i fratelli, gli amici, non è detto che debbano coinvolgere e travolgere anche noi. Bisogna avere la mente lucida, iperattiva, in grado di discernere il bene dal male autonomamente e sapersi dire, ogni giorno, davanti allo specchio: io sono un essere razionale, ho un indice di media intelligenza, non voglio essere plagiata o suggestionata da chicchessia, voglio agire da solo, voglio sbagliare o avere esperienze autonome che mi fanno crescere, senza implodere in me stesso come un allocco.
Questo dovete fare cari amici e amiche. Ognuna delle esperienze di chi ci è stato vicino ha invece seminato zizzania nei nostri cuori, ha eluso la nostra sorveglianza intellettiva, ci ha condizionato, ha lasciato un segno, una traccia dentro di noi, ha manomesso la parte più delicata del nostro sentire, generando nei meandri più oscuri della coscienza una sorta di allarme, una specie di (in)compatibilità col mondo esterno, con l’altrui.
Mi spiego meglio: nessuno di noi vive solo, isolato in cima all’Everest, indipendentemente dall’amore o dall’affinità con l’altrui, siamo tutti legati gli uni agli altri, in una catena di sentimenti più o meno falsati, più o meno contraddittori, conflittuali con il nostro prossimo: ambienti lavorativi, rapporti interpersonali con colleghi, amici, vicini, viaggi, le nostre professioni ci portano ad intrecciare volenti o nolenti rapporti con il prossimo.
Può capitare che la persona che ci viva accanto lasci involontariamente dentro di noi un segno indelebile che non si cancellerà mai più. I genitori ad es. che sono stati i primi protagonisti della vita precedente vissuta in famiglia, hanno lavorato nel nostro subconscio quanto non osiamo neppure supporre. Il loro esempio nell’età giovanile, o nei primi anni di vita, quando la coscienza non è adulta, ma è virtualmente recettiva, fattibile, plasmabile, ondivaga, può essere determinante per una soluzione felice da parte di chi ha vissuto serenamente l’ambiente familiare, ma può anche essere un disastro per l’infelice adolescente che diventando uomo o donna si trovi sbalzato fuori, senza avere potuto imparare nulla. Si, amici, avete capito bene. L’amore s’impara, come a scuola la lezione di latino. Nulla si deve lasciare al caso e chi è analfabeta o non ha frequentato lezioni non può essere il primo della classe, perché gli manca il nozionismo atto a fargli scattare l’intelligenza, gli è del tutto estraneo o assente il meccanismo di penetrazione, di discernimento, di articolazione del bene e del male, in poche parole, tutta quella complessa struttura abilitata ad apprendere la cultura dell’amore, proprio come si apprendono le nozioni, le regole della matematica, delle lingue straniere, della fisica.
La serenità vissuta accanto può essere determinante nel suo sistema di crescita e può pregiudicare tutto l’impianto psicologico del bambino, che sarà il futuro adulto.
Per l’infelicità, poi ci serviamo da soli. Quando abbiamo vissuto carenze di affetti devastanti, quando abbiamo dovuto superare solitudine, incubi notturni, castighi immeritati, esperienze choc, che ci lasciano defraudati dall’enzima amore, al resto pensiamo con la nostra carica di crudeltà, d’indifferenza, di egoismo, di cattiveria. Ma davvero vogliamo peggiorare le situazioni? Se appuriamo che, qualcosa non va nel nostro organismo, andiamo dal dottore, se qualcosa non va nella nostra sensibilità, nel nostro organico sentimentale, siamo tentati di guarire da soli. No. bisogna lasciarsi aiutare, perché il cervello, l’anima, lo spirito sono di gran lunga la materia più difficile in assoluto, da controllare, da curare per non rimanere coinvolti in una infelicità complessiva, devastante per se stessi e per gli altri.

NINNJ DI STEFANO BUSA’



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