Per commentare, fare critiche costruttive ed utili, dare suggerimenti ed idee, vi chiedo con gentilezza di recarvi sul seguente link: http://www.con-fine.com/home/la-storia-di-ninuccia/
L’editrice Lazzarini Nadia per valutare e giudicare se pubblicarmi e credere in un nuovo scrittore esordiente, vorrebbe avere commenti dal pubblico dei lettori. Sta facendo un sondaggio di gradimento, per comprendere se investire oppure no su una persona sconosciuta come me. Se vi piace la storia di Ninuccia e se sperate in un finale che a voi sia consono, ditelo e scrivetelo sul link della casa editrice. io ci spero con tutto il cuore di potervi regalare un giorno, la storia di NINUCCIA E LE SCARPE DEGLI ANGELI, in formato cartaceo. Grazie!
SECONDO CAP.: LA METAMORFOSI.
A malincuore Ninuccia toglieva di torno i maglioni. All’improvviso un suono nudo e tagliente le perforò il cervello: era Fernando il suo fedele parrucchiere, che era arrivato per il nuovo taglio di capelli.“Io non ci voglio essere, non voglio assistere ad un simile scempio” disse Rosina amareggiata e dispiaciuta per una così drastica decisione.“Puoi anche decidere di cambiarne solo il colore, senza ricorrere ad un intervento chirurgico su di te! Se penso che ci hai messo anni e anni per curarteli, farli crescere, spendendo tanti di quei quattrini che Dio solo lo sa, ma come fai a volerli tagliare tutti a zero,ridurti con la crapa di un monaco buddista? Ne lascerai almeno un pochino dietro, per favore Ninuccia?”. Rosina era in lacrime e glielo domandava con tutto l’affetto del quale era capace. “Non se ne parla nemmeno, te l’ho già detto che non voglio nulla con me e dentro me, che mi ricordi il presente. Voglio ricominciare tutto, anche a farmi ricrescere i miei capelli biondissimi, bianchi ora, ma pur sempre miei. Perciò Fernando mi metta il telo e inizi la trasformazione, senza esitare.” Il parrucchiere, abbassando la testa sconsolato, aprì la valigia, estrasse un telo rosa, spiegandolo come vele di una nave d’oltre oceano, glielo avvolse intorno al collo con leggiadria, annodandolo morbido. Sapeva bene che Ninuccia soffriva di ansia, non voleva in alcun modo procurarle un senso di soffocamento stringendo troppo il telo di pura seta. Con dolcezza le chiese:”Ho stretto troppo Dottoressa? Lo devo allentare?”.“La prego Fernando di non trattarmi come una dappista, non in questo momento per favore! Stringa come crede, l’importante è che lei tagli questi stupidi ed inutili capelli”. Fernando, annuì ed abbassando ulteriormente il capo, si infilò i guanti di raso bianco da vero professionista coiffeur qual era, cercando nell’astuccio delle forbici, quelle più taglienti e lunghe. Naturalmente aveva portato con sé l’astuccio contenente le forbici personali di Ninuccia. Scelse quelle con il manico turchese e le iniziali incise: N e B, che stavano per Ninuccia e Beniamino. Ancora una volta il bambino era nel suo cuore, ancora una volta era presente in ogni gesto che compiva e tutti i pensieri e le azioni, erano solo ed esclusivamente per lui. Le gemelle, anche se molto amate, non dovevano saperlo, si sarebbero ingelosite ulteriormente e non avrebbero capito esattamente, ciò che la madre aveva dovuto subire. Ninuccia si augurava che non lo dovesse imparare nessuno, ciò che aveva dovuto imparare lei, quindi era meglio tenere questi ricordi d’acciaio pesante chiusi nelle sue viscere e dentro la sua anima. Lì, nessuno aveva le chiavi per entrare e distruggere tutto. Nessun essere umano avrebbe potuto farle ancora del male e non avrebbe permesso al suo cuore ed al suo corpo di abbandonarsi ancora e di credere nell’amore. Ninuccia si stava già spazientendo e chiese a Rosa una sigaretta. La donna stavolta le rispose in malo modo, poi se ne pentì subito e andò nello scaffale delle scorte per cercare un pacchetto nuovo. “Eccotela ma non ti calmerai, non ti servirà a nulla fumare queste dannate sigarette: prima di un decennio non ti ricresceranno, o almeno non così lunghi e folti come ora!”.“Sono pronto” disse Fernando e iniziò con la prima sforbiciata, che sferrò con la precisione di un chirurgo, facendo cadere a terra la prima ciocca di capelli a boccoli biondi, lunga almeno quaranta centimetri. Ninuccia portava sempre i suoi splendidi capelli, raccolti in chignon o in code di cavallo. La ciocca non fece rumore, si accasciò dolcemente proprio ai piedi della sua padrona, come per ricordarle che erano state attaccate l’una all’altra per decenni. Ora era giunto il momento di separarsi per sempre. Proprio come lei e Rosina. Altre ciocche andarono a fare compagnia alla prima, un massacro, un cimitero di capelli e ad ogni taglio di forbici, Ninuccia tagliava anche un pezzo del presente, sperando di far nascere dentro di sé un capitolo nuovo della sua vita. Quando Fernando ebbe terminato, Ninuccia corse nel suo bagno personale, quello adiacente alla sua camera da letto, dove c’era lo specchio più grande di tutta la casa. Si strappò dal collo il telo del parrucchiere, trattenendo il respiro ad occhi chiusi, poi finalmente ebbe il coraggio di aprirli per giudicare l’esito finale. Ciò che vide riflesso nello specchio, le fece avere un conato di vomito, che represse dandosi un pugno allo stomaco. Poi rabbiosamente diede un altro pugno al mobile di marmo rosa di Carrara, mandando in mille briciole la collezione di cristalli Lalique che amava, dal momento che era stato un regalo del “colonnello Cordua Vincenzo, suo primo amore mai dimenticato. Sembro una detenuta rinchiusa in un campo di concentramento, senza i miei capelli e vestita un modo umile, di certo nessuno potrà riconoscermi.”Poi, bevendo dal rubinetto una lunga sorsata d’acqua, si premette ancora lo stomaco e disse con voce altissima e stridula ”Sai Rosina, dovevo pensarci prima a questo nuovo taglio di capelli, ora sì che dimostro vent’anni di meno!”.Poi richiuse la porta del bagno dietro di sé, si sedette sulla tazza del wc e come ogni volta che stava per vomitare, si mise a leggere una rivista di finanza per scacciare i conati. Concentrarsi sulla Borsa e sui suoi titoli azionari funzionava sempre, ma questa volta non ebbe successo e vomitò anche l’anima. Dopo circa una mezz’oretta che era rinchiusa in bagno, Rosina preoccupata bussò e le disse che c’erano le figlie all’ingresso, per salutarla prima della loro partenza per la montagna, con i rispettivi fidanzati. Ancora stremata per il mal di stomaco, pallida in viso come un lenzuolo di lino bianco, gli occhi cerchiati da spaventose occhiaie viola, disse a Rosina:“Non avrai detto loro che sono in casa? Vuoi che mi vedano conciata così? Potrebbero pensare che la menopausa mi sta facendo impazzire!Corri ad informarle per cortesia, che sono in Consiglio di Amministrazione per un problema urgentissimo da risolvere.” “Ma hanno visto la Rolls parcheggiata qua sotto, non mi crederebbero!”“Inventati qualcos’altro, per l’amor di Dio Rosina, ma falle andare via subito: non voglio assolutamente vederle, ho il cuore in frantumi: se le vedo anche solo per un attimo, poi non sono più sicura di voler partire.“Fallo per me, mandale via subito e dì loro, che le chiamo appena finito il Consiglio”.“Conoscendole bene, per essere qua a quest’ora del mattino, vogliono certamente qualcosa. Le signorine in genere dormono fino a mezzogiorno inoltrato, Laerte per buttarle giù dai loro letti, mi ha detto che deve ricorrere ad ogni mezzo, lecito o non lecito.”“In che senso lecito o non lecito?” Chiese Ninuccia allarmata.“Nel senso che deve buttare sopra ai loro angelici visi, l’acqua ghiacciata, che odiano, poverine! Odiano il freddo, i geloni, ed il naso con la goccia, povere stelle del firmamento! Ma che cosa vai sempre a pensare, Ninuccia suvvia! Non conosci Laerte dopo tanti anni che è qua con noi? Dovresti saperlo che non corteggia le donne, ma gli piacciono gli uomini. E’ un po’ gaio, come dici sempre tu!” “Gay Rosina, si dice gay, quando lo imparerai?E per un attimo me lo ero dimenticato!”.Le risate sguaiate delle ragazze invadevano tutto l’appartamento di Ninuccia, anche se era grande quanto Piazza San Bertolasio, le parolacce che dicevano risuonavano in ogni stanza. Ninuccia doveva coprirsi le orecchie con le mani per non sentirle. Tra l’altro i capelli cortissimi, non la potevano riparare nemmeno un pochino,cosicché le toccava digerire tutto il corollario di porcherie che dicevano, senza poter intervenire.“Dove sei Mamy? Urlò Greta, “Vieni subito fuori, abbiamo fretta, ti decidi ad uscire dal bagno? Ti masturbi più tardi, il tuo elicottero ci sta aspettando!” Greta, era la più irriverente e maleducata delle due gemelle, quella che non aveva peli sulla lingua, quella con la quale la madre aveva i maggiori contrasti e liti da quando era venuta al mondo. Tra le due, era la fotocopia di nonna Angelica, tranne la bellezza, che aveva indiscutibilmente preso dalla madre e alcuni tratti ben decifrabili della bisnonna Divina. Era la figlia che una madre non avrebbe mai voluto, ma Ninuccia proprio per questo l’amava ugualmente e alla fine, le perdonava tutto quanto. Celeste che invece era un pochino più discreta ed umile,strattonando la sorella per un braccio, le disse:”Ma cosa dici, cretina? Così scopre che lo sappiamo e pensa che ogni volta che va in bagno, noi la spiamo dal buco della serratura: ma non puoi tenere per una volta quella linguaccia tra i denti?”“Ma chi se ne frega”, rispose Greta, “Perché non dovrebbe sapere che siamo a conoscenza delle sue pratiche erotiche solitarie?”In fin dei conti ce lo ha sempre insegnato lei che tra di noi non ci devono essere segreti di nessun tipo: quindi mamma predicherebbe bene e razzolerebbe male?!”“Ma così le togli anche l’ultimo briciolo di dignità! Non mi piaci quando ti comporti così Greta, non ti sopporto e a Saint Moritz ci vai da sola! Io non vengo con te.”
“Preferiresti che avesse un altro uomo? Cioè l’ennesimo errore, così va a finire che si uccide come lo zio Oreste, che si impiccò quando i nonni, lo obbligarono a sposare Carmela, che odiava e non amava assolutamente. O preferiresti forse che le si avvicinasse un ragazzotto squattrinato, che fingendo di avere perso la testa per lei, si facesse sposare appropriandosi del nostro patrimonio? Mamma forse ci crederebbe, è in un’età delicata.” “Ma non ha detto di essere in menopausa? Certe vogliette dovrebbero esserle passate penso. O no?” disse Celeste. Si aprì la porta di scatto e comparve Rosina, con gli occhiali di traverso, il grembiule slacciato e i capelli sciolti. Quando si presentava in questo stato non c’era nulla di buono da presagire. Il silenzio cadde nella stanza scendendo dal soffitto come una scure che con precisione si posa sulla gola, pronta per essere tagliata. “Sedetevi, svergognate! Come vi permettete di dire ciò che ho udito con queste orecchie? In una casa benedetta da Dio e abitata da colei che dovreste amare di più al mondo e rispettare per quello che ha dovuto subire. Dovreste solo amarla senza giudicare: ma come potete permettervi di affermare scemenze simili!Il rispetto ed il bene che le dovete non dovrebbe mai venire meno: pensate a ciò che ha fatto in passato per voi, quando eravate due neonate! Vi invito a riflette a ciò che compie ogni giorno per voi due, razza di irresponsabili che non siete altro! Ho sentito tutto, per fortuna che non c’è ed è in Consiglio di Amministrazione, le sarebbe venuto un infarto se solo avesse sentito! Vergognatevi!”ridisse Rosina Giudici con voce metallica. Nell’udire queste parole in maniera forte ed inequivocabile, le gemelle iniziarono a tossire e a mangiare il chewingum in maniera convulsa, tanto che venne loro il singhiozzo, come facevano da piccole quando erano in difficoltà.“Stavamo scherzando” disse Celeste,”Abbiamo di meglio da fare, che spiare la mamma quando è in bagno, vero Greta?” Greta, che si stava facendo un boccolo con le dita nervose e con le unghie smangiucchiate, rispose tra un palloncino e l’altro”Chi se ne frega di quello che fa nostra madre quando è in bagno! Ho altri cavoli per la mente ora.”“Farò finta di non aver udito nulla, auguratevi che Aristide passando non vi abbia sentito, altrimenti farete i conti con me e sapete benissimo che cosa intendo dire.” Celeste e Greta, impallidirono di colpo e cercando di farsi piccole piccole, supplicarono Rosina di non raccontare alla madre che avevano fatto uso di sostanze stupefacenti, alla festa dei loro diciotto anni. Anche se oramai erano passati ben dodici anni, l’accaduto non era passato inosservato. Purtroppo anche in altre occasioni, le ragazze avevano fatto uso di questi veleni micidiali, finendo in clinica diverse volte, ma Rosina puntualmente si accordava con i medici per dire che si trattava di gastroenteriti o infezioni batteriche, per mettere tutto a tacere.
Non voleva procurare a Ninuccia altre preoccupazioni e tribolamenti, conoscendo bene il suo lato ansioso ed emotivo. Se avesse immaginato queste verità nascoste, non ci avrebbe messo molto a diseredarle di tutto quanto, nominando Rosina e gli altri suoi fedeli amici e collaboratori eredi universali. Alle disgraziate solo la quota legittima, quella purtroppo non poteva negargliela. Loro questo lo sapevano bene e per Rosina era l’unico deterrente, da usare in situazioni gravi.“Non lo puoi fare Rosina, non dirai sul serio vero?” Chiese Greta ora sul punto di svenire, “Non ci puoi fare questo, non stavolta che dobbiamo partire e ci aspettano i nostri fidanzati per presentarci alle famiglie.”
Celeste come di consueto si mise a piangere, baciando Rosina che però non ne voleva sapere di cedere e spazientita chiese loro”Che cosa siete venute a fare a quest’ora del mattino? Sono parecchio occupata e non ho tempo per le vostre scemenze”.Un poco rincuorate, risposero che erano lì per prendere l’attrezzatura da sci di Ninuccia, quella che aveva indossato diversi decenni prima, per le prove di ammissione al campionato mondiale su ghiaccio delle Olimpiadi di Pechino.“Siete certe che vostra madre vi ha promesso proprio quello e gli altri completi? Non credo che voglia prestarveli! Ci tiene molto a quelle tute e a quel periodo spensierato della sua vita, uno dei pochi che ha vissuto. Sbadate come siete, glieli rovinereste sicuramente, ed io non penso che vostra madre voglia correre questo inutile e stupido rischio solo per farvi sembrare ancora più belle. Non ne avete bisogno!La vostra vanità e l’impertinenza che indossate, dovrebbero bastarvi per far capitolare quei due sprovveduti, quindi ritengo di non darveli.”.“Tu non ritieni proprio nulla, cara! Mamy ce li ha promessi e se fosse qua te lo potrebbe confermare! Anzi ora la chiamo e me la faccio passare subito, così te lo dice e si arrabbia pure, perché l’hai disturbata mentre è in Consiglio.” “No, Greta sei tu che la vuoi disturbare, non io. Io semplicemente non voglio darti delle attrezzature per lei così importanti e preziose. In questo momento, Greta che sprizzava lampi dagli occhi, mentre Celeste tentava di tenerla calma sbraitò: ”Non me ne frega niente di quello che pensi tu, spostati, me li vado a prendere da sola quei maledetti completi da sci! Suppongo siano nelle stanze private di sua maestà, in uno dei suoi armadi numerati!” Rosina consapevole di quello che c’era sul letto in camera di Ninuccia, si sarebbe fatta uccidere piuttosto che farle passare.“Dovrete passare sul mio cadavere, se volete andare in camera da letto!”E allargò le braccia per tentare di sbarrare il passo a Greta che era sempre più imbestialita. Guai se avessero visto i preparativi e se fossero venute a conoscenza del progetto di Ninuccia. “Ma spostati perbacco, che perdiamo l’aereo!” Così dicendo Greta le diede una spinta così forte, che Rosina fece un volo quasi acrobatico, facendola atterrare sotto al peso di se stessa, sul parquet d’acero fiammato. Stava emettendo un grido acuto di dolore, quando comparve Aristide sulla porta del salone”Ma dove credete di andare signorine, così di fretta? Non vedete che Rosina è in terra accasciata? Che cosa è successo per tutti i lampi del cielo? Che cosa aspettate ad aiutarla a rialzarsi?” Cosa è accaduto per l’amor del cielo, dimmi Rosina, come hai fatto a cadere?”Mentre Rosina cercava il fiato per parlare, Celeste prontamente prese la parola e disse”Credo sia scivolata perché come di consueto, le cameriere mettono troppa cera d’api per lucidare i rosoni del parquet. Noi lo diciamo sempre a Mamy, ma lei insiste, li vuole lucidi come gli specchi dei bagni e sempre immacolati. Prese la parola Greta “Sì, i bagni dove lei indisturbata si …Un calcio ben sferrato raggiunse il malleolo di Greta, che finalmente si zittì. “Invece di brontolare cosa aspettate ad aiutarmi? Credo di essermi slogata una caviglia, Aristide per cortesia telefona subito al Dottor Baroni e digli se può correre qui. Ahi, Ahi, Ahi, Ahi, non riesco a muovermi, queste cose succedono sempre quando in casa ci siete voi due e manca vostra madre: sembra un destino!”A queste parole le due ragazze si fecero pallidissime in viso e cercarono di aiutare Aristide nel sollevare con delicatezza Rosa. Piano piano la misero sulla poltrona di velluto blu pallido, quella dove si sdraiava sempre Ninuccia con il gatto Bernardino, quando esausta ritornava dall’ufficio. Rosina si lamentava per il gran dolore, trattenendo a stento le lacrime, mentre le ragazze erano talmente in confusione che ruppero un vaso di Limoges di fine ottocento, facente parte di una delle collezioni della madre. Aristide telefonò in fretta al Dottor Baroni spiegando l’accaduto e con voce concitata gli disse”Faccia presto per favore, Rosina sta molto male e senza un suo consulto si rifiuta di salire sull’ambulanza, perché è quella vero, che dovrà prendere per andare all’ospedale?”Nel pronunciare queste parole si agitò oltremodo ed inciampò a sua volta nel filo del telefono, rischiando una caduta simile a quella di Rosina. Fu prontamente soccorso da Celeste e da Greta, che finalmente erano uscite dallo stato catatonico nel quale erano precipitate. Salvarono così le gambe al devoto Aristide, che non smetteva di ringraziarle.“Ci mancava solo che anch’io procurassi disagio in codesto momento di disperazione assoluta! Vi ringrazio per l’aiuto e vi prometto che non racconterò nulla a vostra madre delle inaudite parole che avete pronunciato poc’anzi.”Intervenne Rosina che aveva ancora un filo di voce per parlare, mentre la caviglia si gonfiava a dismisura e l’ematoma che si stava formando era grande e violaceo come vino che galleggia solitario in una tinozza. In questa confusione generale, mentre tutti aspettavano il medico, Ninuccia ancora rintanata nella sua sala da bagno, era impietrita per quello che aveva udito dalle boccucce d’oro delle sue figliole e per ciò che era accaduto sempre a causa loro, alla sua amata Rosina. Avrebbe voluto urlare forte, avrebbe voluto rompere tutto quello che le stava intorno e sicuramente avrebbe dato due sonori schiaffi alle gemelle. Quelli che non aveva mai potuto dare loro, quelli che si meritavano fin da bambine.“Le avrei dovute punire al momento opportuno, ora è troppo tardi, ma che accidenti ho capito io del ruolo di madre, che vado tanto decantando nei miei libri? Ma come faccio a venderne così tante copie, se non ho saputo nemmeno educare le mie figlie? Era uno dei momenti di pessimismo acuto, Ninuccia in cuor suo lo sapeva.“Mah, non so più cosa pensare: come mamma sono un fallimento completo eppure insegno agli altri a fare il genitore in maniera dolce ma decisa. E mi pagano pure!Ci deve essere qualche cosa dentro di me che non gira per il verso giusto”.Quello screanzato del suo primo marito, Fornasetti Achille detto “il furbo” operaio alla Fabbrica delle Scarpe, ubriacone e giocatore di poker accanito, se la vedeva dare anche solo una sculacciata alle sue bambine, minacciava di farla rinchiudere in un istituto per malati mentali, accusandola di percosse.
(Foto di Castrolibero in prov. di Cosenza). Non riusciva nemmeno ad educare le sue figlie, non le era concesso, lavorava quindici ore al giorno, era magra come un uscio di cucina, ma andava avanti dicendosi che prima o poi il destino l’avrebbe ripagata di tutto e le avrebbe reso ciò che le aveva tolto. Tutto questo Achille lo compiva con la complicità e la benedizione solenne della suocera, cioè la mamma di Ninuccia, che inspiegabilmente si era ripresa da una gravissima malattia. Il cielo invece di punirla aveva voluto graziarla, chissà che cosa aveva promesso in cambio! Anche questo aveva dovuto inghiottire, tacendo e inghiottendo grandi quantità di ansiolitici.