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Nobel per la pace: "Un elefante nella cristalleria"

Creato il 10 ottobre 2010 da Albertofattori
Da Affari Italiani
Mi spiace osservare che nella gestione del conflitti, ad Oslo abbiano preferito ancora una volta il "metodo occidentale", un approccio che già troppe volte ha dimostrato i propri limiti, tanto che invece di risolverli, i problemi spesso ha finito per ingigantirli, radicalizzarli e cristallizzarli (Corea, Iraq, Afghanistan, Medio Oriente ...)
Premesso che la questione dei diritti umani in Cina e in ogni parte del mondo esiste, appare però altrettanto evidente che se le intenzioni del comitato erano quelle di diffondere un messaggio positivo ed universale di indubbio valore, in questo caso invece di potenziarlo, rischiano di screditarlo.
Per prima cosa perchè arriva nel momento sbagliato, visto che siamo nella fase più critica nel contrasto Est - Ovest legato agli equilibri economico - finanziari, in quella che non si esita più a definire "guerra delle valute" che potrebbe avere effetti nefasti sugli equilibri mondiali, se non trova un corretto bilanciamento. Dopo il premio di oggi, appare prevedibile che ora la Cina possa irrigidire le proprie posizioni, rendendo tutto più complesso.
Secondariamente, perchè segue a stretto giro il Nobel "sulla fiducia" assegnato ad Obama lo scorso anno che oggi finisce per essere il suggello del "buono" mentre quello di quest'anno, sembra più una "patente" del cattivo assegnata alla Cina, oltre ad alimentare il dubbio cinese di qualche relazione tra i due premi.
Terzo, perchè il riconoscimento finisce per dare l'idea sbagliata al mondo, prestandosi ad una evidente strumentalizzazione politica, visto che il premiato finisce ora per essere considerato in occidente a tutti gli effetti quale un possibile nuovo capo-popolo da assecondare nella lotta contro il governo locale cinese, un leader di un movimento quindi, un terribile misunderstanding, che finirà inevitabilmente per mettere in secondo piano le motivazioni e i valori che si vorrebbe rappresentasse.
Per finire, quasi in antitesi alla sua stessa definizione di "Premio della Pace", del resto già ambigua quando l'anno scorso fu assegnato ad un Obama, Generale d'Armata coinvolto in ben 2 conflitti militari, ora rischia di gettare invece le basi per il ritorno ad un antiquato confronto tra blocchi del tutto fuori luogo, una visione che spesso però sembra alimentare le menti occidentali quale metodo "infallibile" per risolvere le questioni internazionali esistenti.
Tra l'altro, nell'assegnare il premio, appare evidente la lacunosa lettura dei fatti cinesi degli ultimi decenni, visto anche il continuo richiamo nelle motivazioni ai fatti dell'89.
Infatti, ho avuto modo di verificare che tutta la storia di quei giorni è dolorosamente nota a tutti, ma il cinese medio intende rimuoverla, come quel dolore infinito della morte di un parente caro.
Tra l'altro, quanto successo, non fu come si vuole far intendere in occidente, la lotta tra chi voleva la libertà e chi no, ma al contrario, come è testimoniato dell'appoggio dato dagli studenti ad una "fazione" all'interno del governo di allora, fu una vera e propria lotta di potere (e di classe), con annesso un tentativo di "colpo di stato", una contrapposizione tra due opposte ambizioni politiche che in quei giorni "sfuggì di mano", in quello che fu un terribile errore umano che la maggior parte dei cinesi intende lasciarsi alle spalle, proprio come tale.
A 30 anni di distanza, la Cina è riuscita nell'impresa di trasformarsi, proprio lasciandosi alle spalle ben di più di quelle giornate e sta ora cercando anche di crescere sul piano dei diritti umani, applicando nei fatti quello che comunque la sua costituzioni prescrive, ma che necessita di tempo affinché diventi, come accaduto anche in occidente, normalità sociale.
Non deve quindi stupire se ora reagisce in questo modo, visto che di fatto, con questo premio agli occhi cinesi, si intendono premiare i protagonisti di allora, più che le intenzioni di oggi, in una presunta continuità storica che in Cina non è la realtà che si crede in occidente, emozioni che da tempo non appartengono più al presente e al futuro del paese.
Strumentalizzarle oggi per cercare di dimostrare al mondo l'assioma che in Cina nulla è cambiato, oltre a sottintendere o meglio quasi pretendere di fatto un cambiamento politico nel paese, finisce per riportare i cinesi a rivivere il "riordino forzoso" subito dagli occidentali a fine '800 con la guerra dei boxer che provocò la perdita della propria indipendenza e autodeterminazione, recuperata solo decenni dopo con la Rivoluzione Maoista.
Vi ricordate come ebbero inizio le guerre dell'oppio?? Beh, furono scatenate al culmine di una disputa commerciale (anche allora) tra Cina e Regno Unito (gli Usa del tempo), dopo che in risposta alla penetrazione commerciale britannica che aveva aperto il mercato cinese all'oppio dall'India britannica, la Cina inasprì i propri divieti sulla droga, atto che scatenò il conflitto che ancora da queste parti ricordano tutti, anche le giovani generazioni.
I cinesi sono in pace e hanno chiesto a chiare lettere, che vorrebbero avere il diritto di perseguire il profondo ed incredibile cambiamento in corso che li ha portati in un poco tempo, dal medio evo al futuro prossimo venturo, seguendo un percorso "naturale", come da loro stessi definito ed apprezzato anche da Berlusconi proprio ieri, "armonioso".
In occidente si sorride a questa parola, ma essa non va tradotta, bensì compresa. Infatti, per armonioso si intende pragmaticamente trovare soluzioni ai problemi e non creare contrapposizioni e frizioni che rischiano di non avere mai fine, visti i numeri in gioco, che possono scatenare effetti inimmaginabili a livello mondiale.E' un faticoso esercizio quotidiano di composizione, comprensibile analizzando a fondo come la Cina stia percorrendo, a tappe forzate, quello che l'occidente ha realizzato in 2 secoli della propria storia.
Bene, quelli del Nobel oggi sono sembrati "elefanti nella cristalleria", con un atto che (forse) creerà problemi in Cina, come sotto sotto in parecchi nel mondo si auspicano ( lato politico del premio), ma che sicuramente rischia di crearli ben maggiori all'estero, visto che riattiverà il "dialogo tra sordi", avendo di fatto forzato a modificare le agende internazionali dei prossimi incontri, in un momento delicato come quello attuale, dove le emergenze che affliggono il mondo necessitano della convinta cooperazioni di tutte le parti, per trovare rapidamente soluzioni, tutti assieme.
E questo "tutti assieme", sembra essere il vero assente nella motivazione al premio assegnato oggi.

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