Sembrerebbe la solita frase di “aria fritta”, come ripeteva spesso un mio insegnante di filosofia quando noi alunni non centravamo la risposta esatta.
Ma non è proprio così.
E non lo è se c’impegnassimo, almeno come semplici cittadini del pianeta, a prestare un po’ più di maggiore attenzione a ciò che avviene attorno a noi.
E questo tanto nel vicino che nel lontano.
Il paradosso dei nostri tempi, infatti, è che più siamo bombardati da informazioni di ogni genere, e per giunta provenienti da ogni parte e con ogni mezzo, e meno siamo capaci di riflessione perché la connotazione prevalente della vita odierna, un po’ per tutti è , oggi , la “fretta”.
Tutti abbiamo sempre tanta fretta, troppa fretta.
L’editoriale che padre Gigi Anataloni ,direttore di “Missioni Consolata”, ha scritto per il numero di gennaio 2013 della rivista, redatta e edita appunto dai missionari della Consolata di Torino ma che, per abbonamento, raggiunge anche città e continenti “altri” e lontanissimi dal Piemonte, ha per titolo “Costruttori di Pace”.
E diciamo pure che fa un po’ il verso (ma non è certo reato di plagio) all’omonima associazione, quella nata qualche anno fa nella città di Verona.
Padre Gigi, dopo aver riportato alcuni esempi di persone costruttrici di pace,uomini e donne, missionari e laici, ed essersi soffermato in particolare sulla strage di Baragoi nella Sugata Valley, in Kenya, quella del dicembre scorso in cui hanno perso la vita oltre 40 militari, tratti in imboscata da razziatori di bestiame oppure su chi ,come fratel Argese, a ottant’anni suonati, continua a cercare di dare acqua,un diritto di tutti, alla genti kenyane della foresta di Nyambene e dei villaggi dintorno , dice a noi, lettori e amici, tutto quello che pensa e senza fare sconti a nessuno, su questo “nostro” mondo (tolto il” bene” che pure c’è) per certi versi tutto parecchio da rifare.
E non è questione d’essere “missionari”.
Gigi ci striglia ben bene, pacatamente ma secco e severo, e ci vuol dire :”Aprite bene gli occhi e le orecchie. E poi scegliete il “vostro” da farsi. Decidete, insomma, ragazzi miei, da che parte stare. Crogiolarsi nel limbo non è mai servito e non serve a nessuno”.
E ci ricorda così i pigmei d’Africa a rischio sfratto, la cui unica colpa è quella di essere su terre ricchissime di minerali pregiati. Oppure gli indios dell’America latina che difendono con unghie e con denti la peculiarità di un loro modo di vivere alternativo a quello dell’uomo bianco.
O ancora, sempre Gigi, fa riferimento alle minoranze etniche e religiose, schiacciate da giochi politici molto più grandi di loro.
O alle donne-oggetto e vittime del mercato del sesso come gli stessi bambini, venduti con disinvoltura al migliore offerente soltanto per soldi.
O sottolinea la condizione di uomini disperati in cerca di un lavoro per sopravvivere con la propria famiglia, e perciò costretti ad emigrare, perché a casa pro propria non c’è affatto giustizia . Semmai solo soprusi e tirannia.
E poi ancora il lucroso mercato dei trafficanti d’armi, una politica di casa nostra, quella giusto dei tanti dietro l’angolo, che si accanisce sempre sugli stessi soggetti, e cioè su chi ha già meno del necessario e li tartassa e poi una politica economica generale in grande del Paese Italia che, con l’uso diseguale delle risorse, ha fatto saltare antiche e consolidate sicurezze nella gente comune.
Spiattellatoci, o meglio scrittoci, tutto questo, padre Gigi c’invita al giudizio e all’azione (ricordate il vecchio metodo del vedere, giudicare e agire?) ma sempre con lo sguardo del cuore al crocefisso e risorto Signore della Pace.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)