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Noi, lo zoo degli zombie e l’assedio della mediocrità.

Creato il 08 gennaio 2013 da Gianna
Noi, lo zoo degli zombie e l’assedio della mediocrità.

Ti guardi attorno, e vedi quasi solo mediocrità. Cialtroneria, mancanza di rispetto, ignoranza. L’amore per il lavoro libero, fatto bene, è roba in via di estinzione. Il piacere del lavoro ben fatto, lo chiamava Primo Levi. Tutto è fatica mentale: scostarsi dal binario, aggregare anime affini. Fatica sterminata. Psicologica, prima ancora che politica. Paure, dipendenze, pigrizia. Siamo stati rincoglioniti con sapienza, con metodo. Letterati, filosofi, poeti e teologi si occupano di parole come valori, dignità. Uno zoo di addetti ai lavori. Lo siamo tutti, addetti ai lavori. Siamo noi, lo zoo. E tuttavia: trovo la mediocrità infallibilmente offensiva. C’è una sciatteria universale fatta di imprecisione, intempestività, approssimazione. La banale, semplice puntualità è stata derubricata. Le parole viaggiano velocissime, ma non contengono quasi più niente. 
Ci sono anche i cattivi, immancabili, ma sarebbero ben poca cosa se avessero di fronte qualcosa di diverso dallo zoo degli zombie. La cui specialità (salvo eccezioni, per fortuna non così introvabili) è una mediocrità tombale, frutto, si direbbe, dell’assenza di qualsiasi pensiero, a motivare (a monte) qualsiasi forma di necessaria autodisciplina. Mediocri produttori, mediocri industriali, mediocri consumatori. Mediocri utenti di mediocri narrazioni. Mediocre passato e mediocre presente, il futuro semplicemente non esiste, ma se esistesse sarebbe anch’esso desolatamente mediocre. Mario Draghi, Marchionne: loro non sono per niente mediocri. Della mediocrità, Mario Monti indossa soltanto la maschera. Poi ci sono gli esausti, i terminali, gli sfiduciati, i disarcionati. I dissidenti consapevoli. E sono tanti. E sono stanchi. Perché tutto quello che vedono, attorno a loro, è soltanto mediocrità. Un assedio apocalittico, mai visto prima.
Hitler, Stalin, Churchill, Mussolini, Roosevelt. Tutto erano, fuorché mediocri. Non poteva essere mediocre Yurij Gagarin. Né il collega aviatore Anatolij Grishenko, l’elicotterista che si immolò (volontario) per tappare il reattore di Chernobyl. Mediocre è il direttore della Tepco, che mentì spudoratamente ai giapponesi spaventati da Fukushima. Mediocre è il calcolo, mediocre è la menzogna. Mediocre è chi presume di sapere, chi si affanna a conoscere l’opinione altrui al solo scopo di manipolarla. Nove volte su dieci, mediocre è chi bussa alla porta, chi ti fa squillare il telefono. E se non è mediocre, è rassegnato alla mediocrità generale. Mediocre è la merce del supermercato, mediocre (e sfruttato) il lavoro che l’ha prodotta. Veleni mediocri, chimica mediocre, cibo mediocre come l’esistenza che di esso si nutre. La mediocrità è pericolosa, perché disattiva i dispositivi di allarme e disabilita il cervello. Fa a meno dell’intelligenza, della capacità di scegliere e di desiderare.
È spaventoso lo scempio della bellezza compiuto dalla cosiddetta arte contemporanea, perfetta mimesi dell’usa e getta industriale. Pura celebrazione del nulla – e voluttuosa, anche – di una sfrontatezza da parata nazista, autoritaria e cialtrona come la sottocultura che l’ha prodotta. La bellezza resta un pericolo: la sua percezione necessita di silenzio selettivo, contemplazione, ascolto. Siamo intasati di impulsi elettronici, come un esercito in guerra: in teoria è per veicolare informazioni; in pratica, l’affollamento di iper-informazione ottiene il risultato contrario, rende insensibili e indifferenti. Troppe voci, nessuna voce. Il tempo è ricodificato, riempito, allagato di non-informazioni (e senza arrivare al dolo, quello della cosiddetta informazione: che non solo disinforma attivamente, ma dà alle vittime l’illusoria sensazione di essere efficacemente informate).
È troppo poco, definire tutto questo mediocrità? So questo: se qualcuno si rapporta con te in modo non mediocre, amico o nemico che sia, ti obbliga automaticamente a dare il meglio, non il peggio. Musica mediocre, film mediocri, libri mediocri. È un piano prestabilito o una semplice conseguenza? È così comoda, la mediocrità. È una sorta di anestesia, di psicofarmaco. La ricostruzione di un’estetica alternativa non è ragionevolmente alla portata di nessuna coalizione basata su forze umane indipendenti. 
Come ebbe a dire il vecchio Dylan in un’intervista: «Ammettiamolo: ha vinto Walt Disney. Quindi, abbiamo perso tutti».
(Giorgio Cattaneo, “Mediocrità”, da “Megachip” del 6 gennaio 2013).


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