Il saggio “Non a sua immagine” di John Lamb Nash nasce da una coraggiosa rilettura della Gnosi antica. Considerata da molti studiosi, per soprammercato militanti cattolici, un’ininfluente diramazione del Cristianesimo, se non un’escrescenza presto asportata, grazie al trionfo dell’”Ortodossia”, Lamb Nash riconduce la Gnosi nell’alveo della Tradizione sciamanica e misterica.[1] L’autore nega che i filosofi gnostici siano dominati da un atteggiamento anticosmico, anzi, in quanto eredi ed ultimi interpreti nel mondo antico del Paganesimo, essi combatterono contro il nichilismo del credo niceno.
“Il dio Pan è morto”: è l’accorato grido che, secondo Plutarco, fu udito, quando ormai la civiltà classica stava ormai per estinguersi. La lugubre vittoria della chiesa ufficiale, scaturita dal fanatismo manicheo degli Zaddikim (i Qumraniti), poi riversato nella religione paolina, è, in primo luogo oblio, anzi stupro della Natura e della sua Anima. Dissacrata la Terra, di cui la Dea Madre è l’alma essenza, la storia umana poteva solo prendere una direzione, quella sbagliata.
Ecco allora il turpe connubio tra Impero e Chiesa, auspice più il settario Teodosio che l’ambiguo Costantino. Ecco allora la Sophia calpestata e l’ignoranza eretta a sistema, benché paludata e ingioiellata di simboli venerandi. Questa fu ed è la Chiesa cattolica: un’istituzione che, se ha custodito qualche veneranda verità, non ha potuto né voluto farne dono al genere umano, defraudato di un prezioso tesoro. Queste furono e sono le varie chiese cristiane. Codeste sono la Massoneria attuale e la scienza accademica. In modo simile un parvenu commissiona la costruzione di una villa dalle forme classicheggianti dove il cattivo gusto vanifica e ridicolizza qualsiasi rivisitazione dell’antico.
Nondimeno non è solo questione di Kitsch. Le religioni patriarcali di cui i telestai (gli iniziati ai Misteri) e gli Gnostici denunciarono la funesta ideologia teocratica, sono le fondamenta di una visione distorta. Il loro lascito è sotto gli occhi di ognuno ed è punto bello. Del tutto isolati, i pensatori gnostici avvisarono gli uomini pure di una minaccia invisibile: il pericolo degli Arconti. Nella parte più inquietante del suo saggio, Lamb Nash identifica gli Arconti con gli Alieni malevoli dei nostri tempi. E’ inevitabile l’apprezzamento per quegli ufologi (Vallée, Keel, Kerner) che hanno reperito nell’antica sapienza la lucerna per gettare un barlume nei nostri tempi bui.[2]
Gli altri capitoli del volume delineano la cosmologia e l’antropologia gnostica, il tema del cedimento per opera di Sophia, indugiano sui protagonisti, gli epigoni e gli estimatori della cultura sofianica, da Ipazia a Giamblico, da Marco Aurelio a Plutarco, da Blake a D.H. Lawrence, da Philip K. Dick a Carlos Castaneda, da Mircea Eliade a Marjiia Gimbutas etc.[3] Il discorso si snoda non con l’acribia dell’erudito, ma con la vena appassionata dell'intellettuale engagé. Così alle puntigliose, ma alquanto soporifere dissertazioni tipiche, ad esempio, di un Albrile, il Nostro preferisce il piglio polemico: le iperboli bibliche ed evangeliche, il complesso del redentore, il culto della sofferenza… sono esibiti nella loro grottesca irrazionalità, in quanto di disumano possiedono, quanto più sono antropocentrici.
Chi è l’uomo? Qual è la sua identità? Lo studioso crede di poter rispondere, richiamandosi al pensiero degli Iniziati ai Misteri. L’uomo è tale non nella sua identificazione con Dio (l’arrogante Io-Dio della New age), ma nel suo essere partecipe della Vita universa (Zoe), nella sua specificità di creatura che reca un’impronta, pur labile, della perfezione pleromica.[4]
Ad altre domande prova a rispondere l’autore. Che cosa anima il cosmo? Qual è la genesi del male? Qual è il destino della Terra e dell’umanità? Qui egli accetta delle risposte che, a nostro parere, sono talora fuorvianti. James Lovelock ed il drappello di “scienziati” che Lamb Nash crede interlocutori per una riscoperta del Sacro sono, infatti, di là dalle somiglianze formali con la Weltanschauung classica, dei ciarlatani. Il loro amore per Gaia è zuccheroso sentimentalismo, se non frode mondialista.
Un altro aspetto di “Non a sua immagine” che suscita qualche perplessità è la rescissione rispetto alle intuizioni gnostiche che talora brillano nella cultura vincente: lo stesso D.H. Lawrence, apprezzato da Lamb Nash, riconobbe nel suo opuscolo “Apocalisse” che il nucleo di “Rivelazione” era gnostico, anche se vi si svilupparono bubboni ebraico-paolini.
Nonostante ciò, il saggio in oggetto è apprezzabile. Controverso e, a volte, un po’ avventato ed oscuro, ma ricco di stimoli per chi intenda compiere ulteriori (perigliose) ricerche, il testo riporta innumeri ed autorevoli fonti citate nella bibliografia ragionata - mancano stranamente all’appello le opere del rumeno Culianu, uno dei maggiori esperti di Gnosi – e soprattutto offre una vista emozionante sul pensiero pagano, esoterico e gnostico. Se certi particolari sono sfocati, se alcuni confini concettuali restano da tracciare, questo non significa che non sia stato inquadrato il problema. Tutt’altro. Bisogna vedere se e come riusciremo a risolverlo.
[1] Si pensi al testo di Ernesto Buonaiuti, “Lo Gnosticismo: storie di antiche lotte religiose”, Roma, 1907, Milano, 2012. E’ una grossolana apologia della religione paolina ed una diffamazione della Gnosi. A parziale discolpa di Buonaiuti, possiamo ricordare che egli scrisse prima che fossero scoperti nel 1947 i codici di Nag Hammadi.
[2] Lo studioso deplora che l’ufologia abbia quasi sempre ignorato e continui ad ignorare il tema degli Arconti, entità insediate in una dimensione meccanica e meccanici anch’essi, protesi al dominio del sistema Sole-Luna-Terra. In effetti, grava sulle indagini in questo settore l’ipoteca dello scientismo. Esso ci impedisce di vedere oltre e ci imprigiona, con i suoi carcerieri tecnologici, in una realtà virtuale che eclissa la realtà reale.
[3] All’elenco degli intellettuali e degli artisti che sono stati sacerdoti di Sophia, quantunque in modo criptico, aggiungerei Dante Alighieri. La sua preghiera alla Vergine è un’orazione ad Iside, la dea dai mille nomi. Per quanto mi consta, nessuno si è mai cimentato in un’esegesi che prenda l’abbrivo da tale possibilità.
[4] Si potrebbe qui introdurre la differenza tra Zoe, la vitalità pura ed immortale, distinta da bios, l’esistenza caduca ed inconsapevole. Come mi chiedevo tempo fa: il vocabolo greco “bios” è collegato a "bia", “violenza”? Il Dasein come strappo da una condizione di beatitudine primigenia?
APOCALISSI ALIENE: il libro