HO NOTATO CHE QUESTA FINE D'ANNO 2012 NON HO FATTO AUGURI SCINTILLANTI, A NESSUNO.
PER SOBRIETA'?
NON SO. IN REALTA' HO FORMULATO NEL MIO CUORE AFFETTUOSITA' PER TUTTI I MIEI AMICI, TUTTI COLORO A CUI VOGLIO BENE, TUTTI COLORO CHE SOFFRONO NEL MONDO E ANCHE PER IL MIO BEL PAESE DOVE LA GENTE VIVE COSì MALE DA LAMENTARSI OVUNQUE SOLO PER IGNORANZA DIFFUSA PIU' CHE PER CRISI ECONOMICA.
COSì FORMULO UNA SPECIE DI PREGHIERA LAICA:
CHE IL NUOVO ANNO 2013 PORTI A TUTTI UN ANIMO PIU' OTTIMISTA E UN MAGGIORE IMPEGNO DI CIASCUNO NEL FARE CIO' CHE SA E IMPARARE CIO' CHE NON SA.
CHE INNANZI TUTTO STORIE COME QUELLA CHE VI TRASMETTO QUI DI SEGUITO (leggete con attenzione massima, please) POSSANO ESSERE SCRITTE SOLO PER PURA INVENZIONE ROMANZESCA, SMETTENDO DEFINITIVAMENTE DI ESSERE REALTA' QUOTIDIANA DI QUESTA ITALIA CHE CONTINUA MALGRADO CIO' A VANTARE LA PROPRIA CIVILTA'.
E CHE L'AMORE, IN TUTTE LE SUE INFINITE FORME, SFUMATURE, SIMBOLI E MANIFESTAZIONI PRIVATE E PUBBLICHE, CI SORREGGA CON LA SUA ENERGIA MERAVIGLIOSAMENTE VITALE E SINERGICA.
Alba Montori
Aspettare il processo da presunti innocenti, già condannati in televisione e sui giornali
03-01-2013Che cosa si vorrebbe che portasse il nuovo anno alle carceri? Se si vuole davvero affrontare seriamente il problema del sovraffollamento, che provoca condizioni di vita ormai vicine alla tortura, il primo passo è quello di ridurre l'uso della custodia cautelare.
La popolazione carceraria oggi è di circa sessanta settemila detenuti, dei quali il 43/44 per cento è in attesa di giudizio, quindi oggi in carcere ci stanno quasi trentamila persone presunte innocenti, mentre la media europea è del 28 per cento, quella tedesca del 15 per cento. Se la galera è dura sempre, per chi ci sta in attesa del processo è particolarmente pesante: perché le carceri giudiziarie oggi sono piene di disperati, perché i tempi della giustizia sono lentissimi, perché lo shock del primo impatto con il carcere è drammatico per tutti, e poi anche perché nel nostro Paese si fatica a far passare la cultura che comunque chi è in attesa di giudizio è "presunto innocente", nonostante sia ampiamente dimostrato che circa il 50% delle persone imputate di un reato poi verrà assolto. Eppure è quasi automatico che giornali e televisioni si buttino su ogni fatto di cronaca nera e trattino la persona arrestata più da sicuro colpevole che da presunto innocente. E diventa più difficile anche per un magistrato concedere gli arresti domiciliari, con addosso la pressione dei mezzi di informazione che non dà tregua e non fa capire che il carcere va usato per le persone effettivamente pericolose, non per qualsiasi reato. Perché il carcere è sempre distruttivo, e chi ci finisce dentro, qualsiasi sia la sua responsabilità, entra in un tritatutto che distrugge le vite senza pietà, come spiegano le testimonianze di una detenuta e di un detenuto che raccontano bene gli stati d'animo, la sofferenza, la paura di chi vive un periodo della sua vita in carcere in attesa del processo.
La mia esperienza da imputata incensurata, una donna "trasparente"
Di O.B.
Vorrei raccontare la mia esperienza da imputata incensurata, che dura da 11 mesi. Se non fosse per il cappellano, io non avrei saputo niente a lungo della mia famiglia perché per i primi tre mesi non ho avuto colloqui, e per nove mesi non ho potuto telefonare a mia figlia. Sono andata a chiedere agli operatori come si pagava l'Imu, dato che ho una casa di proprietà, ma da detenuta non è facile avere neppure le informazioni più banali. Mentre aspetto da tutti questi mesi il processo, io mi sento semplicemente trasparente. Mi è stato detto che la legge prevede che il magistrato di sorveglianza non veda gli imputati, io gli ho scritto e mi è stato risposto che noi, in attesa di giudizio, saremmo state ricevute per ultime. Il magistrato non mi ha mai ricevuto perché non ha fatto in tempo, ma credo abbia chiesto una relazione. Sono 11 mesi che mi vedono, vedono come mi comporto, le educatrici vengono in sezione, gli agenti mi hanno sotto gli occhi 24 ore al giorno, non credo si possa pensare che io in tutto questo tempo ho finto di essere una persona diversa da quella che sono realmente. Sono un essere umano, non sono un "pezzo di carta". Se non fosse per le compagne, che mi danno consigli, se non fosse per il cappellano, che mi ha aiutato nei rapporti con mia figlia, se Cristina non mi aiutava a scrivere alcune cose, io sarei stata trasparente, io mi sento ancora trasparente. Tornata dal primo processo, dove il Pubblico Ministero aveva chiesto sette anni e mezzo di pena, io mi sono subito disperata, e sono state le mie compagne che mi hanno rincuorato, e sono state loro che mi hanno spiegato le cose, che mi hanno consolata spiegandomi che i Pubblici Ministeri chiedono sempre pene altissime. In carcere io ho chiesto di vedere uno psicologo perché non posso caricare con le mie angosce le compagne che hanno anche loro i loro problemi, ho scritto molte domandine ma non sono ancora riuscita a parlargli. Ormai i miei psicologi ufficiali sono fra Nilo e Cristina! Ieri mia sorella ha chiamato il cappellano perché è preoccupata e lui ha dovuto tranquillizzarla, perché lei è particolarmente fragile in questo periodo, è stata operata di cancro l'anno scorso, è una persona sofferente. Io adesso avrei bisogno di parlare con lei e con mia figlia, anche se non so come andrà a finire tutta questa storia. Mia figlia è in gamba, è matura, è brava, ma ha solo 14 anni, ha i suoi problemi di adolescente, e io ho bisogno di un consiglio giusto su come comportarmi con lei. Io sto vivendo un grosso trauma, ho una ferita dentro pazzesca, non so neppure come comportarmi al processo, non sono preparata. È la prima volta per me, è la prima volta in carcere.
Gli avvocati mi dicono di stare tranquilla, loro fanno il loro lavoro, è normale, ma io sento che sto morendo a fuoco lento. Io capisco se fossi in carcere da un mese, ma ci sono da quasi un anno, mi hanno detto che siccome non sono tossicodipendente non ho bisogno dello psicologo, ma io ho grossi problemi psicologici, mi sveglio di notte parlando, non posso stare zitta un attimo, so che do fastidio ma sono disperata. Come posso far capire che ho bisogno di sostegno e di aiuto?
Quanto è difficile stare in custodia cautelare in attesa di giudizio
Attualmente, essere sottoposto a una custodia cautelare in carcere in attesa di giudizio è un vero incubo, a causa soprattutto del sovraffollamento che c'è nelle carceri italiane.
Al primo impatto, e cioè il primo giorno in carcere, bisogna avere tanta fortuna che ci sia una branda libera, diversamente ti può capitare di dormire con il materasso sul pavimento, sperando che sia una cella pulita, ma di solito è sempre sporca, con macchie dappertutto sui muri.
Nell'attesa di essere interrogati dal magistrato di turno, gli agenti ti dicono: Non si preoccupi, appena si libera un posto andrà in sezione, in una cella migliore assieme ad altri detenuti.
Ed è proprio in quel momento che comincia per qualcuno l'incubo. Ti trovi in una cella intasata di brande posizionate a castello, non c'è spazio per muoversi, se una persona è in piedi, gli altri devono rimanere sdraiati sulla branda. Ti trovi tra persone di diverse etnie, ti guardi attorno e ti accorgi magari di non riuscire a comunicare con i compagni. E in quel momento capisci che è molto difficile trascorrere venti ore chiuso in quella cella, con la fila per andare al bagno e tensione per qualsiasi cosa. Se sei un debole sei perso, se non vuoi perdere quella poca dignità che ha un essere umano a volte ti devi anche difendere per non arrivare a metterti le mani addosso con i compagni di cella, e capita che devi cercare in tutti i modi di cambiare cella per trovare delle persone che abbiano un pò di buon senso e pensino alla sopravvivenza.
Poi il pensiero è sempre rivolto ai famigliari, ti domandi se possono venire a trovarti, se il magistrato gli concede l'autorizzazione rapidamente senza che tu debba aspettare diversi giorni per avere qualche buona notizia dal mondo esterno, ma la testa a tutte le ore è rivolta al giorno del processo. La speranza è che nell'attesa il magistrato ti dia gli arresti domiciliari, ma ti accorgi ben presto che stai vivendo nell'illusione di ricevere delle risposte certe, che non arrivano mai.
È dura, specialmente per una persona che aveva e svolgeva una propria attività nel mondo esterno, che ha una famiglia, e lì pensi che andrà tutto a rotoli, e pensi, pensi tutti i giorni le stesse cose, e ti accorgi che non puoi fare nulla per risolvere i problemi che si sono creati attorno ai tuoi famigliari. Per questo è dura vivere così, perdendo a poco a poco la speranza che arrivi un giorno migliore.
Da "Il Mattino di Padova"
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