di Giovanni Palladino
Davvero miope il commento del presidente del PD all’ottimo risultato elettorale del M5S: “Zero tituli”, ossia nessuna regione conquistata. Ma i veri vincitori sono stati proprio gli ex-grillini (ex, perché Grillo ha per il momento fatto un passo indietro e furbescamente ha lasciato andare avanti i vari Di Battista, Di Maio e Fico, con la naturale esposizione mediatica delle candidate alla presidenza della Liguria, della Campania e della Puglia).
Tutti volti nuovi e giovani, con il supporto di mani pulite e anche molto generose, se si pensa non solo al concreto esempio del M5S nel ridursi gli emolumenti parlamentari (a vantaggio del microcredito per le piccole imprese) e nel rinunciare ai vitalizi, ma anche al prevalente utilizzo a fini di beneficienza dei contributi volontari raccolti per la campagna elettorale. Quanto ha speso invece il PD per poi perdere due milioni di voti?
Ora il M5S punta a sfidare il PD (o il nuovo partito di Renzi) al probabile ballottaggio nelle prossime elezioni politiche, ma deve capire che non bastano volti giovani, mani pulite e tanta lodevole generosità per fare il bene del Paese. C’è anche bisogno di “corazzarsi” di tanta buona cultura e di proporre progetti credibili, cioè finanziariamente sostenibili, altrimenti si cade nel facile populismo alla Salvini (avanti le ruspe…) o alla Renzi (con gli 80 euro e i falsi bonus-pensione).
Prima di fare tante promesse miracolistiche, l’attenzione deve concentrarsi sui modi per dare un forte impulso all’attività produttiva delle imprese pubbliche e private, senza del quale è vano pensare che una semplice redistribuzione del reddito nazionale possa salvare il Paese. Ad esempio, insistere sul varo del reddito di cittadinanza solo perché in tutti gli altri paesi europei esiste, si fa un’operazione populista, se non si precisano le severe condizioni a cui è soggetto quel reddito. In Germania e in Francia viene erogato a poco più del 20% dei potenziali beneficiari italiani, che secondo i nostri populisti sarebbero circa 10 milioni! L’enorme importo per tale promessa si potrebbe ricavare – dicono – dalla riduzione degli sprechi nella spesa pubblica.
Ma ai fini dell’occupazione e dello sviluppo economico-sociale sarebbe molto meglio impiegare gran parte di questi sacrosanti risparmi nell’aumento degli investimenti produttivi delle imprese pubbliche e private, nonché nella riduzione delle tasse. Si passerebbe così dal populismo al popolarismo. Un percorso più difficile, ma certamente più realistico delle facili e illusorie promesse.