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Non c’è più posta per te

Creato il 18 agosto 2013 da Albertocapece

POSTINIAnna Lombroso per il Simplicissimus

Chissà se il sottosegretario Patroni Griffi, che abita nella tormentata zona sismica del Colosseo è mai incorso nella disavventura molto plebea di dover ritirare una raccomandata. Se avesse dovuto subire una simile umiliazione avrebbe scoperto con sorpresa, malgrado intorno al suo sventurato appartamento vista anfiteatro si contino numerosi uffici postali, di doversi dirigere verso la Tiburtina, ben oltre il Verano, nella squallida e inappropriata Via di Portonaccio. Così come l’amica che sta sull’Aurelia deve avventurarsi a via Ostiense, e quello che sta invece sulla Tuscolana è l’unico che gode della fortuna di accedere ai servizi dell’ufficio del Colosseo,  secondo una distribuzione   che ricorda le destinazioni dei carabinieri, lontani dai luoghi natali e dalle abitazioni. Sarà  per non indurre favoritismi e per evitare il rischio che un postino  per oscuri motivi consegni davvero al destinatario la raccomandata di Equitalia, invece di infilare di soppiatto la minacciosa cartolina senza suonare, quando nessuno lo vede e in modo da non farsi riconoscere. Oppure per incoraggiare al benefico esercizio fisico  i pensionati disgraziatamente persuasi delle magnifiche sorti e progressive  del bancoposta.

Si tratta di uno degli effetti della profittevole e innovativa riforma delle Poste italiane che brilla come la gemma più preziosa nel curriculum di manager dell’ex ministro Passera, seconda solo all’operazione Alitalia, del quale c’è da temere un’operosa quanto inspiegabile eclissi, quanto l’altrettanto allarmante fulgida vigenza al governo.

Insieme all’energico gioco dell’oca, offerto benevolmente agli utenti, c’è un altro  effetto della dinamica modernizzazione,  meno tangibile, ma rivelato invece da una delle rappresentanze sindacali di categoria, la Uil del Lazio che segnala come nella regione  giacerebbero abbandonate oltre 140 mila raccomandate, bollette scadute, riviste in abbonamento, citazioni giudiziarie e convocazioni per concorsi pubblici.  Pare sia il risultato immediato dell’evoluzione organizzativa avviata da Passera e  che prevede, dal 10 giugno scorso e entro il 7 ottobre, il taglio di quasi seimila portalettere, di 4.600 zone di recapito – che vengono unite alle altre – e di 1.407 centri di meccanizzazione e la consegna a giorni alterni nei centri con meno di 20 mila abitanti, cosicché  al centro di smistamento di Fiumicino nelle scorse settimane   giacevano  11 mila quintali di posta, circa 5 milioni di lettere, e 3 mila quintali di raccomandate. In numerosi quartieri di Roma la posta non arriva a destinazione da un mese, come anche  a Catanzaro, vicino a Viterbo e a Caserta, a Padova, in Friuli Venezia Giulia e in Toscana.

In attesa che Poste Italiane seguano l’esempio della Firem e de localizzino con successo magari in Polonia oppure festeggino come in Giappone l’ultimo telegramma, arcaico residui dello scorso secolo breve, non stupisce la reazione alla denuncia del sindacato: “Non si tratta di tagli, ma di una razionalizzazione che segue le esigenze di mercato” ribattono, “negli ultimi cinque anni in Italia i volumi di corrispondenza sono diminuiti del 36 per cento e il nostro piano prevede 200 milioni di investimenti sull’innovazione, perché vogliamo migliorare il servizio. In alcune città stiamo sperimentando il ritiro a domicilio di raccomandate da spedire: chiami un numero dedicato, prenoti e il postino ritira a casa la corrispondenza”.

Ma intanto, in previsione di servizi sempre più smart e dinamici, non si ritira e non si consegna,  le intimidazioni agli utenti delle aziende comunali vengono dirottate sulla Tnt in crisi o su altri corrieri cottimisti, se siete in attesa con il numerino, ammesso che funzioni la tabella elettronica, potrete dilettarvi con il panorama innovativo delle scaffalature polverose che esibiscono bric-à-brac svariati da romanzacci, a vecchi dvd di cinepanettoni,  a barrette al cocco in una perversa vetrina dei consumi preferiti da un popolo infantile, assoggettato e pigro, secondo l’ interpretazione   che ne danno i nostri governanti.

Non c’è da stupirsi. In un Paese nel quale la banda larga per tutti è utopica quanto l’affrancamento degli sfruttati, si auspica e prevede il supermante definitivo della “cultura”  ee delle consuetudini cartacee, costringendo pensionati a scaricarsi sullo smartphone come naufraghi informatici la loro dichiarazione dei redditi, persuadendoli delle meraviglie degli auguri ai nipoti tramite mail, in una società volatile, impalpabile e intangibile come i loro imperi finanziari che hanno occupato anche le Poste, promosse a banca apparentemente familiare, bonaria e domestica, ma altrettanto implacabilmente dedita allo strozzinaggio quanto le sorelle maggiori.

Grazie ad una ormai consolidata evoluzione semantica la riduzione di un servizio pubblico ai cittadini retrocesso a arbitraria e onerosa elargizione saltuaria di prestazioni, si chiama razionalizzazione così come lo sfruttamento a fine di profitto di beni comuni viene indicato come valorizzazione. E allo stesso modo, secondo un giocondo ricorso all’eufemismo, un incompetente arruffone diventa manager, la permanenza al governo di soci di un criminale condannato si chiama agibilità e questo sistema di disuguaglianze e e di espropriazione di diritti e sovranità continuiamo a intitolarlo democrazia.


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