Avendo da tempo – e grazie ad Io - passato l’età delle notti folli, delle discoteche e dei one-night-stands, come tutti i vecchiotti che si rispettino trascorro i miei sabati sera a casa, rallentando gli abituali ritmi frenetici della settimana, prendendo ogni cosa con più calma, soffermandomi magari a cucinare qualcosa, e addirittura a masticarlo prima di deglutirlo.
Tra i diciotto e i trenta ho vissuto weekend scapestrati, privi di orari e di regole, concedendomi ogni libertà che mi stuzzicasse e, proprio per aver già assaggiato tutte le forme più conformiste di anticonformismo, adesso credo che nulla sia più trasgressivo e dirompente di farsi salire la saturday night fever accomodandosi in poltrona e ballando sulle pagine di una romanzo degno di questo nome.
Ma dividendo la mia vita con un compagno che all’ora dei pasti, anziché inghiottire la pagnotta, va al lavoro per guadagnarsela, ecco che, prima di buttarmi sul dancefloor di un classico della letteratura, come il perfetto italiano medio, mi ritrovo spesso a cenare con cattivissime compagnie, vale a dire con i personaggi della tivù.
Sabato scorso, per esempio, a spartire con me un piatto di funghi fritti ci sono stati nell’ordine: Luca Telese con Emma Bonino e Roberto Formigoni, Fabrizio Frizzi che chiedeva a Gigliola Cinquetti se è lei che ha composto la musica di “L’importante è finire” (mentre, dietro le sue spalle, Mario Anelli aveva un semicollasso), nonché l’immancabile polpettone Greggio-Iacchetti con contorno di risate registrate.
Quando sono arrivato all’insalata di cipolle, poi, ecco iniziare i pianti a invito di Maria De Filippi.
E qui devo confessare una terribile debolezza. Perché, per quanto io possa tirarmela da intellettuale snob, per quanto possa fare il gallo cedrone raccontando ai quattro venti che rimorchio una Madame Bovary ogni sabato sera, non posso esimermi dall’ammettere che i pasticci con lacrimuccia facile della famiglia italiota serviti sempre con la stessa glassa riescono a tenermi attaccato al teleschermo.
Neanch’io riesco a capire bene come succeda ma, a dispetto del sapore ogni volta identico del dessert agrodolce defilippiano, una specie di effetto-madeleine mi rende difficile alzarmi dalla sedia e versarmi un digestivo per dissociarmi da quel brutto spettacolo dei sentimenti esibiti.
Due sere fa, però, le cose sono andate diversamente.
Tutto coinvolto dalla storia di due fidanzatini legati dall’amore indissolubile, stavo di nuovo per cascarci, e per lasciarmi andare a quel facile gioco dell’identificazione che, oramai, rivolgendosi a un pubblico sempre uguale, gli autori televisivi sono bravissimi a costruire. Poi però una specie di rigurgito gastrico mi ha fatto tornar su il succo della questione, e mi sono come risvegliato dal torpore.
Mi sono insomma reso conto che, per quanto potesse commuovermi e farmi sentire coinvolto, la zuccherosa storia a lieto fine messa in scena nel venti pollici non aveva nulla a che fare con la mia (altrettanto zuccherosa e altrettanto a lieto fine), perché quell’orso buono di Maria De Filippi, quella specie di madre teresa di calcutta dei telesentimenti, non ha mai, in dieci edizioni della trasmissione, dedicato una sola riconciliazione amorosa ad una coppia omosessuale (e ovviamente non lo dico perché ho visto tutte le puntate del programma, ma perché se fosse accaduto il contrario certo la polemica sui giornali avrebbe tenuto banco per sei mesi).
Insomma: non c’è mai posta per me. Per quanto la samaritana dei buoni sentimenti si dimostri una specie di munifica filantropa, tutto rimane sempre nei canoni del vaticanally correct, e la signora si dimostra sempre, più che una santa dell’etere, una profetessa dell’etero.
Possibile – mi chiedo io – che in questa trasmissione così reality, così specchio del mondo vero, così a servizio del cittadino, non ci sia mai stata l’opportunità di venire in soccorso a una liceale follemente innamorata della sua compagna di banco, a un uomo desideroso di dire Grazie coram populo al suo compagno di una vita, o anche solo ad una moglie desiderosa di riconquistare il marito da poco fuggito col suo personal trainer?
E’ davvero possibile, che questo – ancora – nella culturetta generalista da quattro soldi e da quaranta milioni di italiani, non sia ancora possibile?
Così, preso da un forte senso di nausea e di non appartenenza, ho buttato giù un alka-seltzer e ho spento la tivù. Non prima, però, di aver ruttato in faccia a Maria De Filippi.