Lo stramaledetto vizio italico si rinnova anche davanti alla morte di Vittorio Arrigoni. Una persona che – personalmente – dopo averne letto la biografia, non avrei (politicamente) stimato neanche da vivo. Figuriamoci se lo dovessi fare ora che è morto. Intendiamoci, umanamente parlando, la morte di un uomo è sempre la morte di un uomo, e non è mai giusta, e di questo ne sono convinto, esprimendo il cordoglio alla famiglia. Ma è chiaro che la mia sensibilità per il dramma di quest’uomo finisce qui. Il resto non fa parte del mio bagaglio culturale, né delle mie convinzioni politiche ed etiche.
Costruire la pace, del resto, non significa considerare una parte come assolutamente buona e l’altra assolutamente cattiva. Non significa nemmeno favorire o partecipare ad azioni dubbie della discussa Freedom Flotilla (sulla quale la letteratura giornalistica è molto ricca). Non significa soprattutto essere un partigiano dei palestinesi. Essere pacifista significa adoperarsi per costruire realmente la pace e dunque l’incontro fra i due contendenti, e non per favorire e inasprire le divisioni con un partigianesimo ottuso e una militanza che sa di tutto tranne che di pace.
Dicevo che il vizio italico si rinnova, ed ecco che già spuntano gli incensamenti di questo ragazzo filo-palestinese. Un eroe lo definiscono. Ma eroe di cosa? Dove stanno i meriti di Vittorio Arrigoni? Qual è stato il suo impegno per favorire la vera pace tra palestinesi e israeliani? Credo che sul punto il curriculum del «pacifista» ucciso dai suoi stessi «amici» (è paradossale, vero?) sia più lindo di un lenzuolo bianco appena lavato. Non ve ne sono. Gli eroi – come nel caso di Carlo Giuliani (che certo non fu un eroe!) – sono ben altri. Sono tutti quei ragazzi e quelle ragazze che si adoperano ogni giorno per aiutare il prossimo, per alleviarne il dolore, per costruire la pace e sacrificarsi per essa. Missionari, forze dell’ordine e soldati in missioni di pace, medici e volontari della bontà. Questi sono i veri eroi che dovrebbero essere ricordati o esaltati come tali, poiché tendono la mano ai contendenti e cercano di unirle in una stretta di pace. Questo si può dire di Vittorio Arrigoni? Credo proprio di no.
Ma in Italia, si sa, la cultura comunista e di sinistra la fanno da padrone. Il buonismo e il pacifismo ipocrita sono i loro pilastri portanti, e dunque non può essere considerato fantascientifico che la salma di Vittorio Arrigoni venga accolta nel nostro paese come quella di un eroe. Del resto è confermato anche da certe poco gradevoli espresse della Chiesa nostrana, che hanno speso sulle sue «gesta» parole di esaltazione retorica, quando per la morte del soldato Miotto, il vescovo di Padova disse senza mezzi termini che non si doveva esagerare con la retorica, poiché non bisognava farne di questi soldati degli eroi. Del resto, osservò, «vanno lì con le armi, quelle non sono missioni di pace». Una considerazione oggi assolutamente ipocrita e assurda davanti all’esagerata esaltazione eroica della militanza di Arrigoni nel cosiddetto mondo del «pacifismo» pro-palestinese che è tutto fuorché pacifico e informato al tentativo di sedare il conflitto israelo-palestinese.
Vittorio Arrigoni se l’è cercata. Su questo non vi sono dubbi. Si è assunto le proprie responsabilità e il rischio di quello che faceva, trovandovi la morte. Certo è, che non si aspettava che la nera signora arrivasse per mano dei suoi stessi «alleati», quelli che sosteneva contro il demone Israele. Questo no. Ma è ovvio che dagli integralisti islamici avrebbe dovuto aspettarsi di tutto. Per loro – ed è questo il concetto che sfugge ai più, compreso Arrigoni che ci ha lasciato le penne – non esistono alleati e avversari. Esistono musulmani e infedeli. E gli infedeli se non sono nemici, sono servi sacrificabili, se la causa è giusta. E per gli assassini di Arrigoni probabilmente la sua morte era considerata utile alla giusta causa palestinese.
Ciò detto, ora la salma del filo-palestinese tornerà in Italia, non priva di strascichi polemici per le dichiarazioni della madre del ragazzo che ha espresso la volontà che il corpo del figlio non passasse sul territorio di Israele. Israele o no, mi auguro non rientri a spese nostre; del resto, Vittorio Arrigoni, a differenza dei vari soldati morti nei fronti di guerra, non è stato ucciso in una missione ufficiale di pace italiana. Spero poi vivamente che non vi siano cerimonie di Stato o addirittura medaglie al valor civile. Sarebbe troppo. Troppo per tutti quei ragazzi uccisi servendo lo Stato e un vero ideale di pace.
In foto: Vittorio Arrigoni (a destra) con Ismail Haniyeh, uno dei leader di Hamas.
Dai la tua opinioneAutore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235
Il Jester è un blog di politica, attualità, cultura e diritto online dal 2007.
Seguimi su Twitter | Pagina Facebook | Contattami
Tags: anti-israeliano, arrigoni, filo-palestinesi, freedom flotilla, hamas, Ismail Haniyeh, Israele, italiano ucciso in palestina, miotto, morto arrigoni, vittorio arrigoni Potrebbero interessarti anche: ← Older Comments ← Older Comments
Ti ringrazio per la rettifica, Carlo Giuliani NON ERA UN EROE. Nelle manifestazioni si può anche accettare la difesa dagli attacchi delle FF.OO., non l’attacco per uccidere!