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[Non di solo libro] Come si musica la poesia [1]

Creato il 12 gennaio 2014 da Camphora @StarbooksIt

*Tarlo si soffia il naso *

Le feste m’han fatto pensare un sacco. Sarà che ho mangnato troppo pandoro (e poi il prosecco era proprio bono).

L’ultima volta che si parlava de musica, vi ho parlato di Fabber. M’è rimasta una curiosità da levamme, però, com’è, che si fa la musica su una poesia? Ché questo il grande Fabber mica lo spiegava tanto.

E allora chi chiedevamo, che succede quando la poesia e la musica si incontrano e si dicono ciao? Parlano la stessa lingua? Si riconoscono? si salutano? (se indovinate la citazione, vi beccate tanta stima tarlesca).

E insomma, durante le vacanze ho incontrato questa signora, co’ tutti i capelli bianchi, che di musica e poesia ne sa a pacchi. Se chiama Giovanna, di cognome Marini. E lei mi spiegava come se fa, che ‘quando uno dice [che si ispira] solo al testo, si pensa che uno si ispiri sempre in modo diretto e meccanico…fare una musica triste se il testo è triste, se è allegro fare una musica allegra. Invece a me piace sentirmi leggere il testo, e immaginare dei suoni che si associno a quelli del testo stesso.’

E nulla, a me questa cosa ha incuriosito, perché che le parole si associno a suoni (a parte ‘a’, ‘b’, ‘c’), me sembra una robba quasi maggica.

È in questo modo che questa signora mette la musica sulla poesia in italiano e in altre lingue, come il greco (quello antico o così m’ha raccontato, che io non ci capivo nulla, mica ho fatto il classico!), inglese e persino il friulano (manco lo sapevo, che lassù al Nord parlassero un’altra lingua).

Che poi la cosa bella e che Giovanna te le spiega anche perché fa le cose, quindi capisci anche la ragione del perché ci sta una certa musica. Tipo, cominciamo da Leopardi che a scuola l’abbiam fatto tutti.

Allora nel 1998 esce questo cd dove ci stanno alcune poesie di Leopardi, prendiamone una, che me piace dal titolo, l’Ultimo canto di Saffo . (1822). Lì Leopardi ce parla di questa poetessa, che era la più grande de monno antico, che si strugge d’amore e si sente morire perché lei è bella, ma bella dentro che non si vede tanto, e invece fori non è proprio una miss, ed è pure un po’ vecchietta.

E allora Giovanna Marini   prende questo sentimento, queste parole tremende e ci fa su, lo dice lei, un madrigale, che è una cosa ancora più antica del Leopardi, che la facevano che so, ai tempi dei Borgia, quando in Italia c’era tutto quer casino (anzi non c’era proprio l’Italia). E questo madrigale è una roba a più voci, quindi Leopardi mica lo canta una persona sola! E però, siccome siamo moderni, ci mette strumenti che non c’erano mica a quei tempi là! Per esempio il sax, che con la sua voce rende un po’ questo lamento. E insomma, viene fuori una cosa che te prende, che te sembra di sta’ dentro il testo, un po’ come fosse un film!

E ora scusate, ma mi sa che vado a magna’ un altro po’ (e non provate a dir che so’ commosso, perché ve stendo!).

* Tarlo se ne va di nuovo soffiandosi il naso *


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