9
marzo 2014
1°
DOMENICA di QUARESIMA anno
A
Antifona
d'Ingresso
Sal
90,15-16
Egli mi invocherà e io lo
esaudirò;
gli darò salvezza e gloria,
lo sazierò con una
lunga vita.
Colletta
O
Dio, che conosci la fragilità della natura umana ferita dal peccato,
concedi al tuo popolo di intraprendere con la forza della tua parola
il cammino quaresimale, per vincere le seduzioni del maligno e
giungere alla
Pasqua nella gioia dello Spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo
figlio, che è Dio, e vive e regna...
Prima
Lettura
Gn
2, 7-9; 3, 1-7
La
creazione dei progenitori e il loro peccato.
Dal
libro della Gènesi
Il Signore Dio plasmò
l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di
vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio
piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che
aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta
di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della
vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e
del male.
Il serpente era il più
astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse
alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di
alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei
frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto
dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non
dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”».
Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa
che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e
sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora la donna vide che
l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile
per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne
diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere
nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
- Parola di Dio
Salmo
Responsoriale
Dal
Salmo 50
Rit
. Perdonaci,
Signore: abbiamo peccato.
Pietà
di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal
mio peccato rendimi puro.
Rit.
Sì,
le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre
dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è
male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.
Rit.Crea
in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non
scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo
spirito.
Rit.Rendimi
la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito
generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami
la tua lode.
Rit.
Seconda
Lettura Rm
5, 12-19 (forma
breve: Rm 5, 12.17-19)
Dove
ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.
Dalla
lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fino alla Legge infatti
c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere
imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè
anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della
trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva
venire.
Ma il dono di grazia non
è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti
morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in
grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su
tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha
peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la
condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la
giustificazione.
-
Parola di Dio
Vangelo
Mt. 4, 1-11
Gesù digiuna per quaranta
giorni nel deserto ed è tentato.
Dal
vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù fu
condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo.
Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe
fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio
di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose:
«Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola
che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo
portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e
gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto
infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti
porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una
pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai
alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo
portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo
e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se,
gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose:
«Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo,
adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo
lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
- Parola del Signore
RIFLESSIONI
13
marzo 2011
-
Consideriamo
questo racconto come un dramma i cui personaggi in primo piano sono
Gesù e il Tentatore, e sullo sfondo lo Spirito e l’oscurità.
Questo
dramma rappresenta la nostra storia di ieri e di oggi.
Noi
viviamo questo dramma con la forza che ci viene dal Signore, se la
chiediamo, perché di fatto è il racconto di una battaglia, di una
lotta spirituale non evanescente, ma concreta, una lotta che non si
ferma all’esteriorità o alle lotte quotidiane tra noi uomini o tra
i popoli o tra classi sociali. Si tratta di lotta spirituale nel
senso che si consuma nel profondo di ogni persona, è in atto in me,
in te, in noi.
Questo
è anche l’invito della Chiesa: fare della Quaresima il tempo della
lotta spirituale.
Precisando
meglio questo punto, direi che la lotta in termini generici è la
lotta tra il bene e il male, tra la giustizia e l’ingiustizia, tra
la comunione e la divisione.
Il
Vangelo è più concreto nel dirci che la lotta è tra Gesù e il
Tentatore, cioè si tratta di persone precise di grande significato.
Nel
seguire questo scontro, scopriamo la nostra vicenda.
Noi
siamo impegnati in una lotta. Uno potrebbe dire: io non voglio
combattere, sto bene così. Di fatto questa battaglia è inevitabile,
è necessaria e se non avviene è una sconfitta.
Il
primo messaggio è quello di cogliere questo invito robusto e aspro:
sono chiamato alla battaglia che si consuma in me, nel mio cuore. È
lì che posso dare ascolto alla Parola del Signore, all’azione
dello Spirito oppure all’opposto.
Vediamo
meglio questa intuizione generale.
Appena
prima di questo racconto, Matteo dice che Gesù andò al Giordano per
essere battezzato, ma arrivato il Battista non vuole battezzarlo.
Giovanni Battista infatti dice: è Lui che deve battezzare me. Gesù
ripete che deve essere battezzato perché questo è nell’ordine
della legge di Dio.
Gesù
riceve il Battesimo e in quel momento vede lo Spirito scendere come
colomba su di Lui. In questo contesto, Gesù mette in evidenza che lo
Spirito in Lui aveva un progetto per la cui realizzazione è stato
chiamato.
Appena
ricevuto il Battesimo, “ Gesù
fu condotto dallo Spirito nel deserto
”.
Non
si dice: Gesù decide di sua iniziativa, ma Gesù segue.
La
prima lezione che ne deriva è che questo combattimento è legato
all’obbedienza allo Spirito, come si dice nella frase evangelica
appena citata.
Il
deserto qui non è inteso tanto come un luogo fisico, ma come luogo
dello Spirito, dove avviene lo scontro. Se io non vado nel deserto, o
meglio se non prendo coscienza del deserto che c’è in me, io vivo
in superficie, nell’apparenza, nel vuoto.
È
allora importante l’obbedienza, l’eseguire, perché ciò che
succede è da un lato esemplare e dall’altro fondante.
È
esemplare, perché ritrovo, nel luogo dove lo Spirito mi conduce, le
leggi essenziali del combattimento spirituale, cioè cosa avviene,
cosa succede, in che cosa consiste e quale parte ho io.
L’aspetto
fondante, invece, è essere portati nel deserto per essere tentati,
così come lo Spirito Santo ha fatto con Gesù.
Lo
Spirito in Gesù pone il segno di come il combattimento deve essere
vissuto.
Il
salmo letto stasera diceva: “ il
Signore… che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla
battaglia…”.
Lo
Spirito Santo porta Gesù nel deserto per essere tentato.
Cos’è
la tentazione ?
La
tentazione è il fascino che esercita in me una proposta di vita che
nasconde o presume di cancellare la proposta di vita di Gesù.
In
questo senso è necessario il combattimento.
Dio
non si arrende e non si arrenderà mai al fatto che l’uomo, sua
creatura fatta a sua immagine, sia inquinato e in balia delle forze
del male. Non si darà pace fino a quando non avrà strappato via
dall’uomo il male.
Il
combattimento è voluto da Dio perché sia rinnovata e purificata la
sua creatura.
Possiamo
pensare alla parabola di una casa sporca, dove arriva un uomo forte
che apre la casa, la pulisce, la mette in ordine e in condizione di
essere bella.
Dio
vuole che noi siamo belli come Lui ci ha pensati.
Questo
è un travaglio e una conquista fondamentale per la quale siamo
aiutati e sostenuti dall’azione dello Spirito.
Quando
viviamo in maniera più sensibile questo travaglio, questa
sofferenza, questo scontro, non dimentichiamo mai lo scopo che è
quello di essere più belli , la forza che ci è data e il modello
che è Gesù. Gesù ci aiuta a capire e a vivere in modo positivo il
combattimento.
“
Dopo aver digiunato
quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame
…”.
La
battaglia non avviene immediatamente, ma c’è un tempo di
maturazione, c’è una condizione da mettere in atto perché lo
scontro si realizzi in modo positivo.
Il
deserto è legato alle esperienze precedenti che ogni ebreo conosceva
bene. La storia della salvezza è piena di queste figure che
andavano nel deserto. Ricordiamo il deserto di Mosè, quello del
popolo che usciva dall’Egitto, il deserto di Osea e di tanti altri.
Il
deserto è il luogo ideale perché possa avvenire lo scontro e perché
avvenga in modo positivo.
L’uomo
in genere è sottratto da questa concentrazione; noi siamo dei
dissipati, ci perdiamo in mille sciocchezze e ci sfugge l’essenziale.
Il
deserto è il luogo dell’essenziale, dove niente è superfluo,
manca anche il necessario, ma proprio in quella ristrettezza può
maturare un’esperienza positiva.
Consideriamo
però anche il fatto che la ristrettezza può anche non favorire e
può essere occupata anche dall’avversario, perché quando si è in
una situazione di vuoto si è anche più attaccabili.
L’alternativa
è tra la ricerca, cioè il deserto che si apre e che si lascia
istruire, e la disperazione o il trovare niente. L’uomo non può
vivere senza niente, ha bisogno di avere delle risposte e dei
sostegni; è fragile, è povero, vuole avere una base.
Ecco
allora che la tentazione avviene dopo quaranta giorni, il tempo della
preparazione, il tempo in cui si consuma la nostra resistenza e
diventiamo più vulnerabili. È qui che la tentazione può prendere
il sopravvento.
Come
Gesù ha vissuto e reagito alle tentazioni?
Prima
lo Spirito si era avvicinato a Gesù e attraverso il Battesimo lo
aveva colmato, adesso è Satana che prende la mira giusta, che agisce
e che interviene partendo dal bisogno.
Considerato
il lungo digiuno, Gesù aveva fame.
La
fame fisica, il bisogno può avere il sopravvento.
La
tentazione è: mangia! « Se
tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane
». Qual è dunque la tentazione?
Gesù
è messo alla prova: se ti interessa di più sfamarti e lasciar
perdere il resto… . Il bisogno diventa Dio, diventa supremo.
La
seconda tentazione è legata al tempio, alla folla, allo splendore
sacrale dei gesti e dei riti e ad un gesto prodigioso da parte di
Gesù, come lanciarsi dalla vetta con la certezza che gli angeli
sarebbero venuti a sostenerlo.
È
l’aspetto religioso che diventa non l’itinerario di un cammino,
ma un mio possesso.
La
terza tentazione è collegata con la montagna e i regni.
Si
tratta di un discorso di segni e di simboli che manifestano una
visione.
Dal
monte vedi tutti i regni, i domìni, la terra; e tutto può diventare
di tuo dominio.
L’uomo
è esposto ad una triplice attrattiva: possesso, dominio,
affermazione di sé, come assoluti.
Non
c’è posto per gli altri, non c’è l’attenzione a chi è nel
bisogno, a chi ha fame. La tentazione è quella di possedere e di
avere per sé.
È
importante il fatto che dietro le tentazioni c’è il ricordo di tre
episodi dell’Esodo, legati al cammino nel deserto.
La
prima tentazione è legata all’episodio della manna che scende dal
cielo ( Es. 16 ).
Poi
l’esperienza di Massa e Meriba ( Es. 17 ), quando il popolo dubita
che battendo la roccia possa scaturire l’acqua.
E
quindi il vitello d’oro ( Es. 32 ).
Queste
tentazioni che ripercorre Gesù sono espressioni del tradimento, del
dubbio, del peccato del popolo nel deserto.
La
risposta di Gesù è sempre legata alla Parola di Dio e, nel caso
della prima tentazione, richiama il fatto che l’uomo non vive di
solo pane, ma ha bisogno di un altro pane. Non si tratta di
rinunciare al pane materiale, ma di tenere aperto un orizzonte più
ampio, perché questo tipo di fame va oltre al bisogno immediato di
mangiare.
Così,
riguardo alla religione usata per il trionfo, Gesù risponde: “Non
mettere alla prova il Signore Dio tuo”.
La
terza tentazione è sfacciata: il Tentatore chiede di essere adorato.
Ricordiamo il denaro, il possesso, la potenza.
Una
cosa da raccogliere è dunque guardare a come Gesù si affida alla
Sacra Scrittura non come ad una parola magica che tu ripeti e
funziona, ma come parola da vivere in profondità, da assimilare.
Ad
es. la prima risposta: “Non
di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca
di Dio” rivela che di
fronte alla nostra preoccupazione di avere tutto a disposizione, di
poter rispondere a tutti i nostri bisogni, dobbiamo far prevalere la
fiducia in Dio. La Parola è bella e liberante quando la facciamo
nostra, quando diventa il criterio delle nostre scelte, quando c’è
unità tra la Parola e il nostro agire.
La
Parola è l’ispirazione della nostra vita?
Come
affrontare i problemi, le situazioni belle o brutte, facili o
difficili, tristi o gioiose della vita?
Il
combattimento è proprio dell’uomo. Allora sarà importante
educarci a fare della Parola di Dio la consolazione e il sostegno
quotidiano in qualsiasi situazione viviamo.
Dio
non va considerato solo quando ci troviamo nella difficoltà.
Gesù
lavora richiamando la Scrittura, rivelando così quanto fosse in
sintonia con la Parola.
Parliamo
dell’uomo Gesù, del Verbo di Dio che prese carne in Gesù, che
vive la sua vita confrontandosi continuamente con la Parola.
Riguardo
alla seconda e terza tentazione, al trionfo religioso, a quando cioè
la religione diventa un modo per affermarsi, per apparire e non per
maturare, se vivo la Parola vivo anche la conversione. Avere quindi
cura che il nostro contatto con la Parola sia alimento, sia rilettura
della nostra vita.
La
definizione ‘consolazione’ è molto bella, perché dice che nella
Parola di Dio c’è forza e sostegno.
Leggere
la Parola è far sì che la realtà sia illuminata e che in essa
possa ritrovare la mia storia e la nostra storia, la luce e
l’orizzonte.
Nella
Parola trovo il significato dell’esistenza.
Non
si tratta di fondamentalismo che fa un uso magico della Parola, ma di
andare oltre e cogliere il cuore del messaggio e come Dio conduce la
storia.
L’uomo
non ha in se stesso la forza totale per affrontare questa lotta da
solo e per scoprire dove va la sua vita; ha bisogno di essere
condotto. Noi non siamo dei puri con i piatti della bilancia in
parità; c’è un inclinamento, per cui siamo attratti dalle varie
forme di tentazione che nascondono insidie, perché lasciano
intravedere una possibile felicità, un appagamento.
La
tentazione ha un fascino mortifero. I soldi attirano, il potere
attira. Lo Spirito ci garantisce una risposta vera a questi segni.
La
risposta positiva alla chiamata del Signore ci permette di nutrirci
del pane di vita e di produrre pane di giustizia per coprire i
bisogni che di fatto ci sono.
Così
riguardo alla religione: dare credito all’esperienza di Dio senza
piegarsi ad asservire al successo.
Il
brano finisce dicendo: “ il
diavolo lo lasciò ”.
Luca
precisa che questo avviene, ma per tornare al tempo opportuno.
Pertanto si chiude momentaneamente questo episodio, ma il Tentatore
tornerà ancora.
“
… ed ecco degli angeli gli si
avvicinarono e lo servivano ”:
se tu sei fedele Dio non ti abbandona, ma ti garantisce presenze
amiche, positive ed un esito positivo e bello.
C’è
un quarto punto che vorrei affrontare con voi.
Abbiamo
parlato delle tre tentazioni del fascino, ma c’è anche la
tentazione dello scandalo quando Gesù è messo in croce e
apparentemente risulta sconfitto, soprattutto quando grida :“ Dio
mio, perché mi hai abbandonato?”.
Questo
grido di disperazione è invece, per Gesù, preghiera in una
situazione di dedizione totale, oscura.
Possiamo
fare un confronto con la desolazione di chi si trova solo, ammalato,
nella solitudine, di chi non è stimato ed è abbandonato a se
stesso.
All’apparenza
il fedele a Dio spesso non è così considerato, esaltato, osannato e
anche lo sforzo fatto per compiere l’opera di Dio non sempre è
sostenuto e incoraggiato.
Sto
pensando ad esempio all’esperienza di santa Teresa di Lisieux o di
Madre Teresa di Calcutta, che ha conosciuto per anni il silenzio di
Dio, l’aridità, il non gusto, come se Dio si fosse allontanato.
La
tentazione è forte, ma è purificante. Il Signore spinge a
situazioni estreme, dove la persona si stacca veramente da tutti i
suoi appigli mondani e vive l’abbandono. Dobbiamo considerare
questo clima possibile, perché nel tempo di oggi dove c’è il
disincanto si sente forte l’esigenza del rigore e dell’abbandono.
Il
tentatore sembra dire: se tu sei il Figlio di Dio, scendi dalla
croce, mettiti alla prova. E questa è la prova più dura.
Però
mentre Gesù spira, il centurione dice : “ Davvero costui era il
figlio di Dio ”.
L’altra
tentazione
Accanto
alle tre tentazioni
che
si presentano a Gesù
con
il fascino sinistro degli idoli,
la
Scrittura e la fede della Chiesa mantengono
la
memoria di una tentazione
che
ha il volto della folla,
che
si esprime come insulto,
che
si esalta per una illusoria vittoria…
L’unica
parola che risuona in quel momento
è
la sua, del Crocifisso.
“
Dio
mio, perché mi hai abbandonato ?”
Parola
aspra, ma di preghiera,
di
fede nella volontà del Padre,
nonostante
l’apparente abbandono.
E
subito dopo un’altra voce ormai nella luce:
Il
centurione e quelli che con lui
facevano
la guardia a Gesù,
sentito
il terremoto
e
visto quel che succedeva,
furono
presi da grande timore e dicevano:
“
Davvero
costui era il figlio di Dio ! ”.